Gaia 90web

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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

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APOLOGIA DEL VANDALISMO NONVIOLENTO
CLIMATE LITIGATION. ISTITUZIONI SOTTO PROCESSO
ADDIO SOTTOZERO. L’INVERNO È UN LUNGO AUTUNNO
CLIMA. RINNOVABILI SÌ, MA USANDO MENO ENERGIA
LA MODA INQUINANTE DISTRUGGE L’AMBIENTE
SPAGNA. ACQUA DI RUBINETTO GRATIS AL RISTORANTE
STOP AL NUOVO CODICE DELLA STRAGE
O L’AUTO O LA VITA. I MILANESI SI RIBELLANO
AUTO ELETTRICA? SÌ, FORSE, MA...
USA. UN PRIMO LIMITE AI PFAS CANCEROGENI
QUANTO CI FA AMMALARE IL TRAFFICO AEREO
AMAZZONIA. LA GIUSTA CAUSA DELLE NINAS
VENEZIA A PAGAMENTO? I RESIDENTI SI RIBELLANO
NO ALLA CACCIA E ALLE CRUDELI ESCHE VIVE
INDIA. FILM FINANZIATO DA 500MILA CONTADINI
DONNE DEL SOLE PALESTINESI E ISRAELIANE
CONTRO L’ESTRADIZIONE IN USA. VINCE ASSANGE
LA SPAGNA CHIUDE I PORTI ALLE ARMI PER ISRAELE
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CIVITAVECCHIA
DAL CARBONE
ALL’EOLICO OFF-SHORE
tecnologie appropriate
ecologia nonviolenza
SOMMARIO estate 2024
IDEE VERDI • 3
SOSTENIAMO LE AZIONI NONVIOLENTE INDIVIDUALI E COLLETTIVE - Michele Boato
L’AMORE È L’UNICA RISPOSTA - Albert Einstein scrive alla figlia
TRA GUERRE E FASCISMO, NON ESSERE CIECHI AL FUTURO - Tomaso Montanari
ALEX LANGER E I MOVIMENTI ECOLOGISTI E NONVIOLENTI - Michele Boato
APOLOGIA DEL VANDALISMO NONVIOLENTO - Comune.info
FUTURO SOSTENIBILE • 8
CLIMATE LITIGATION. ISTITUZIONI SOTTO PROCESSO - Marco Talluri
CLIMA, ENERGIA, RISORSE, MIGRAZIONI. CHE FARE? - Michele Boato
MILIONI DI POZZI DI PETROLIO E GAS ABBANDONATI - Alessandro Ghebreigziabiher
SE SCOMPARE IL SOTTOZERO. L’INVERNO DIVENTA UN LUNGO AUTUNNO - Paolo Virtuani
TECNOLOGIE APPROPRIATE • 14
CLIMA. RINNOVABILI SÌ, MA CONSUMARE MENO ENERGIA - Franco Rigosi
EOLICO OFFSHORE GALLEGGIANTE. L’ITALIA SPRECA LA RISORSA? - Livio De Santoli
CIVITAVECCHIA DAL CARBONE ALL’EOLICO GALLEGGIANTE - Angelo Mastrandrea
SOL DELL’AVVENIRE AI POVERI PER BISOGNI ESSENZIALI - Marinella Correggia
L’EOLICO LONTANO DALLA COSTA. VENTI PIÙ FORTI E COSTANTI - Peppe Aquaro
CONSUMI LEGGERI • 20
CAPITALISMO TRASH DELLA MODA SMODATA - Marinella Correggia
LA MODA INQUINANTE DISTRUGGE L’AMBIENTE - Greenpeace
DAL TESSILE IL 10% DELLA CO2 TOTALE - Giorgio Vincenzi intervista Andrea Minutolo
SPAGNA. ACQUA DI RUBINETTO GRATIS DA BAR E RISTORANTI - my-personaltrainer.it
MENO RIFIUTI • 24
INCENERITORI E PFAS. MARGHERA PATTUMIERA DEL VENETO? - No inceneritore Fusina
MOBILITÁ INTELLIGENTE • 26
PONTE DI MESSINA. ECCO PERCHÉ NON SI PUÒ FARE - Milena Gabanelli e Domenico Affinitto
STOP AL NUOVO CODICE DELLA STRAGE VOLUTO DA SALVINI - Stefano Ruberto
O L’AUTO O LA VITA. I MILANESI SI RIBELLANO - Ilaria Bartoluzzi
AUTO ELETTRICA? SÌ, FORSE, MA... - Franco Rigosi
INQUINAMENTO ZERO • 30
USA. INTRODOTTO PER LA PRIMA VOLTA UN LIMITE AI PFAS - Marco Talluri
IARC CONFERMA. I PFAS SONO CANCEROGENI - Giuseppe Ungherese
NATURA VIVA • 34
AMAZZONIA ECUADORIANA. LA GIUSTA CAUSA DELLE NIÑAS - Elena Colonna
UN SONDAGGIO. VENEZIA A PAGAMENTO? - Michele Boato e Mario Sgobbi
RISCALDAMENTO GLOBALE DA UN’ENORME ATTIVITÀ ESTRATTIVA - Alberto Castagnola
SERVONO MENO PERMESSI PER TAGLIARE ALBERI DI INTERESSE PUBBLICO - Alberto Castagnola
CAMPANIA. LA PRIMA RISERVA ESPROPRIATA ALLA CAMORRA - Lorenza Cerbini
AMICI ANIMALI • 38
NO ALLA CACCIA 7 GIORNI SU 7 E ALLE CRUDELI ESCHE VIVE - Susanna Tamaro
LE API, EDUCAZIONE A SCUOLA E PIANTE SUI BALCONI PER SALVARLE - Susanna Tamaro
DEMOCRAZIA E AMBIENTE • 40
ULTIMA GENERAZIONE E FRIDAY FO FUTURE. RIBELLI PER IL CLIMA - Matteo Castellucci
ROMA, TORINO E VENEZIA. FOGLI DI VIA PER EXTINCTION REBELLION - Luca Martinelli
SVIZZERA, OLANDA, FRANCIA E ALTRE VITTORIE PER IL CLIMA IN TRIBUNALE - Felice Moramarco
TRENTO. NO DEL GARANTE ALL’IA CHE VIOLA LA PRIVACY - Ansa
INDIA. “MANTHAN”, IL FILM FINANZIATO DA 500MILA CONTADINI
NONVIOLENZA E SOLIDARIETÁ • 44
DONNE DEL SOLE PALESTINESI E ISRAELIANE. PONTE DI PACE - Lucia Capuzzi
APPELLO CONTRO L’ESTRADIZIONE IN USA. VITTORIA PER ASSANGE - Marta Serafini
LA SPAGNA CHIUDE I PORTI ALLE ARMI PER ISRAELE - Luca Tancredi Botone
CONTRO LA GUERRA PATRIARCALE, DAR VOCE ALLE DONNE - Laura Tussi
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- Le piazze dei giochi e dei diritti di bimbi e bimbe - di Gianfranco Zavalloni
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sale, l’indirizzo di destinazione completo)
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popolazioni del pianeta e la Terra stessa hanno
un bisogno estremo di nonviolenza.
È in corso una terza guerra mondiale, diffusa
e senza tregua, a cui i politici dei vari stati non vogliono
e non sanno porre fine. C’è quasi solo la voce di papa
Francesco che rompe questa complicità guerrafondaia
che (ammantata di lotta per la democrazia o di legittima
difesa) unisce la quasi totalità delle istituzioni mondiali,
nazionali e persino locali.
La fiaccola della nonviolenza, si è accesa anche nell’anti-
chità egizia e indiana, è divampata con Gesù di Nazareth
e i martiri cristiani, si è poi affievolita, nonostante Hilde-
gard von Bingen, Francesco e Chiara d’Assisi che l’avevano
riaccesa.
Ma è ritornata a splendere nell’ultimo secolo con Tol-
stoj, Russell, Gandhi, Lanza del Vasto, Aldo Capitini, l’Abbé
Pierre, Rosa Luxemburg, don Milani, Simone Weil, Dani-
lo Dolci, Chico Mendes, Primo Mazzolari, Alex Langer e
centinaia, migliaia di altri splendidi e splendide testimoni,
obiettori, che disertano dalle inutili stragi, che non solo
spezzano il fucile, ma lo trasformano in vanghe ed aratri
di pace..
Ora più che mai, in Russia, Ucraina, Palestina, Yemen,
Amazzonia, vanno sostenute con forza le posizioni e le
azioni nonviolente, sia individuali che collettive.
È prezioso, perciò, il ruolo dei e delle nonviolenti, in rete
con tutte le associazioni che lavorano per dare alla Terra
e alle sue popolazioni un futuro di pace, giustizia e sal-
vaguardia del creato.
*Saluto al Congresso del Movimento Nonviolento - Roma 24.2.2024
Quando proposi la teoria della relatività, pochissimi mi capiro-
no, e anche quello che rivelerò a te ora, perché tu lo trasmetta
all’umanità, si scontrerà con l’incomprensione e i pregiudizi del
mondo.
Comunque ti chiedo che tu lo custodisca per tutto il tempo ne-
cessario, anni, decenni, fino a quando la società sarà progredita
abbastanza per accettare quel che ti spiego qui di seguito.
Vi è una forza estremamente potente per la quale la scienza
finora non ha trovato una spiegazione formale. È una forza che
comprende e gestisce tutte le altre, ed è anche dietro qualsiasi
fenomeno che opera nell’universo e che non è stato ancora in-
dividuato da noi. Questa forza universale è l’amore. Quando gli
scienziati erano alla ricerca di una teoria unificata dell’universo,
dimenticarono la più invisibile e potente delle forze.
L’amore è luce, visto che illumina chi lo dà e chi lo riceve.
L’amore è potenza, perché moltiplica il meglio che è in noi, e
permette che l’umanità non si estingua nel suo cieco egoismo.
L’amore svela e rivela. Per amore si vive e si muore. Questa for-
za spiega il tutto e dà un senso maiuscolo alla vita. Questa è la
variabile che abbiamo ignorato per troppo tempo, forse perché
l’amore ci fa paura, visto che è l’unica energia dell’universo che
l’uomo non ha imparato a manovrare a suo piacimento. Per
dare visibilità all’amore, ho fatto una semplice sostituzione nella
mia più celebre equazione. Se invece di e = mc2 accettiamo che
l’energia per guarire il mondo può essere ottenuta attraverso
l’amore moltiplicato per la velocità della luce al quadrato, giun-
geremo alla conclusione che l’amore è la forza più potente che
esista, perché non ha limiti.
Dopo il fallimento dell’umanità nell’uso e il controllo delle altre
forze dell’universo, che si sono rivolte contro di noi, è arrivato
il momento di nutrirci di un altro tipo di energia. Se vogliamo
che la nostra specie sopravviva, se vogliamo trovare un significa-
to alla vita, se vogliamo salvare il mondo e ogni essere senzien-
«SE VOGLIAMO SALVARE IL MONDO, L'AMORE È L'UNICA E L'ULTIMA RISPOSTA»
LETTERA DI ALBERT EINSTEIN ALLA FIGLIA
Continua a pg. 5
Le
Nonviolenza attiva
Sosteniamo con forza posizioni
e azioni individuali
e collettive di Michele Boato
Di fronte al dilagare sanguinoso della
guerra in nome dei “valori dell’Oc-
cidente”, di fronte al fascismo di
nuovo trionfante, di fronte a un senso
comune che pare aver irrimediabilmente
divorziato dal buon senso, si ha l’impres-
sione che tutto, e soprattutto la parola,
sia vano. Ma è una tentazione alla quale
bisogna resistere. Pensando a chi, prima di
noi, è passato attraverso ben altre prove.
