Le «leggi» della guerra nucleare. E
come ce ne potremmo tirare fuori
Di Alfonso Navarra – versione provvisoria 2 settembre 2020
Alla vigilia della Giornata ONU contro le armi nucleari – Petrov Day
26 settembre 2020
Possiamo parlare di «leggi» quando pensiamo
a possibili scambi di colpi «atomici»?
• Se esiste un pensiero strategico «scientifico» che, da Von Clausewitz in poi, studia le «leggi della guerra», è ragionevole che, nella
stessa scia, si possa enucleare, all’interno di esso, un tentativo di individuare la logica generale della guerra nucleare.
• Una logica, a giudizio dello scrivente, assimilabile alla pura follia; ma anche nelle modalità di svolgimento dell’irrazionale possiamo
individuare delle regolarità più o meno costanti.
• Nella «deterrenza» bisogna distinguere l’ideologia (è presentata come una manovra a scopo difensivo) dalla dinamica reale, in cui
lato difensivo e lato offensivo non sono nettamente distinguibili. Si lavora per l’offesa auto-giustificandosi con lo scopo della difesa.
• Verrà trattato meglio in seguito: la vera «legge» fondamentale, o regola del gioco della «deterrenza» è: devo convincere
l’avversario che, anche se colpisce per primo per azzerare tutti i miei missili, sono in grado di conservare una capacità di risposta in
grado di procurargli danni inaccettabili. Fino all’annientamento sostanziale.
• Quindi la realtà, per quanto riguarda le due superpotenze atomiche, è che si lavora sul «primo colpo» globale: il non detto (o non
chiaramente detto) è che ci si occupa dell’offesa per predisporre la difesa. La «deterrenza» funziona in quanto razionalmente si è
consapevoli che sferrare il primo colpo nucleare con esiti «vincenti» non è alla portata dell’avversario. Quando il colpo mortale
viene inferto ci sono il tempo e la possibilità di attivare una reazione altrettanto mortale. Lo sa l’attore A come l’attore B suo
avversario.
• Lavorare sul primo colpo globale come «deterrenza» non esclude che si pensi all’uso delle armi atomiche come «risposta»
flessibile in confli