<p>DI GIGI RIVA
Citt contro campagna. O viceversa. Nelle elezioni degli ultimi anni nel mondo si
imposto un dualismo che sta sostituendo quello storico fra sinistra e destra.
Citt cosmopolite e aperte contro campagne chiuse e xenofobe. accaduto
negli Stati Uniti, dove Donald Trump ha trionfato nelle aree rurali e perso nelle
metropoli delle coste Est e Ovest. In Francia dove Macron ha fatto pi fatica nel
Paese profondo che ha dato, in proporzione, pi credito a Marine Le Pen. Nella
Brexit decisa, soprattutto, lontano da Londra o dalla City. In misura minore
persino in Italia dove una sinistra uscita a pezzi il 4 marzo ha trovato un misero
sollievo nei risultati dei grandi centri. Cos anche nell'Est Europa dove capitali e
capoluoghi sono l'ultimo argine contro un estremo nazionalismo montante.
Se questo il panorama, ora le Nazioni Unite offrono, con un loro rapporto, un elemento
capace di esacerbare ulteriormente il conflitto. E stavolta non (o non solo) in Occidente,
ma su scala globale. Tra citt e campagna potrebbero esplodere tensioni attorno a un
elemento cruciale per la sopravvivenza degli umani: l'acqua. Calcola dunque l'Onu che
nel mondo ci siano 2,1 miliardi di persone che hanno sete (significa quattro abitanti del
pianeta su dieci), abitano in maggioranza in aree poco popolate senza accesso diretto, o
con scarso accesso, alle fonti. Mentre citt sempre pi idrovore succhiano il liquido
necessario a soddisfare un numero crescente di cittadini. Il 54 per cento degli abitanti
della Terra vive nelle zone urbane (il sorpasso sui campagnoli dell'ultimo decennio) e
le previsioni per la fine del secolo elevano la percentuale, a seconda di calcoli pi o
meno pessimistici, tra il 60 e il 92 per cento. Con intuibili conseguenze.
Se il futuro nero, o meglio dire secco, gi adesso la crisi dei rubinetti tangibile. Dei
736 milioni che risiedono nelle 482 aree pi antropizzate, 233 (il 27 per cento) hanno
difficolt a reperire acqua potabile. Non sorprende che la superpopolata India soffra in