E pensando a chi, dopo di noi, ha il diritto
di ascoltare parole di verità, e di vita: è il
momento di riannodare il filo che lega pas-
sato e futuro. Un filo di consapevolezza e di
lettura del mondo. Un esercizio di discer-
nimento, che ci aiuti a prender coscienza
dell’“inferno dei viventi” che ci si spalanca
davanti, e a «cercare e saper riconoscere
chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è in-
ferno, e farlo durare, e dargli spazio» (così,
il Marco Polo delle Città invisibili di Italo
Calvino).
UN PASSATO CHE CI AIUTI
A COSTRUIRE UN FUTURO DIVERSO
Nella sua Lettera ai giudici (che è un giudi-
zio sulla guerra fondato sulla Costituzione,
e sul Vangelo), don Lorenzo Milani scrive
che «la scuola siede tra il passato e il futu-
ro, e deve averli presenti entrambi». Oggi
tutti noi sediamo tra passato e futuro, ab-
biamo, come Giano, un volto rivolto al pas-
sato e uno al futuro, e riusciamo a vederli
entrambi. Questa è la scuola che dobbia-
mo frequentare: la scuola di un passato
che ci aiuti a costruire un futuro diverso.
Così, ho ripreso in mano un libro che da
troppo tempo non rileggevo, pubblicato
quando avevo 15 anni, l’età che ha oggi
mio figlio minore: I sommersi e i salvati, di
Primo Levi (1986). In questo cannocchiale
prospettico sento un uomo della genera-
zione dei miei nonni che parla a me, per es-
sere inteso dai miei figli. Un uomo che parla
a fatica, sapendo di essere poco ascoltato e
temendo di non essere inteso: «L’esperien-
za di cui siamo portatori noi superstiti dei
Lager nazisti è estranea alle nuove genera-
zioni, e sempre più estranea si va facendo
man mano che passano gli anni. Si affaccia
all’età adulta una generazione scettica, pri-
va non di ideali ma di certezze, diffidente
delle grandi verità; disposta invece ad ac-
cettare le verità piccole, mutevoli di mese
in mese sull’onda convulsa delle mode cul-
turali, pilotate o selvagge». Levi non era
pessimista, era realista: l’arrivo al potere
della mia generazione, dei nati tra la metà
degli anni 60 e l’inizio degli anni 80, ha si-
gnificato il definitivo distacco dall’esperien-
za e dall’eredità morale della generazione
della guerra e dei lager. Con noi (lo dico con
vergogna, e dolore) son tornati il fascismo
e la guerra. E ora ci interroghiamo con an-
goscia sul futuro che prepariamo ai nostri
figli.
Rileggere Levi oggi significa ritrovare ar-
gomenti, forza e lucidità per ricominciare
a leggere i segni dei nostri tempi, per de-
nunciare pubblicamente un futuro nerissi-
mo prima che sia troppo tardi per fermar-
lo.
CASSANDRE?
Quando qualcuno tenta di dire che il fasci-
smo può tornare a governare l’Europa, che
la guerra può tornare a straziare le nostre
città e i nostri corpi; quando qualcuno
prova a indicare i sintomi premonitori
del male che torna, la reazione pre-
valente è di screditarlo come una
Cassandra (dimenticando che lei
diceva il vero). Si risponde che il
passato è incommensurabile al
presente; che la democrazia è
solida; che parlare di fascismo
non crea consenso; che abbia-
mo a che fare con buffoni, non
con boia; che la guerra qui è im-
pensabile; che l’atomica mai sarà
usata, e così via.
Rileggiamo allora Levi: «Dobbiamo
essere ascoltati: al di sopra delle
nostre esperienze
individuali, siamo stati testimoni di
un evento fondamentale perché
inaspettato, non previsto da nes-
suno. È avvenuto contro ogni previsione;
è avvenuto in Europa, incredibilmente,
che un intero popolo civile, appena uscito
dalla fervida fioritura culturale di Weimar,
seguisse un istrione la cui figura oggi muo-
ve al riso; eppure Adolf Hitler è stato ob-
bedito ed osannato fino alla catastrofe. È
avvenuto, quindi può accadere di nuovo e
dappertutto: questo è il nocciolo di quanto
abbiamo da dire.».
Queste parole del 1986, non vi sembrano
oggi più sinistre e minacciose? In un mon-
do che ha conosciuto Trump alla Casa
Bianca e Putin al Cremlino, che vede Isra-
ele sull’orlo di commettere un genocidio,
che vede l’Italia in mano a un partito di
matrice fascista, che vede l’Europa domi-
nata dalla xenofobia e da destre estreme,
queste parole di quarant’anni fa non vi pa-
iono ancora più terribilmente profetiche?
«Pochi paesi, continuava Levi, possono es-
sere garantiti immuni da una futura marea
di violenza, generata da intolleranza, da li-
bidine di potere, da ragioni economiche, da
fanatismo religioso o politico, da attriti raz-
ziali. Occorre quindi affinare i nostri sensi,
diffidare da profeti, da incantatori, da chi
dice e scrive “belle parole” non sostenute
da buone ragioni». L’argomento, tanto spe-
4 • idee verdi
Mai come ora ho sentito
acuta la tentazione di una
fuga nella vita privata e
nello studio: la tentazione
del silenzio.
Tra guerre e fascismo incombente
Non essere ciechi
al futuro di Tomaso Montanari
so anche nei media italiani, che qualcuno
avrà pur votato i nuovi fascisti giunti al
governo nei vari paesi, il nostro compreso,
non è certo un’attenuante, semmai un’ag-
gravante: «Sia ben chiaro, è ancora Levi,
che responsabili, in grado maggiore o mi-
nore, erano tutti, ma dev’essere altrettanto
chiaro che dietro la loro responsabilità sta
quella della grande maggioranza dei tede-
schi, che hanno accettato all’inizio, per pi-
grizia mentale, per calcolo miope, per stu-
pidità, per orgoglio nazionale, le ‘belle pa-
role’ del caporale Hitler, lo hanno seguito
finché la fortuna e la mancanza di scrupoli
lo hanno favorito, sono stati travolti dalla
sua rovina». Polonia, Ungheria, Brasile, Ar-
gentina non devono forse insegnarci qual-
cosa? E gli stessi Stati Uniti d’America non
sono un monito terribilmente allarmante
su quanto veloce potrebbe essere lo scivo-
lamento in uno scenario anomalo?
Nel punto di congiunzione tra passato e
presente, è qua che dobbiamo guardare: e
un segnale strettamente (molto più stret-
tamente di quanto non si pensi) legato al
ritorno dei fascismi è l’onda nera del ter-
ribile amore per la guerra che ha conta-
giato anche i commentatori più ‘moderati’
dei paesi occidentali, il nostro per primo:
«la guerra mondiale voluta dai nazisti e
dai giapponesi è stata una guerra suicida:
tutte le guerre dovrebbero essere temute
come tali», ammoniva Levi. Oggi terribil-
mente inascoltato.
SI DICE PIÙ GROTTESCHI
E RIDICOLI, CHE PERICOLOSI
Ma, si dice (anche nel mondo più tiepida-
mente antifascista, o a-fascista) si sbaglie-
rebbe a temere un ritorno del fascismo:
“cosa pensate, che le camicie nere tornino
a sfilare sulla via dell’Impero”? In fondo, si
aggiunge, Meloni, Lollobrigida, La Russa
sono più grotteschi e ridicoli, che perico-
losi. Forse rivedere il Grande dittatore di
Chaplin gioverebbe loro: non erano forse
ridicoli e grotteschi anche i capi di un se-
colo fa? E poi, insegna Levi, «bisogna guar-
darsi dall’errore di giudicare epoche e luo-
ghi lontani col metro che prevale nell’oggi:
errore tanto più difficile da evitare quanto
più è grande la distanza nello spazio e nel
tempo. Molti europei di allora, e non solo
europei, e non solo di allora, si comporta-
rono e si comportano negando l’esistenza
delle cose che non dovrebbero esistere.
Secondo il senso comune, che Manzoni
accortamente distingueva dal ‘buon sen-
so’, l’uomo minacciato provvede, resiste o
fugge; ma molte minacce di allora, che oggi
ci sembrano evidenti, a quel tempo erano
velate dall’incredulità voluta, dalla rimozio-
ne, dalle verità consolatorie generosamen-
te scambiate ed auto-catalitiche.
Qui sorge la domanda d’obbligo: quanto
sicuri viviamo noi, uomini della fine del se-
colo e del millennio? e, più in particolare,
noi europei?». Per provare a rispondere a
questa domanda dobbiamo leggere le pa-
role e le decisioni di quelli che oggi gover-
nano, e capire dove intendono andare. Mi
è stata annunciata una querela del ministro
Lollobrigida per un articolo in cui ho scritto
che chi parla di “sostituzione etnica” usa
le parole e i pensieri di Adolf Hitler e di
Benito Mussolini: se sarò chiamato a ri-
sponderne in tribunale, sarà una buona oc-
casione per fare in pubblico quell’esercizio
di discernimento dei tempi che Primo Levi
ci supplica di non smettere di fare.
NON IGNORARE I SEGNALI
DI PERICOLO
Il Governo Meloni ha presentato una rifor-
ma che di fatto distrugge la Costituzione
antifascista ed è funzionale al comando di
uno solo: davvero non corriamo pericoli?
Lo stesso Governo sta costruendo un lager
per migranti in Albania, un’idea apparen-
temente folle, che però rischia di diventare
reale. Dobbiamo irriderla, o cogliere il terri-
bile segnale di pericolo che essa contiene?
Ha scritto Primo Levi (stavolta in Se questo
è un uomo, 1947): «A molti, individui o po-
poli, può accadere di ritenere, più o meno
inconsapevolmente, che “ogni straniero è
nemico”. Per lo più questa convinzione gia-
ce in fondo agli animi come una infezione
latente; si manifesta solo in atti saltuari e
scoordinati, e non sta all’origine di un si-
stema di pensiero. Ma quando questo av-
viene, quando il dogma inespresso diventa
premessa maggiore di un sillogismo, allora
al temine della catena, sta il Lager. Esso è
il prodotto di una concezione del mondo
portata alle sue conseguenze con rigorosa
coerenza: finché la concezione sussiste, le
conseguenze ci minacciano. La storia dei
campi di distruzione dovrebbe venire inte-
sa da tutti come un sinistro segnale di pe-
ricolo».
Non è forse chiaro che i segni premonitori
di un ritorno del morbo ci sono tutti? Non
è evidente che la distruzione della digni-
tà dello straniero, del migrante, oltre ad
essere mostruosa in sé, annuncia che la
stessa cosa verrà presto fatta a chi si sente
al sicuro? In I sommersi e i salvati Levi ri-
corda: «Non che della strage mancassero
i sintomi premonitori: fin dai suoi primi
libri e discorsi, Hitler aveva parlato chiaro,
gli ebrei (non solo quelli tedeschi) erano i
parassiti dell’umanità, e dovevano essere
eliminati come si eliminano gli insetti no-
civi. Ma, appunto, le deduzioni inquietanti
hanno vita difficile: fino all’estremo, fino
alle incursioni dei nazisti (e fascisti) di casa
in casa, si trovò modo di disconoscere i se-
gnali, di ignorare il pericolo, di confeziona-
re verità di comodo».
