In queste concitate ore di preparazione del governo tecnico di Mario Draghi si torna a parlare di ecologia e
grandi opere.
In Val Susa la storia delle decisioni tecniche è una grande storia. Ci hanno detto che era una scelta tecnica
quella di fare un secondo tunnel tra Torino e Lione ma poi i dati di traffico su cui si basava questa
decisione sono stati sconfessati dagli stessi promotori dell’opera. Ci hanno detto che era tecnica la
decisione di far passare il tunnel di base a Venaus ma dopo che i costruttori sono dovuti scappare con la
coda tra le gambe cacciati dai valsusini hanno ammesso che la variante era “sovradimensionata” e “troppo
impattante”. Ci hanno detto che la nuova mega stazione di Susa era perfettamente tecnica, poi dopo le
proteste anch’essa è diventata “megagalattica”. Insomma, “decisione tecnica” significa “circolate, qui non
c’è niente da vedere”. E invece noi abbiamo sempre voluto vedere, studiare e farci un’idea con la nostra
testa.
Disboscamenti, distruzioni di pascoli e vigne: il TAV devasterà completamente una buona porzione della
Val di Susa. I promotori dell’opera hanno annunciato l’abbattimento di migliaia di alberi per far passare il
Treno del Progresso. Mentre scriviamo, l’habitat naturale della xerinthya polixena, una rarissima farfalla
alpina che vive solo in Val Clarea, viene mangiato dalle ruspe. Il cantiere emetterà, come hanno già
annunciato i nuovi saltimbanchi della “green” economy, 10 milioni di tonnellate di CO2 portando decine di
migliaia di camion su e giù per la Val Susa in mezzo ai centri abitati. Cosa servirebbe per recuperare queste
emissioni mostruose, che spargeranno polveri sottili fino a Torino mettendo in pericolo la salute, in
particolare dei bambini, per decenni? Per recuperare le emissioni del cantiere, dopo 20 anni di esalazione
con conseguente aumento del 10% di malattie respiratorie e cardiocircolatorie annunciato dai promotori,
ci sarebbe bisogno di un aumento del traffico su rotaia da 3 a 24 milioni di tonnellate e un aumento del
tra