Penso che dobbiamo imparare a non disto-
gliere lo sguardo dalla realtà. «Al futuro
siamo ciechi, non meno dei nostri padri»,
constatava lucido Levi: che forse anche
per questo decise di farla finita poco dopo
averlo scritto. Provare ad ascoltarlo, prova-
re a non ignorare sintomi e segnali di pe-
ricolo è l’unico modo di onorare insieme il
sacrificio dei nostri padri e di amare davve-
ro i nostri figli. Potremmo non avere molto
tempo, per farlo. Volerelaluna.it
idee verdi• 5
te che lo abita, l’amore è l’unica e l’ultima risposta. Forse non
siamo ancora pronti per fabbricare una bomba d’amore, un ar-
tefatto abbastanza potente da distruggere tutto l’odio, l’egoismo
e l’avidità che affliggono il pianeta. Tuttavia, ogni individuo porta
in sé un piccolo ma potente generatore d’amore la cui energia
aspetta solo di essere rilasciata.
Quando impareremo a dare e ricevere questa energia univer-
sale, Lieserl cara, vedremo come l’amore vince tutto, trascende
tutto e può tutto, perché l’amore è la quintessenza della vita.
Sono profondamente dispiaciuto di non averti potuto esprimere
ciò che contiene il mio cuore, che per tutta la mia vita ha battuto
silenziosamente per te. Forse è troppo tardi per chiedere scusa,
ma siccome il tempo è relativo, ho bisogno di dirti che ti amo e
che grazie a te sono arrivato all’ultima risposta.
Tuo padre Albert Einstein
EINSTEIN. LETTERA ALLA FIGLIA - da pg. 3
Nonviolenza ed ecologismo sono il filo con-
duttore di tutta la vita di Alex, dalla convi-
venza tra italiani e tedeschi in Sud Tirolo
fino a quella tra serbi, kosovari, bosniaci e
croati nella ex Jugoslavia, passando per la
costruzione delle prime Liste Verdi in Italia
e l’impegno per il Sud del Mondo e i popoli
nativi, soprattutto della zona Amazzonica.
Nel Tentativo di decalogo per la convivenza
inter-etnica (nel foglio settimanale dei Verdi
trentini Arcobaleno, 1994) Alex sostiene, al
primo punto: La compresenza pluri-etnica
sarà la norma più che l’eccezione; l’alterna-
tiva è tra esclusivismo etnico e convivenza.
La convivenza pluri-etnica, pluri-culturale,
pluri-religiosa, pluri-lingue, pluri-nazionale
appartiene dunque, e sempre più appar-
terrà, alla normalità, non all’eccezione. E,
al punto 8, fa il suo auto-ritratto: “Dell’im-
portanza di mediatori, costruttori di ponti,
saltatori di muri, esploratori di frontiera,
ma non transfughi”.
NON FONDA UNA PROPRIA
ASSOCIAZIONE
A differenza di Aldo Capitini e Carlo Cassola
(sul versante della nonviolenza antimilitari-
sta) e di Fulco Pratesi e Laura Conti (sul ver-
sante dell’ecologismo), Alex non fonda una
propria associazione (Movimento Nonvio-
lento per Capitini, Lega Disarmo Unilaterale
per Cassola, Legambiente per Laura Conti,
WWF per Pratesi) ma collabora, colloquia
stende fili per costruire reti con le persone,
le associazioni e i comitati che camminano
sulla strada che anche lui percorre.
Collabora, così, giovanissimo, alla nascita,
nel 1961, del giornale studentesco Offenes
Wort /Parola aperta, poi nel 1967, della ri-
vista mensile die Brùcke/Il ponte program-
maticamente ohne Grenzen/senza frontiere
e poi, nel 1978, del periodico bilingue Om-
nibus.
Cerca di evitarlo, ma, nel 1972-1973 (come
il sottoscritto) Alex è militare, artigliere di
montagna a Saluzzo dove, col sostegno di
Lotta Continua, contribuisce alla costituzio-
ne nelle caserme del movimento “Proletari
in divisa” che in Italia contesta e controlla il
potere militare, organizzando proteste non-
violente sempre più clamorose.
Nell’anno del tramonto di Lotta Continua,
nel 1977, Alex aderisce ai referendum pro-
mossi dai radicali, e riceve un forte appog-
gio da Marco Pannella, quando, nel no-
vembre 1978, dà vita in Sud Tirolo alla lista
alternativa multietnica Neue Linke/Nuova
Sinistra e viene eletto consigliere regiona-
le. A fine 1981 si dimette per “rotazione”, a
chiusura della mobilitazione contro il cen-
simento linguistico introdotto dal governo
in Alto Adige, con l’iscrizione obbligatoria in
uno dei tre gruppi etnici (tedesco, italiano o
ladino), che lo vede duro oppositore delle
“gabbie etniche”. Non partecipa al censi-
mento, si dichiara obiettore di coscienza e
viene escluso dall’insegnamento.
SOLVE ET COAGULA
I movimenti sono sempre più alla base della
sua azione politica, cercando di sfuggire al
risucchio della logica partitica: scandalizza
(quasi) tutti col suo motto Solve et coagu-
la, formula dell’alchimia medioevale che
per Alex significa: si lavora coi movimenti,
da essi nascono anche Liste elettorali, ma
“biodegradabili” e, dopo le elezioni, gli
eletti agiscono nelle istituzioni mentre le Li-
ste tornano a si sciogliersi nei movimenti.
Una formula con cui cerca di impedire le
sclerotizzazioni partitiche e invita a rendere
“bio-degradabili” le forze politiche a cui lui
stesso appartiene.
Dagli anni ’80, Alex collabora con molte as-
sociazioni ambientaliste, italiane ed inter-
nazionali.
Nel 1989 viene eletto in Parlamento euro-
peo, diventa primo co-presidente, per un
anno, del primo gruppo indipendente che i
Verdi riescono a costituire a Strasburgo e si
dedica a unire le variegate componenti ver-
di europee.
Da subito destina buona parte delle nuo-
ve risorse economiche acquisite a servizio
di movimenti, comitati e progetti (tra cui il
nostro nascente Ecoistituto del Veneto) e
rende pubblici i propri bilanci inviandoli ai
giornali. Fatto talmente insolito da venire
totalmente oscurato.
Da subito si impegna su cento fronti, come,
ad esempio, con il Comitato trasversale con-
tro il deleterio progetto “Expo2000” a Vene-
zia, fortemente voluto dal min. De Michelis.
Collabora con l’allora Commissario europeo
socialista Carlo Ripa di Meana e con le depu-
tate veneziane Alessandra Cecchetto e Ada
Collidà, arrivando al suo definitivo affossa-
mento nel 1990.

LA CAMPAGNA NORD-SUD
Dopo l’assassinio del sindacalista ecologista
Chico Mendes (22.12.1988) va in Amazzo-
nia in solidarietà agli indios in difesa della
foresta e poi in Argentina.
Nel 1988 nasce, ideata da Alex con Jutta Stei-
gerwald, la “Campagna Nord-Sud, biosfera,
sopravvivenza dei popoli, debito estero” da
cui nasce anche l’OIA, Osservatorio di im-
patto ambientale, sociale e culturale degli
6 • idee verdi
Ponti da costruire tra federalismo, convivenza ed ecologismo
Alex Langer e i movimenti
ecologisti e nonviolenti di Michele Boato*
idee verdi• 7
La giustizia è debole coi forti, ricchi, politici ladri, inquinatori e
forte coi deboli, gli inquinati, ambientalisti, a cui è concessa la
libertà di lamentarsi ma…
Ultima generazione, Fridays for future, Extinction rebellion, esa-
gerano, dissentono e catalizzano l’attenzione, provocano le co-
scienze. Non potendo usare il termine (usuale in contesto bel-
lico) di terroristi, eco vandali può fare breccia nei benpensanti,
distrarre la maggioranza sonnambula dai ladri politici. Non usano
violenza perché nonviolenti, però vandalismo e meritano un di-
segno di legge ecovandali: arresto, misure di prevenzione da an-
timafia, fogli di via, multe fino a 60mila euro e galera fino a 5 anni
se manifestano in luogo pubblico, anche senza violenze.
Il vandalo, invece di scrivere liberamente sulla prima pagina del
Corriere, acquista il biglietto delle Gallerie degli Uffizi inscena una
protesta pacifica esponendo uno striscione “Ultima Generazione
No Gas No Carbone”. Prima di sedersi applica della colla sul vetro
a protezione della ‘Primavera’ del Botticelli, attaccandosi con le
mani. Il vandalo va sulla prima pagina del Corriere della Sera, ma
sarà denunciato “per interruzione di pubblico servizio, resistenza
a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata e imbratta-
mento di cose”. Anche se non ha procurato alcun danno all’opera
d’arte, il vandalo rischia la galera. Analogamente, se fa sit-in sulle
strisce pedonali o se riesce ad incollarsi all’asfalto, se dipinge la
facciata del Senato con vernice lavabile o materiali organici, se
getta carbone vegetale nella fontana di Piazza di Spagna, se con
le Ong salva vite in mare. Non sono forme di Resistenza civile per
l’ambiente ma atti di vandalismo contro l’ambiente. Mentre non
rischia nulla chi corrompe, costruisce ecomostri, fa condoni edilizi
e tributari, devasta il territorio che non protegge dai dissesti. Men
che meno se ruba da parlamentare. Comune.info
RESISTENZA CIVILE PER L'AMBIENTE
APOLOGIA DEL VANDALISMO NONVIOLENTO
interventi italiani nel Sud del mondo, finan-
ziato nel dicembre 1988 con 300 milioni di
lire del finanziamento pubblico delle Liste
Verdi. Collaborano anche i Sem Terra brasi-
liani e i Seringueros di Chico Mendes e gli
Amici della Terra internazionali.
In ottobre 1990 la Campagna Nord-Sud dà
vita a Verona, su iniziativa del Movimento
Nonviolento, del MIR e di alcune riviste
ecologiste, ad un partecipatissimo Conve-
gno internazionale dal titolo scandaloso
“Sviluppo? Basta! A tutto c’è un limite…”
Nel 1992 al Summit della Terra, Conferenza
mondiale dell’ONU sull’ambiente a Rio de
Janeiro in Brasile, Alex ha un ruolo impor-
tantissimo, come principale coordinatore
del Forum alternativo di 2400 ONG, con
7mila partecipanti.
Poi prosegue il suo aiuto, anche econo-
mico, ad associazioni e campagne tra cui
quella internazionale lanciata in occasione
dei 500 anni dalla “scoperta” dell’America,
cercando la collaborazione tra Istituzioni e
movimenti, sostenendo il commercio equo
e solidale, il risparmio etico e il consumo
critico e la riforma della Banca Mondiale
L’EUROPA NASCE O MUORE A SARAJEVO
Nel 1995 presenta diverse interpellanze che
accendono i riflettori sui piani dell’Agip di
trivellare in ricerca di petrolio a Cuggiono
nel Parco del Ticino; in seguito Gianni Tami-
no, che gli subentra al Parlamento europeo,
aiuterà ad annullarla definitivamente.
Nelle ultime settimane di vita, a giugno
1995, Alex si impegna ad organizzare l’ini-
ziativa “Euromediterranea” a Palermo, in
alternativa all’iniziativa “ufficiale” di Barcel-
lona, che ritiene radicalmente insufficiente
(come si dimostrerà).
Sul versante nonviolento, Alex intensifica i
rapporti con l’ex-Jugoslavia, attraverso le
“Carovane europee di pace” del maggio e
settembre 1991 (a cui partecipano anche
le Donne in nero e i Verdi di Belgrado) che
incontrano sia popolazioni del Kossovo “al-
banesi” che quelle serbe e del 1992 e il so-
stegno in Kossovo del nonviolento Rugova.
Nel gennaio 1992 Alex ispira e sostiene la
nascita del “Verona Forum per la pace e la
riconciliazione”, cartello di associazioni per
la pace che promuovono iniziative politiche
e umanitarie e il dialogo di donne e uomini
dei vari popoli in lotta nella ex Jugoslavia.
Scoppiata la guerra in Bosnia, mantiene
rapporti molto stretti, in particolare con la
città bosniaca di Tuzla (dove si conserva
la cordialità tra le diverse etnie) e col suo
sindaco Selim Beslagic, che, con Imbeni, ac-
compagna a Strasburgo, Bolzano e Bologna.
Ma l’attentato del 25 maggio 1995, in cui
perdono la vita 71 giovani ventenni, segna
Alex profondamente; da qui nasce la richie-
sta di un intervento di polizia internazionale
sotto l’egida dell’ONU, per ristabilire un mi-
nimo di rispetto dell’ordine internazionale,
visto che, fino ad allora (e anche finora) non
è stato creato il Corpo Civile di Pace Euro-
peo su cui Alex sta lavorando da anni e che
solo il 17.5.1975, riesce a far inserire, pre-
sentando un emendamento firmato con la
sua co-presidente del gruppo Verde Claudia
Roth, in una risoluzione sulla revisione del
Trattato di Maastricht.
Perciò il 26 giugno 1995 (pochi giorni prima
della sua morte) si reca con una delegazio-
ne europea a Cannes, dove si svolge il ver-
tice dei capi di Stato e di governo europei,
a protestare contro inazione Europea e a
presentare il drammatico appello “L’Euro-
pa nasce o muore a Sarajevo”.
Nell’incontro col neo-eletto presidente fran-
cese Jacques Chirac, chiede esplicitamente
un intervento di “polizia internazionale” in
Bosnia, dove l’assedio e il cecchinaggio sulla
popolazione inerme di Sarajevo dura ormai
da oltre tre anni. Ma il prode Chirac gli ri-
sponde negativamente, con una sorta di
elucubrazione pseudo-pacifista.
L'intervento poi ci sarà, ma ormai tardivo.
Una settimana dopo la morte di Alex, nel lu-
glio 1995, avviene infatti anche lo sterminio
di 8000 ragazzi e adulti bosniaci a Srebre-
nica, fatto dalle truppe serbe del gen. Mla-
dic, sotto gli occhi passivi e conniventi delle
truppe olandesi dell’Onu.

*Relazione tenuta dall'autore al convegno “Alex
Langer - Ponti da costruire tra federalismo, convi-
venza e conversione ecologica”* Roma, Università
degli studi Link, 28.3.2024
8 • futuro sostenibile
In Italia, negli ultimi anni, una rete
di associazioni, fra cui A-Sud e
Isde-Medici per l’ambiente, con
Giudizio Universale. hanno fatto (finora
senza successo) causa allo Stato Italiano
per la crisi climatica e c’è anche l’iniziativa
giudiziaria LaGiustaCausa di Greenpeace
e Recommon, per far pagare i danni causa-
ti dal cambiamento climatico.
L’Agenzia delle Nazioni Unite per l’ambien-
te UNEP con il Global Climate Litigation
Report 2023 mostra che le persone si ri-
volgono sempre più ai tribunali per com-
battere la crisi climatica. A dicembre 2022,
erano 2.180 casi relativi al clima presentati
in 65 giurisdizioni, tra cui tribunali statali,
internazionali e regionali, organismi quasi
giudiziari o le procedure speciali presso
l’ONU e i tribunali arbitrali. È un aumen-
to costante rispetto a 884 casi nel 2017 e
1.550 nel 2020. Bambini e giovani, gruppi
di donne, comunità locali e popoli nativi,
tra gli altri, hanno un ruolo di primo piano
nel portare questi casi e guidare la riforma
della governance del cambiamento clima-
tico in tutto il mondo.
LE TRE SENTENZE DELLA CORTE
EUROPEA DEI DIRITTI UMANI
La Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU).
ha emesso recentemente sentenze del-
la Grande Camera in tre casi di cambia-
mento climatico. È un tribunale istituito
nel 1959 che disciplina le domande indivi-
duali o statali relative a violazioni dei dirit-
ti civili e politici sanciti dalla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo. Le sue sen-
tenze sono vincolanti per i paesi interessa-
ti e hanno indotto i governi a modificare
le loro legislazioni e prassi amministrative
in una vasta gamma di settori. La Corte ha
sede a Strasburgo ed è competente per i
46 Stati membri del Consiglio d’Europa che
hanno ratificato la Convenzione.(Regola-
mento della Corte)
La Sentenza sul caso Carême contro la
Francia ha riguardato una denuncia di una
ex abitante e sindaca del comune di Gran-
de-Synthe, che sostiene che la Francia ha
adottato misure insufficienti per prevenire
il riscaldamento globale e che questo falli-
mento comporta una violazione del diritto
alla vita e del diritto al rispetto della vita
privata e familiare. La Corte ha dichiarato
inammissibile la domanda in quanto la ri-
corrente non aveva lo status di vittima ai
sensi dell’articolo 34 della convenzione.
La Sentenza sul caso Duarte Agostinho e
altri contro il Portogallo ha riguardato i
gravi effetti attuali e futuri del cambiamen-
to climatico, che i richiedenti attribuisco-
no agli Stati interpellati e che sostengono
abbiano un impatto sulla loro vita, sul loro
benessere, sulla salute mentale e sul go-
dimento pacifico delle loro
case. Per quanto riguarda
la giurisdizione extraterri-
toriale degli Stati convenu-
ti diversi dal Portogallo, la
Corte ha ritenuto che nella
Convenzione non vi fossero
motivi per l’estensione della
loro giurisdizione extraterri-
toriale secondo le modalità
richieste dalle ricorrenti. Te-
nuto conto del fatto che le ri-
correnti non avevano perse-
guito alcuna via giuridica in
Portogallo in merito alle loro
denunce, anche la denun-
cia delle ricorrenti contro il
Portogallo era inammissibile
per non esaurimento dei mezzi di ricorso
interni.
LA SENTENZA SUL CASO VEREIN
KLIMASENIORINNEN SCHWEIZ E ALTRI
CONTRO LA SVIZZERA
Ha interessato una denuncia di 4 donne e
dell’associazione Anziane per il clima in
Svizzera, preoccupate per le conseguenze
del riscaldamento globale sulle loro con-
dizioni di vita e di salute. Ritengono che
le autorità svizzere non stiano prendendo
misure sufficienti per mitigare gli effetti del
cambiamento climatico.
La Corte ha rilevato che “la Convenzione
comprende il diritto a una protezione ef-
ficace da parte delle autorità statali dai
gravi effetti negativi dei cambiamenti cli-
matici sulla vita, la salute, il benessere e
la qualità della vita”. Tuttavia, ha ritenuto
che le 4 richiedenti non soddisfacessero i
criteri di status di vittima di cui all’articolo
34 della convenzione e hanno dichiarato le
loro denunce inammissibili.
Clima. Sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani
Climate litigation:
istituzioni sotto processo di Marco Talluri
Il contenzioso sul
clima, Climate
litigation, rappresenta una
soluzione di frontiera per
cambiare le dinamiche della
lotta contro il cambiamento
climatico. Secondo il Sabin
Center for Climate Change
Law della Columbia
University, si è superata,
a livello mondiale, quota
2mila.
futuro sostenibile • 9
L’associazione richiedente, al contrario,
aveva il diritto di presentare un recla-
mo. La Corte ha dichiarato che c’è stata
una violazione del diritto al rispetto della
vita privata e familiare della Convenzione
e una violazione del diritto di accesso alla
Corte. La Corte ha ritenuto che la Svizzera
non avesse rispettato i suoi “obblighi po-
sitivi” ai sensi della Convenzione sui cam-
biamenti climatici.
“Questa sentenza non è solo una vittoria
per la nostra associazione. La nostra vitto-
ria è una vittoria per tutte le generazioni.
Soprattutto per i giovani, la cui generazio-
ne beneficerà di un clima migliore a lungo
termine. La presenza dei giovani in aula ha
mostrato ai giudici il volto dei diritti umani
per il futuro“, ha affermato Rosmarie Wyd-
ler-Wälti, Co-Presidente delle donne sviz-
zere senior per la protezione del clima.
“Questa sentenza è un punto di riferimento
nella lotta per un clima vivibile per tutti. E
la sentenza è una soddisfazione. Da 9 anni
lottiamo per la giustizia climatica con il
sostegno di Greenpeace. Dopo che i tribu-
nali svizzeri si sono rifiutati di ascoltarci, la
CEDU ha ora confermato che la protezio-
ne del clima è un diritto umano“, ha detto
Anne Mahrer, Co-Presidente delle donne
svizzere senior per la protezione del clima.
“Sono assolutamente sopraffatto ed estre-
mamente orgoglioso che, dopo 9 anni di
intenso lavoro, le donne anziane hanno
finalmente ottenuto il loro dovuto. Que-
sto è un momento indescrivibile”, affer-
ma Cordelia Bähr, avvocatessa capo della
Commissione svizzera per la protezione
del clima. “Il significato di questa decisione
non può essere sottovalutato. Sarà di gran-
de importanza per ulteriori cause contro il
clima contro gli stati e le aziende di tutto il
mondo e aumentare le loro possibilità di
successo. La sentenza mostra a cittadini,
giudici e governi di tutta Europa ciò che è
necessario in termini di protezione del cli-
ma per rispettare i diritti umani.”
“Questa sentenza per la tutela dei diritti
umani e il benessere di tutti noi è un cam-
panello d’allarme per il Consiglio federale
e il Parlamento. Ora è importante rafforza-
re rapidamente la protezione del clima in
Svizzera. La decisione della Corte è vinco-
lante per il Consiglio federale e Parlamen-
to. I diritti umani sono alla base di ogni
democrazia – ci aspettiamo che i politici di
ogni colore rispettino la sentenza”, affer-
ma Georg Klingler, iniziatore e coordina-
tore del progetto di Greenpeace Svizzera.
“Questo non si ferma a Strasburgo. Le sto-
rie di KlimaSeniorinnen sono anche all’or-
dine del giorno per la Corte Internazionale
di Giustizia, dove le audizioni su tutti i go-
verni ‘obblighi di giustizia sul clima – tra cui
la Svizzera – si terrà all’inizio del prossimo
anno”, afferma Louise Fournier, consulente
legale di Greenpeace International, che ha
sostenuto il team legale delle donne senior
svizzere per la protezione del clima.
I MOTIVI CHE HANNO PORTATO
ALLE SENTENZE
Al fine di rivendicare lo status di vittima
nel contesto di denunce relative ai cambia-
menti climatici, i singoli richiedenti devo-
no dimostrare di essere personalmente e
direttamente interessati da azioni gover-
native o inazione, in quanto la Conven-
zione non ammette denunce di interesse
pubblico generale (actio popularis). Ciò
dipende da due criteri chiave:
a. un’elevata intensità di esposizione del
richiedente agli effetti negativi del cam-
biamento climatico
b. un’urgente necessità di garantire la pro-
tezione individuale del richiedente.
La Corte ha esaminato attentamente na-
tura e portata dei reclami dei singoli ri-
correnti e il materiale da essi presentato,
il grado di probabilità degli effetti negativi
dei cambiamenti climatici nel tempo, l’im-
patto specifico sulla vita di ciascun singolo
richiedente, salute o benessere, entità e
durata degli effetti nocivi, portata del ri-
schio (localizzato o generale) e natura della
vulnerabilità del richiedente.
Essa ha constatato che le 4 ricorrenti (con-
tro la Confederazione Elvetica) non sod-
disfacevano i criteri relativi allo status di
vittima.
L’actio popularis si riferisce alle azioni in-
traprese per ottenere un rimedio da una
persona o un gruppo a nome del pubblico.
Tali persone o gruppi non sono essi stessi
vittime di una violazione né sono stati au-
torizzati a rappresentare vittime o poten-
ziali vittime. Tali denunce sono incompati-
bili con il sistema della Convenzione.
Perché l’associazione ha il diritto (locus
standi) di presentare una denuncia: il
cambiamento climatico è una questione
di interesse comune per l’umanità e vi è
la necessità di promuovere la condivisione
intergenerazionale degli oneri, la Corte ha
ritenuto opportuno consentire il ricorso
ad azioni legali da parte delle associazioni
nel contesto del cambiamento climatico.
Inoltre, si tiene maggiormente conto del
fatto che il ricorso ad azioni legali da parte
delle associazioni può essere l’unico mez-
zo accessibile per difendere efficacemente
interessi particolari. Il diritto di un’associa-
zione di agire per conto dei suoi membri
o di altre persone interessate all’interno
della giurisdizione in questione non è sog-
getto alla condizione separata che coloro
per cui è stata proposta la causa debbano
soddisfare il requisito di status di vittima.
QUALI ASSOCIAZIONI HANNO IL
DIRITTO DI SPORGERE DENUNCIA?
Un’associazione per aver diritto di agire
per conto dei singoli, deve soddisfare di-
verse condizioni:
- dev’essere legalmente stabilita nella giu-
risdizione interessata o legittimata ad agi-
re.
- deve dimostrare che il suo scopo è difen-
dere i diritti umani dei suoi membri o di
altre persone interessate all’interno della
giurisdizione interessata, si limitano o in-
cludono azioni collettive per la protezione
di tali diritti contro le minacce derivanti dai
cambiamenti climatici.
- deve dimostrare che può essere consi-
derata una persona qualificata e rappre-
sentativa ad agire per conto dei membri o
di altre persone interessate soggette a mi-
nacce specifiche o effetti negativi del cam-
biamento climatico sulla loro vita, salute o
benessere protetti dalla convenzione.
LA VIOLAZIONE DELL’ART. 8 (DIRITTO
AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E
FAMILIARE) NELLA CAUSA CONTRO LA
SVIZZERA
La Corte ha constatato che la Svizzera non
ha ottemperato ai suoi “obblighi positivi”
previsti dalla Convenzione sui cambiamen-
ti climatici. Le autorità svizzere non hanno
agito in tempo e in modo adeguato per
elaborare, sviluppare e attuare la legisla-
zione e le misure pertinenti per attenuare
gli effetti del cambiamento climatico.
La violazione dell’articolo 6.1 (accesso al
Tribunale): inoltre la Corte ha dichiarato
che l’azione legale della ricorrente era sta-
ta respinta – prima da un’autorità ammi-
nistrativa e poi dai giudici nazionali a due
livelli di competenza – sulla base di consi-
derazioni inadeguate e insufficienti. Il dirit-
to nazionale non prevedeva altre vie per
presentare le loro denunce in tribunale.
Continua a pg. 13
Le principali emergenze planetarie:
- cambiamenti climatici e perdita di bio-diversità
- crisi energetica e fonti alternative di tipo rinnovabile
- carenza o esaurimento di materie prime
- crescenti flussi migratori
- inquinamenti ambientali con effetti socio-sanitari
- crescita delle diseguaglianze
Clima, energia, risorse, migrazioni
Emergenze globali. Che fare? di Michele Boato
Tutte queste emergenze sono correspon-
sabili delle tensioni belliche.
Di queste crisi, vanno analizzati gli scena-
ri attuali e le possibili risposte con cui af-
frontarle (singolarmente o connesse tra di
loro).
GLI SCENARI PIÙ PROBABILI
I dati resi pubblici all’inizio del 2024 dall’I-
PCC (Gruppo ONU di 3.000 Scienziati sul
Cambiamento Climatico)* ci dicono che la
soglia fissata al COP21 di Parigi nel 2015,
di un aumento massimo di 1,5 °C rispet-
to alla temperatura media dei periodi
pre-industriali, è già stata superata negli
anni 2022-23 per ripetuti periodi, anche
molto lunghi.
Perciò l’emergenza climatica è la più im-
minente e la crisi più grave per le sue
conseguenze catastrofiche relative a inon-
dazioni, uragani, desertificazioni e conse-
guenti migrazioni (un’altra crisi, esplosiva,
in atto): si stima che i migranti per motivi
climatici siano già diversi milioni l’anno, in
continuo aumento; Come attrezzarci per
garantire loro uno dei diritti fondamentali,
all’abitazione?
Non vanno creati nuovi ghetti per immi-
grati, ma vanno restaurate, attrezzate
e abitate le case lasciate vuote in questi
ultimi decenni e l’enorme patrimonio di
edifici pubblici e religiosi ora inutilizzati,
presenti nelle città o nelle immediate peri-
ferie: ex caserme, ospedali, colonie, scuo-
le, conventi, seminari, ecc.
Inoltre, non è facile prevedere con preci-
sione il futuro sanitario a livello planetario,
ma la crisi climatica procurerà gravissimi
effetti, soprattutto con la carenza d’acqua
in vaste zone, già ora pre-desertiche.
Inoltre la bio-diversità viene sistematica-
mente colpita e ridotta:
- ci sono enormi morìe di api, in molte
zone del pianeta;
- la tempesta Vaia ha provocato, oltre alla
perdita di milioni di alberi, anche l’ab-
norme proliferare del parassita Bostrico
che sta falcidiando ulteriori grandi aree
di foresta;
- l’aumento della temperatura e dell’aci-
dità degli oceani sta provocando la cri-
si ecologica di numerose popolazioni di
animali acquatici;
- la carenza di flusso nei fiumi provoca
estese morìe di pesci in Amazzonia, Afri-
ca ed Europa.
SOLUZIONI DI ADATTAMENTO
Alla luce della crisi climatica in atto, e delle
sue evidenti conseguenze sulle città, quali
potrebbero essere le soluzioni di adatta-
mento finalizzate a “gestire l’inevitabile” ?
Infatti, in questo decennio si è passati dal-
la resistenza alla resilienza, e questa è già
una grave sconfitta nella lotta al collasso
climatico. Ma occorre adattarsi alle nuove
situazioni perché bisogna pur sopravvive-
re.
In relazione alla crisi energetica attuale
e alla costante crescita del fabbisogno a
livello planetario, non va sostenuta una
crescita del fabbisogno, (soprattutto nel
Nord del mondo) ma un suo progressivo
ridimensionamento, attraverso profonde
modifiche architettoniche (verso abitazio-
ni “passive” o, meglio, “attive” energeti-
camente ) e tecnologiche verso processi
produttivi più efficienti, meno energivori.
Inoltre, vanno disincentivati comporta-
menti caratterizzati da spreco di risorse ed
energie (uso dell’automobile in contesti
urbani, con un solo passeggero, di aerei
per voli nazionali, eccessivi riscaldamenti o
rinfrescamenti di edifici, ecc.).
La mobilità dev’essere sobria e intelligen-
te, in città soprattutto a energia muscolare
(a piedi e in bici), sui mezzi pubblici meno
inquinanti, usando i mezzi privati in colla-
borazione tra colleghi.
L’emergenza energetica è legata anche
alla carenza delle materie prime, per
ora essenziali nel passaggio alle rinnovabili
(soprattutto al solare), ma è sempre più
difficile reperire le materie prime, molte
in via di esaurimento.
I possibili rimedi sono di vari:
- ridurre, fino ad eliminarli, gli sprechi
che oggi caratterizzano la “civiltà dei
consumi usa-e-getta” sia nel Nord che,
in misura ovviamente minore, nel Sud
del pianeta, passando al riuso degli og-
getti, alla loro manutenzione e massima
durata e infine al riciclo dei materiali.
- alcune materie (come le plastiche di de-
«Il governo federale deve modificare subito
l’attuale legge sul clima» sentenzia il tribuna-
le di Berlino-Brandeburgo dopo aver accol-
to in toto la denuncia degli attivisti dell’Ong
Deutsche Umwelthilfe (aiuto ambientale,
Duh). Motivo: la norma scritta da Spd, Verdi e
liberali è «insufficiente» a centrare gli obiet-
tivi prefissati oltre che troppo generica e pe-
ricolosamente esposta al vento delle lobby
industriali.
In particolare alla base del ricorso vinto dagli
ambientalisti ci sono gli obiettivi climatici da
raggiungere entro il 2030 che un altro tribu-
nale distrettuale ha recentemente stabilito
GERMANIA. TRIBUNALE CONTRO
IL CANCELLIERE SCHOLZ
LEGGE SUL CLIMA
INSUFFICIENTE
di Sebastiano Canetta
10 • futuro sostenibile
rivazione petrolifera) vanno sostituite
con altre (in questo caso, le plastiche di
derivazione cellulosica) che possono ri-
prodotte (in questo caso, con l’energia
solare e la sintesi clorofilliana).
- vanno modificati comportamenti e con-
sumi che comportano grandi dispendi
di materie, utili solo alla soddisfazione
di bisogni molto secondari, elitari, non
essenziali o addirittura anti-sociali: dalla
moda alle crociere, dagli aerei per viaggi
non necessari, agli yachts, dalle automo-
bili di lusso o sovradimensionate all’in-
vasione di elettrodomestici.
- alcune materie e oggetti
vanno completamente
eliminati o sostituiti. Ad
esempio le cassette di
plastica con cassette di
legno; borse e sacchet-
ti di plastica con borse
in tela e sacchetti di
carta; bottiglie di pla-
stica usa-e-getta con
bottiglie riusabili e di
vetro; meno edilizia in
cemento, sempre
più in legno.
VANNO INOLTRE
MOLTIPLICATE
- forestazioni ur-
bane ed extraurbane, per ridurre le tem-
perature “estive” (l’estate dura ormai 6
mesi, da maggio ad ottobre) e i processi
di desertificazione;
- la raccolta dell’acqua piovana (e dell’u-
midità notturna), per bere e annaffiare gli
orti e le altre coltivazioni nei mesi più aridi;
- il restauro e riutilizzo delle abitazioni
disabitate, dei borghi di collina e mon-
tagna, abbandonati negli scorsi decenni;
- la scelta di colture che abbiano meno
bisogno di acqua e che sopportino più
facilmente lunghi periodi di alta tempe-
ratura: la produzione intensiva e dila-
gante di prosecco sottrae terreno e ac-
qua alle colture di prima necessità.
La recente emergenza socio-sanitaria deri-
vante dalla pandemia ci ha colto imprepa-
rati e ha modificato per un certo periodo
il nostro modo di vivere, in particolare le
nostre necessità di tipo abitativo e lavora-
tivo. Tenendo conto che in futuro dovremo
affrontare situazioni analoghe, si debbono
concepire diversamente case, luoghi di la-
voro, edifici pubblici?
Assolutamente no: non vanno aumentate
separazioni sociali o, peggio, ghetti.
Il tema edilizio non può avere la Dea Igie-
ne come indirizzo prioritario ma, al con-
trario, la socialità. La gestione miope della
pandemia, il puntare sulla chiusura invece
che sull’aria aperta (con le dovute cautele)
ha provocato più danni (sociali e sanitari)
che vantaggi.
*Il 20.3.2024, l’IPCC ha concluso la pubblica-
zione del Sesto Rapporto di Valutazione sui
Cambiamenti Climatici (AR6) con il rapporto di
Sintesi (Synthesis Report – SYR) che integra i
risultati dei tre gruppi di lavoro – Le basi fisi-
co-scientifiche (2021), Impatti, adattamento e
vulnerabilità (2022), Mitigazione dei cambia-
menti climatici (2022) – e dei tre rapporti spe-
ciali – Riscaldamento Globale di 1.5 (2018), Cli-
mate Change and Land (2019), Oceano e Crio-
sfera in un clima che cambia (2019).
come «giuridicamente vincolanti» e perciò
incompatibili con il “trucco” della legge per
cui la responsabilità di ridurre le emissioni
spetta formalmente ai singoli ministeri.
Ieri in tutta fretta gli esperti della coalizio-
ne hanno modificato il passo smontato dai
giudici, riportando gli obiettivi ambientali
nel recinto degli obblighi a cui è sottoposto
l’intero governo. Ma
il semplice e veloce li-
fting non basta: «Il pre-
sidente della Repubbli-
ca, Steinmeier, si rifiuti
di firmare la legge così
ritoccata» è l’appello
nelle 18 pagine della
lettera inviata dall’Ong
al capo dello Stato.
Bella grana per Scholz, per l’ennesima vol-
ta corretto dai magistrati per maldestra
gestione istituzionale (era già successo col
bilancio); ma non ne esce bene neppure il
numero due del governo, il vice-cancelliere
Robert Habeck, co-leader dei Verdi, per una
transizione energetica già ridotta a giardi-
naggio industriale. Senza contare il ministro
delle Finanze, Lindner, segretario dei liberali,
incarnazione del settore dell’Automobile nel
governo: perde la causa proprio con l’Ong
che più di ogni altra si batte per introdurre
il limite di velocità nelle autostrade e gli fa i
conti in tasca sui sussi-
di alle fonti fossili.
«La legge sul Clima,
sventrata
in questo
modo, è incompatibile
con la storica decisione
della Corte costituzio-
nale di Karlsruhe del
2021» rincara Jürgen
Resch, presidente di
Duh. Per questo chiede al presidente Stein-
meier di non permettere al governo Scholz
altri trucchi nella norma, che invece secon-
do i giudici deve parlare chiaro.
«La modifica escogitata dall’esecutivo serve
solo per evitare che il “Ministro della Por-
sche” (Volker Wissing, ministro liberale dei
Trasporti) debba adottare misure concrete
per la protezione ambientale, come il limite
di velocità o la fine del finanziamento delle
auto aziendali, vere e proprie killer del cli-
ma» tiene a precisare Resch.
Anche l’Alleanza tedesca per il Clima lancia
l’allarme di vedere approvata una legge ir-
rimediabilmente indebolita: «Ritardare an-
cora i programmi di contrasto immediato al
cambiamento climatico avrà un prezzo mol-
to alto e a pagarlo saranno i nostri figli. Nel
frattempo aumenteranno a dismisura i costi
di conversione» ricorda la portavoce Stefa-
nie Langkamp.
Gli obiettivi climatici di Berlino rimangono
comunque invariati anche con la versione
“light” della legge. Entro il 2030 le emissioni
inquinanti dovranno essere ridotte del 65%
rispetto al 1990 e dell’88% entro il 2040.
Dal 2045 in poi la Germania dovrà essere
climaticamente neutra. il manifesto
O
futuro sostenibile • 11
Un sonoro ceffone istituzionale
per il cancelliere tedesco Olaf
Scholz, punito dai giudici per la
sua ostinazione ad annacquare la
lotta per la protezione ambientale
nonostante l’abbia assunta come
priorità a inizio legislatura.
12 • futuro sostenibile
Immaginiamo un gruppo di bambini Qua-
lora prestassimo orecchio, banalmente
sentiremmo parlare di speranze e so-
gni. Che il più delle volte, a causa del peso
dell’età, concorderemmo nel ritenerli al
meglio ingenui. Soprattutto per quanto
riguarda le singole aspirazioni. Tra le più
gettonate, io sarò un astronauta e io di-
venterò una scrittrice, io presidente del-
la Repubblica e io un’affermata stella del
rock, io solo famoso e io, con simile prati-
cità, tanto ricca. Di certo, farebbe rumore
se uno di loro esclamasse a gran voce: “Da
grande farò lo spazzino”.
Si dà il caso invece che è proprio ciò
che Mateo De La Rocha disse da piccolo
ai suoi familiari in Bolivia e il motivo era
semplice: ai suoi occhi, tutt’altro che inge-
nui, lo spazzino era l’unico che vedeva fare
qualcosa contro l’inquinamento. In segui-
to, Mateo e la sua famiglia si sono trasferiti
negli Stati Uniti, precisamente nella città di
Cary, nella Carolina del Nord e oggi, giunto
all’ultimo anno delle superiori, ha deciso
di dare concretezza alla presunte ingenuità
di allora. Dopo aver coinvolto nell’impresa
due suoi compagni di studi, Lila Gisondi e
Sebastian Ng, si è dedicato a un’iniziativa
a dir poco lodevole, se non urgente: chiu-
dere un pozzo petrolifero abbandonato in
Ohio, arrivando a raccogliere ben 10.000
dollari.
Secondo l’Environmental Protection Agen-
cy, negli Stati Uniti sono 3,9 milioni i poz-
zi di petrolio e gas abbandonati e invec-
chiati. Molti di essi perdono metano, un
gas serra che è quasi 30 volte più potente
dell’anidride carbonica nell’intrappolare
il calore nell’atmosfera per un periodo di
cento anni, e ancora più potente su perio-
di di tempo più brevi. Un problema mon-
diale, non solo degli Usa.
Secondo un rapporto Reuters nel mondo i
pozzi definiti orfani e quindi estremamen-
te dannosi e pericolosi sono circa 29 mi-
lioni. Solo sotto la superficie dell’acqua del
Golfo del Messico se ne calcolano almeno
27.000. Otre alle emissioni di gas che inci-
dono sull’effetto serra, c’è anche l'aspetto
dell’inquinamento, con il rilascio di sostan-
ze cancerogene nelle falde acquifere.
SPAZZINI IN ITALIA Che dire allora dell’I-
talia? Ebbene, dati risalenti al 2022 ci di-
cono che su 1.298 pozzi che raggiungono
in profondità giacimenti di gas o petrolio
sono più della metà quelli chiusi, ovve-
ro 752. Le ragioni sono molteplici: perché
il giacimento è esaurito, o il possibile gua-
dagno non pareggiava i costi, o la produ-
zione richiedeva ulteriori investimenti che
l’azienda incaricata non era in grado di co-
prire, oppure erano state violate le norme
per lo sfruttamento.
In ogni caso le conseguenze e i rischi sono
particolarmente elevati, fino a parlare
di una vera e propria calamità naturale,
come nel caso, in Molise, dello smalti-
mento delle acque di produzione in un
pozzo dismesso nel 1988.
Ovviamente, invece di preoccuparsi
dell’effetto serra e dell’inquinamento,
ci si sofferma di più su come guada-
gnarci ulteriormente da questi enor-
mi buchi nel cuore del pianeta.
Per quanto riguarda il nostro Pae-
se, torno a immaginare, a chiudere
gli occhi e a figurarmi di nuovo un
gruppo di bambini, sperando non
solo che alcuni di essi si augurino di fare
gli spazzini da grandi e rimedino ai danni
compiuti dalle sciagurate generazioni che
li hanno preceduti. Perché se proprio devo
sognare anch’io, mi piacerebbe che nessu-
no di loro fosse costretto a farlo. Comune.info
Milioni di pozzi di petrolio e gas abbandonati
Da grande farò lo spazzino di Alessandro Ghebreigziabiher
Nel mondo ci sono 29
milioni i pozzi di petrolio
e gas abbandonati e
invecchiati. In Italia sono
almeno 700. Molti perdono
metano, un gas-serra che è
quasi 30 volte più potente
della CO2
L'Italia è la quinta nazione al mondo per
finanziamenti e garanzie pubbliche ai
comparti del gas. Prima di lei il Canada
(con 10 miliardi) la Cina, il Giappone e
la Corea del Sud. L’Italia foraggia i com-
bustibili addirittura più degli Usa, che li
finanzia con 2,53 milioni di dollari.
I sussidi totali italiani ammontano a quasi
1,4% del Pil, e metà di questi continuerà
anche dopo il 2025: sono impattanti e
costosissimi cantieri finanziati da
fondi pubblici per rigassificatori e
metanodotti come, per esempio,
la diga frangi flutti necessaria al ri-
gassificatore di Ravenna che costa
all’Autorità portuale ben 270 milioni di
euro, garantiti da Cassa Depositi e Pre-
stiti. Ennesimo regalo alle multinazionali
energetiche.
Lo conferma anche il rapporto “Nemi-
ci pubblici” di Re-Common e Friends of
the Earth Usa che fa luce sul diluvio di
soldi pubblici elargito nel 2020-22 dai 20
paesi più ricchi del mondo al comparto
fossile.
L'ITALIA CONTINUA A FINANZIARE
I COMBUSTIBILI FOSSILI
Secondo Arpa Veneto i “giorni di gelo”
dal 1993 diminuiscono di 8 ogni 10 anni.
A Milano, “giorni freddi” (secondo i me-
teorologi, quelli con temperatura massi-
ma fino ai 3 gradi) negli ultimi due inver-
ni sono stati... zero.
Vivaldi dovrebbe cambiare il titolo della
sua opera più famosa.
Quello corretto sarebbe
Le tre stagioni, perché la
quarta, l’inverno, in Ita-
lia si vede di rado e per
periodi brevi. È uno degli
effetti del riscaldamento globale. A cosa
è dovuta la scomparsa del gelo e dell’in-
verno? «Sul Mediterraneo è diventato
determinante anche in inverno l’antici-
clone africano, che viene così a occupare
in modo stabile le nostre regioni», spiega
Daniele Cat Berro, della Società meteo-
rologica italiana-Nimbus. «Risultato: fa
più caldo e nevica sempre di meno. Sui
monti manca il 63% di neve, negli Ap-
pennini la situazione è critica. Gli ultimi
tre inverni sono stati molto secchi in Eu-
ropa sud-occidentale».
IL «LUNGO AUTUNNO» Al di là delle
differenze annuali, la traiettoria dei gior-
ni di gelo invernali è in netto calo, accen-
tuato negli ultimi 10 anni e nell’inverno
2023-24 è stato più evidente. L’inverno è
diventato un «lun-
go autunno», con
la parte finale della
stagione fagocitata
da una primavera
sempre più preco-
ce, dentro cui però
sono possibili gelate
improvvise.
Uno studio del 2012
segnalava che negli
Usa gli alberi fiori-
scono 17 giorni pri-
ma rispetto al 1850-
1900.
«Albicocchi,
peschi e susini stanno iniziando la fioritu-
ra: è un problema, perché è prevedibile
un ritorno del freddo, con grandi danni
per la frutta», avverte Fabrizio Tistarelli,
presidente di FedAgriPesca Toscana.
Copernicus, servizio europeo sui cambia-
menti climatici, ha confermato che il gen-
naio 2024 è stato il più caldo da quando
esiste la raccolta dei dati, con tempe-
rature record in Spagna e in Francia di
Sud-Ovest
che
hanno sfiorato i
30 gradi. La tem-
peratura media
globale più bassa
dell’anno nell’e-
misfero settentrionale è di 1 grado sopra
la media 1979-2000, che era più alta della
media del ventennio precedente.
CALDO RECORD IN INVERNO Anche
nelle regioni centrali il discorso non cam-
bia: dicembre e gennaio sono stati ecce-
zionalmente miti e l’inverno 2023-2024
è stato il più caldo mai registrato in To-
scana.
Però sono poi arrivate precipitazioni con-
sistenti: “il caldo fuori stagione favorisce
le fioriture anticipate, le mimose sono
state in anticipo di oltre un mese sull’8
marzo”, sottolinea Roberto Bianco, diret-
tore di Coldiretti Alessandria.
Non è solo l’agricoltura a soffrire per la
mancanza dell’inverno. Le temperature
quasi primaverili affossano gli acquisti
di moda invernale,
fino al 20% in meno.
In una lettera invia-
ta al presidente del-
la Conferenza Sta-
to-Regioni Fedriga,
gli esercenti chiede-
vano lo spostamen-
to dei saldi invernali
dalla prima settima-
na di gennaio alla
prima di febbraio.
Le vendite di capi,
calzature e accesso-
ri autunno-inverno
sono in netto calo. Anche i saldi invernali
prima o poi si dovranno forse adeguare
alle nuove (tre) stagioni. CorSera
SE SCOMPARE IL SOTTOZERO
L'INVERNO È DIVENTATO
UN "LUNGO AUTUNNO" di Paolo Virtuani
futuro sostenibile • 13
L’ESECUZIONE DELLA SENTENZA EX
ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
Quando la Corte constata una violazione
della Convenzione, lo Stato ha l’obbligo giu-
ridico di selezionare le misure generali e/o
individuali da adottare nel suo ordinamento
giuridico interno per porre fine alla violazio-
ne riscontrata e rimediare alla situazione. In
alcuni casi, la Corte ha ritenuto utile indica-
re il tipo di misura adottabile.
Nel caso di specie, alla luce della comples-
sità e della natura delle questioni in que-
stione, la Corte ha ritenuto che non potesse
essere dettagliato o prescrittivo per quanto
riguarda le misure da attuare per confor-
marsi efficacemente alla presente sentenza.
Data la discrezionalità accordata allo Stato
in questo settore, ha ritenuto che la Sviz-
zera fosse in una posizione migliore per
valutare le misure specifiche da adottare.
Ha quindi lasciato al Governo elvetico l’a-
dozione di misure volte a garantire che le
autorità nazionali rispettino i requisiti della
Convenzione.
La tutela della Convenzione al diritto di
un’efficace protezione da parte delle au-
torità statali dei gravi effetti negativi dei
cambiamenti climatici sulla vita, sulla salu-
te, sul benessere e sulla qualità della vita:
un’azione statale inadeguata per combatte-
re il cambiamento climatico aggrava i rischi
di conseguenze dannose e conseguenti mi-
nacce per il godimento dei diritti umani –
minacce già riconosciute dai governi di tut-
to il mondo e confermate dalle conoscenze
scientifiche.
Considerando la relazione causale tra le
azioni e/o le omissioni dello Stato relative ai
cambiamenti climatici e il danno, o rischio
di danno, che colpisce le persone, la Cor-
te ha stabilito che l’articolo 8 deve essere
considerato come un diritto per i singoli ad
un’efficace protezione da parte delle auto-
rità statali da gravi effetti negativi del cam-
biamento climatico sulla loro vita, salute,
benessere e qualità della vita.
La Corte, nel suo ruolo di organo giudizia-
rio incaricato dell’applicazione dei diritti
del l’uomo, deve garantire che le Alte Parti
Contraenti rispettino i loro impegni nei con-
fronti della Convenzione europea dei diritti
del l’uomo e dei suoi Protocolli (articolo 19
– Istituzione della Corte). Le misure volte
a combattere il cambiamento climatico e i
suoi effetti negativi richiedono un’azione le-
gislativa sia in termini di quadro politico che
in vari settori settoriali. Ambiente e non solo
CLIMATE LITIGATION - da pg. 9
A Milano la media dei giorni di
gelo (con minima sottozero) nel
1961-1990 era di 67: nel 2023
sono stati 22
14 • tecnologie appropriate
Parliamo allora del motore di tutto il si-
stema mondiale di produzione, com-
mercio, trasporti, ecc: l’energia e la
sua correlazione col clima. Ricordiamo che
il 10% ricco della popolazione mondiale
emette circa il 48 % del totale CO2.
Oltre a escludere prima possibile i combu-
stibili fossili (carbone, petrolio, metano) e
accelerare la riduzione dei consumi (meno
auto, aerei, carne nella dieta, case più
coibentate), la sete di energia e la fretta
di cambiare potrebbe portarci su strade
pericolose da cui sarebbe difficile tornare,
peggiorando la situazione.
Dobbiamo valutare criticamente le prin-
cipali strade alternative che la comunità
mondiale sta intraprendendo nel settore
energetico. Alla base di tutto, però, è cam-
biare il modello di sviluppo e di consumi
non bastano tecnologie alternative, non
serve un’energia diversa se si continua a
sostenere questo modello di società ini-
quo, saccheggiatore, rapace, energivoro.
Il primo punto da promuovere è sempre
consumare meno energia in tutti i settori.
L’AGRI-FOTOVOLTAICO
UCCIDE L’AGRICOLTURA
Il fotovoltaico a terra in campo agricolo è
ormai rifiutato anche da molte leggi regio-
nali, ma avanza l’agri-fotovoltaico cioè la
convivenza tra attività agricola e pannelli
installati ad altezze tali da permettere il
passaggio di trattori e altri macchinari per
far convivere produzione energetica e agri-
coltura. Ci sono vantaggi per le colture che
con meno insolazione hanno bisogno di
meno acqua, o che potrebbero essere pro-
tette dalla grandine con pannelli rotanti di
180° (che così si salvaguardano anch’essi
dalla grandine) e per i vigneti e frutteti è
una buona soluzione.
Ma bisogna evitare impatti ambientali su
superfici enormi o in aree protette e vinco-
late paesaggisticamente. E c’è un problema
socioeconomico: il reddito agrario dei ter-
reni sotto i pannelli è 10-20 volte inferiore
al reddito dell’energia elettrica venduta
per cui diventa una falsa giustificazione,
presto abbandonata dal “contadino” (ven-
gono garantiti 3.000 euro/anno per ettaro,
per 30 anni). Infatti visto il miliardo e più
stanziato dal PNNR su questo tema si fan-
no avanti ditte non agricole ma finanziarie
o energetiche che comprano terreni ovun-
que (landgrabbing) per installarvi pannelli
agri-fotovoltaici che però distruggono il
tessuto sociale agricolo, dato che ben pre-
sto le colture sono abbandonate.
Bisogna vincolare l’installazione del nu-
mero dei pannelli a superfici che diano un
reddito confrontabile con quello agrario di
quella proprietà, come integrazione al red-
dito agrario, diversamente è un bluff che
uccide le attività rurali diffuse e social-
mente utili.
C’È IDROGENO E IDROGENO
L'idrogeno NON è una fonte di energia,
come il sole o il petrolio, ma un vettore.
In natura non esiste da solo: va estratto
dall'acqua o dal metano. La sua energia è
un po’ meno di quella usata per produrlo.
Il vantaggio è che rilascia energia in modo
pulito: bruciando non emette gas-serra,
nelle celle a combustibile produce elettri-
cità e ha come scarto solo vapor acqueo.
Ma oggi questo gas viene prodotto per lo
più dal metano combinato con vapor d’ac-
qua, emettendo molta CO2. Questo idro-
geno "grigio" non de-carbonizza.
C'è poi quello "blu", equivalente al grigio,
ma con la cattura della CO2 iniettata in
giacimenti esauriti (ma si sta studiando di
usarla per produrre materiali utili). La cat-
tura della CO2 è un processo molto costoso.
E l'idrogeno "verde", prodotto con elet-
trolisi dell'acqua con l'elettricità da fonti
rinnovabili. Emette solo ossigeno nel pro-
cesso di produzione, e ha zero emissioni di
gas serra nel consumo (solo acqua). La tec-
nologia per produrlo c'è, ma va sviluppata
su vasta scala.
Per i vari usi solo quello verde è corretto
e utilizzabile nel rispetto dell’ambiente.
Andrebbe prodotto col surplus di elettri-
cità rinnovabile quando non c’è consumo,
ma in Italia non ce n’è: si consuma subito la
troppo poca rinnovabile prodotta.
Se l'idrogeno verde è solo un vettore dell'e-
nergia prodotta, perché non usare diret-
tamente l'elettricità delle rinnovabili? La
corrente ha già una rete di distribuzione
capillare, che arriva in ogni casa, mentre
quella dell'idrogeno è tutta da fare. Il suo
punto debole è il trasporto e la sua peri-
Rinnovabili sì, ma dobbiamo consumare meno energia
Quale lotta
al cambiamento climatico? di Franco Rigosi
Il cambiamento climatico
è ora il maggior pericolo
per la specie umana e sta
accelerando più di quanto
previsto dagli scienziati. Aver
superato nel 2023 1,52 °C
di aumento di temperatura
media mondiale rispetto al
dato del 1900, mentre non
si doveva superare 1,50 °C
entro il 2100, indica quanto
sia grave e fuori controllo la
situazione.
tecnologie appropriate • 15
colosità: l'idrogeno è molto leggero, e non
può usare le stesse tubazioni del metano.
Anche se oggi vengono spesi fondi pubbli-
ci per costruire idrogeno-dotti, vengono
usati in realtà per costruire metanodotti
promettendo di riconvertirli per l’idrogeno
quando sarà disponibile in quantità elevate.
Per trasportarlo su autocisterne va molto
compresso, e questo consuma energia, fa-
cendo perdere valore al carburante. Nelle
auto non viene bruciato come la benzina
ma produce energia elettrica tramite celle
a combustibile, sono veicoli elettrici ali-
mentati con fuel cell a idrogeno FCEV. I vei-
coli a idrogeno producono da soli l’energia
elettrica. Non prelevano l’energia da una
batteria come le auto esclusivamente elet-
triche Hanno un‘efficientissima centrale
elettrica a bordo, che converte l’idrogeno
in elettricità. E questa centrale elettrica è
la cella a combustibile. Il ciclo completo
per l’uso dell’idrogeno nelle auto ha un
rendimento del 30% mentre quello della
elettricità con le batterie nelle auto è del
70%. Le auto a idrogeno rimarranno una
porzione molto piccola delle vendite, ma si
stima che quasi un quinto dei camion fun-
zionerà con l'idrogeno entro il 2040.
L'idrogeno poi è in via di sperimentazione
per essere usato nelle acciaierie al posto
del carbone, per produrre con meno emis-
sioni, può servire nelle navi al posto di im-
probabili mega-batterie elettriche, negli
autotreni e anche negli aerei: insomma
non è una fonte energetica alternativa,
ma un vettore per settori di nicchia.
MICRO-NUCLEARE
Il nucleare è la fonte di energia più indica-
ta da industriali e politici per mantenere
il livello di energia e di consumi attuali e
sostituire le fonti fossili.
Ma è fortemente contrastato a causa del-
le scorie radioattive e per i costi sociali e
energetici enormi dell'estrazione dell'u-
ranio per alimentare le centrali. L'energia
nucleare è una falsa soluzione. Anche se
il nucleare è stato proposto dall’UE per ri-
durre le emissioni di CO2, non è un’ener-
gia rinnovabile. Le centrali a fissione di 4a
generazione o quelle a fusione sono molto
lontane nel tempo e a costi di installazione,
gestione e smantellamento fuori mercato.
Avanza invece la proposta del micro-nu-
cleare, centrali da 5-100 MW della dimen-
sione di un container, come quelle dei
sommergibili nucleari. Con combustibile a
fissione, della durata di 25 anni, da posi-
zionare nei quartieri. Non hanno bisogno
di raffreddamento ad acqua e possono es-
sere interrate.
Ma il rendimento di queste centraline è
molto più basso delle grandi per cui serve
più uranio per produrre la stessa elettrici-
tà, e resta il problema dello smaltimento
delle scorie radiattive per migliaia di anni
e il pericolo di distribuire in zone densa-
mente abitate dispositivi ad alto rischio
(molto elevato in zone esondabili) e con
combustibile da gestire ovunque: porte-
rebbe il nucleare alla porta delle nostre
case con rischio di furti, attentati, disfun-
zioni durante la manutenzione. Non sono
ancora chiari i costi di questi impianti an-
che se molte ditte si sono lanciate in pro-
getti di produzione a catena per ridurre i
costi (anche la Simic a Marghera).
Siamo contrari a diffondere questo rischio
sotto le nostre case, in territori ad alta in-
tensità abitativa e produttiva.
MINI IDROELETTRICO
Con questo termine si indicano le centrali-
ne di potenza inferiore a 10 MW, che non
richiedono uno sbarramento per le con-
dotte forzate del flusso d’acqua; cioè sfrut-
tano il corso senza alterarne le portate e gli
aspetti naturali, non crea bacini artificiali.
Il flusso idrico garantisce la rotazione di
turbine producendo energia meccanica,
poi trasmessa a un generatore, che la tra-
sforma in energia elettrica. Insomma, c è
lo sfruttamento dell’energia potenziale
della corrente di un corso d’acqua. Per gli
impianti più ridotti la turbina può essere
alloggiata nel corso d’acqua, per quelli più
potenti si utilizzano apposite opere civili
che prelevano parte dell’acqua che, dopo
l’attraversamento della turbina, viene re-
stituita all’alveo fluviale più a valle; il micro
idroelettrico non determina significativi
impatti ambientali, non richiede deviazio-
ni del corso d’acqua e non limita la portata
vitale a valle dell’impianto; può essere in-
terrato e non visibile.
Nelle centrali ad acqua fluente si utilizzano
dislivelli di 5-10 m. Questo tipo di impianto
viene costruito direttamente lungo il corso
di fiumi e la sua capacità di produrre ener-
gia è stagionale: se il fiume ha una portata
troppo bassa, la produzione di energia può
ridursi o arrestarsi. In Europa, come la Sviz-
zera, si fanno molte centraline lungo fiumi
e torrenti anche poco distanti l’una dall’al-
tra per sfruttare al massimo i dislivelli
L’impianto ad acqua fluente prende una
parte di portata, residua rispetto al
deflusso minimo imposto dalla concessio-
ne. Inoltre è dotato di passaggi per i pesci,
per scendere senza entrare nel circuito tur-
bina ma anche risalire per deporre le uova.
EOLICO OFFSHORE
I parchi eolici a terra con pale enormi fino
a 250 m di altezza non vanno installati ove
creano impatto visivo, eccessivo rumore o
in zone di transito di uccelli migratori. Ma
ora avanzano i parchi eolici offshore che
producono energia pulita e rinnovabile in
alto mare, dove il vento soffia con suffi-
ciente intensità. È qui che il vento raggiun-
ge una velocità più elevata e costante ri-
spetto a quella terrestre, grazie all'assenza
di barriere fisiche o architettoniche.
Con cavi sottomarini, l’elettricità viene
condotta alla rete nazionale. È un modello
di produzione di energia che ha riscontrato
molto successo negli ultimi 20 anni in Cina
e negli Usa, ma anche in Germania e nord
Europa. Generalmente gli impianti eolici
offshore sono situati oltre la linea dell’o-
rizzonte visibile, riducendo sia l'impatto
visivo che quello acustico.
Svantaggi: oltre alla discontinuità di pro-
duzione di energia, l'azione delle onde e i
venti molto forti, in particolare durante le
tempeste, possono danneggiare le turbi-
ne, richiedendo un intervento immediato
per ripristinare le funzionalità con un tem-
po di ripristino maggiore rispetto ai parchi
eolici a terra, con aumento dei costi di ge-
stione dell'impianto.
Bisogna che rispettino la navigazione e la
pesca, ad es. nelle coste siciliane e sarde
dove sono stati proposti numerosi. Inoltre
devono portare l’energia ad una rete a
terra in grado di supportare il surplus di
carico, o vanno costruiti appositi impianti
di distribuzione e trasporto di energia elet-
trica ex novo come nelle nostre isole.
Date le crescenti dimensioni degli impianti
offshore c’è da porre particolare attenzio-
ne alle conseguenze sulla fauna marina e
sulla salute dei fondali soprattutto se le
strutture sono ancorate ai fondali (ma la
maggioranza sono galleggianti).
Scrive Mario Tozzi: Nessuno dei potenti del
pianeta riesce anche solo a immaginare un
mondo senza combustibili fossili, e se non
lo immaginiamo ora quel mondo non sarà
mai possibile. Tocca a noi immaginarlo cit-
tà per città, strada per strada, per poi pro-
porlo e imporlo ai governanti.

16 • tecnologie appropriate
L’eolico off-shore galleggiante è un esem-
pio del potenziale industriale italiano che
rischia di rimanere inespresso. Il discorso
è più ampio e si riferisce allo sviluppo in-
dustriale di un Paese che con le rinnovabili
potrebbe finalmente, dopo una egemonia
incontrastata della fonte fossile, disegnare
punti di forza e know-how se promossi in
una pianificazione strategica con azioni di
supporto per la piccola e media impresa
nazionale.
L’eolico galleggiante infatti può attivare
6 settori-chiave dell’economia italiana:
materiali da costruzione, prodotti in me-
tallo, meccanica avanzata, cantieristica,
apparecchiature elettriche, logistica dei
porti, creando migliaia di posti di lavoro
e iniziando una attività di formazione di
competenze non presenti. Sono settori in-
dustriali di grande interesse per il nostro
Paese, con un giro di affari che supera i
250 miliardi di euro l’anno.
Per le piattaforme galleggianti la produzio-
ne di acciaio è fondamentale e per rende-
re operative le turbine galleggianti; sono
necessarie navi di supporto, in cui l’Italia
è leader, soprattutto per la gestione e la
manutenzione che rappresenta la voce di
costo più significativa nella vita utile di un
parco eolico offshore galleggiante (37%
del totale).
TECNOLOGIA POCO SOSTENUTA
L’eolicooff-shore, che già oggi prevede,
secondo i dati dell’Associazione nazionale
dell’energia del vento, investimenti per
110 GW, è invece scarsamente sostenuto:
il Piano per l’eolico galleggiante prevede
solo 2 GW al 2030. E, nonostante sia un
obiettivo ridotto rispetto a quello di altri
Paesi europei, c’è da fare i conti con iter
autorizzativi eccessivamente lunghi, la
scarsa definizione del sistema incentivan-
te ed una inesistente pianificazione stra-
tegica dello spazio marittimo che rendo-
no poco realistico l’obiettivo.
Invece il paese dovrebbe sostenerlo pro-
prio per le caratteristiche dei nostri mari,
che favoriscono strutture galleggianti in
acque più profonde e con venti più forti,
e quindi con maggiore potenziale ener-
getico, con minori impatti sull’ambiente
e sulla fauna marina, e maggiori distanze
dalla costa. Sistemi galleggianti che asse-
gnerebbero all’Italia un primato in campo
internazionale, che invece è tutto da co-
struire.
Con solo 0,03 GW ad oggi installati a Ta-
ranto con un impianto fisso, il confronto
con gli altri Paesi è pesante: Cina, Regno
Unito e Germania hanno capacità instal-
late, nel 2022, tra i 10 e i 30 GW e un
obiettivo al 2030 di 60 GW (Cina), 50 GW
(UK) e 30 GW (Germania).
Neanche la pianificazione per il futuro ri-
sulta ambiziosa, visto che il Piano prevede
solo il 2% dell’obiettivo di potenza rinno-
vabile elettrica installata al 2030 da im-
pianti eolici offshore. Invece la tecnologia
flottante, con piattaforme ancorate anzi-
ché blocchi di cemento fissi, è una soluzio-
ne che potrebbe andare a tutto vantaggio
del nostro Paese.
LE AREE PIÙ ADATTE ALL'OFFSHORE
Sono proprio quelle regioni che mostra-
no una difficoltà a raggiungere i target di
rinnovabili al 2030, come Sardegna, Sicilia
e Puglia, come riportato nella bozza del
decreto aree idonee, che vanno previste
in una pianificazione dello spazio marit-
timo, capace di identificare zone che per
numero e dimensioni permettano il pieno
potenziale della tecnologia.
Le risorse finanziarie ci sarebbero, ad
esempio per le infrastrutture cantieristi-
che o per l’industrializzazione delle fon-
dazioni galleggianti, anche se dovrebbero
essere inquadrate in una strategia com-
plessiva per spazi e infrastrutture portuali
adeguati per le attività di assemblaggio,
installazione e messa in funzione delle tur-
bine. Ma, al momento, in Italia non esisto-
no porti con i requisiti tali da sviluppare un
progetto di eolico offshore galleggiante:
sono necessari centinaia di milioni di euro
per adeguare le attuali infrastrutture, ed
anche questa è una attività di sviluppo, da
ricomprendere, dopo anni di manutenzio-
ne quasi assente.
CRITICITÀ CRONICHE
Occorre anche risolvere alcune criticità
croniche: le concessioni demaniali anco-
ra bloccate su un codice della navigazione
ormai obsoleto e la definizione di incenti-
vi per lo sviluppo dell’eolico galleggiante,
soprattutto a seguito del recente decreto
per il primo parco eolico galleggiante in
Italia, nel canale di Sicilia a circa 35 km
dalla costa di Marsala.
Le piattaforme non hanno fondamenta fis-
sate al fondale marino e, a mantenere in
posizione le turbine eoliche saranno spe-
ciali strutture progettate da Stiesdal Off-
shore Technologies e composte da compo-
nenti tubolari.
La tecnologia delle turbine galleggianti
supera i limiti imposti dai fondali profon-
di del Mediterraneo, aprendo una nuova
prospettiva che include entro il decennio
2 GW in tre parchi eolici galleggianti tra
Olbia e Civitavecchia, realizzati da Cope-
Oggi in Italia appena
0,3 GigaWatt di energia
proviene da impianti
installati in mare.
In Germania, Regno Unito e
Cina sono 10-30 GW
Impianti galleggianti, eolico offshore
Il Paese del mare e del vento
spreca una grande risorsa di Livio De Santoli*
tecnologie appropriate • 17
naghen Infrastructure Partners. Respon-
sabilità estere quindi, e resta da capire
se, anche a seguito della realizzazione da
parte di Terna del Tyrrhenian Link, il dop-
pio cavo sottomarino che collega le isole
con la penisola della lunghezza di 1000 km
e della capacità elettrica di 1 GW, anche
altre aziende italiane, oltre a quelle stra-
niere, siano in grado di presentare pro-
getti per parchi eolici di minori dimensio-
ni, e se potranno essere finanziati, almeno
in parte, dai fondi residui del PNRR desti-
nato al Sud Italia. Extraterrestre / il manifesto
*Prorettore alla Sostenibilità
Univ. La Sapienza di Roma
Il Ministero dell’Ambiente ha autorizzato la costruzione di un par-
co eolico galleggiante al largo di Civitavecchia. L’impianto in mare
sostituirà la centrale a carbone di Torrevaldaliga nord, che l’Enel,
a margine della presentazione agli azionisti del piano industriale
triennale, ha confermato di voler chiudere entro il 2025 insieme a
quella di Brindisi. Si è conclusa così la prima fase di un processo co-
minciato a gennaio 2020, con l’approvazione, da parte del governo
Conte, del Piano nazionale integrato ener-
gia e clima Pniec, con la chiusura di tutte le
centrali a carbone entro il 2025.
A giugno del 2021 il Ministero dell’Ambien-
te aveva invitato a presentare manifestazio-
ni d’interesse per un parco eolico al largo
di Civitavecchia da 270 MegaWatt di potenza e una produzione
annua di 935 GigaWh.
Si è fatta avanti la Tyrrhenian Wind Energy di Milano, con soci al
50% la 7Seas Wind Power di Milano, e la Nice Technology di Taran-
to, dove ha realizzato il primo parco eolico offshore in Italia. Le due
società sono partner di un piano presentato da GreenIT (joint ven-
ture tra Eni e Cassa Depositi e Prestiti Equity) costituita per svilup-
pare, realizzare e gestire impianti per la produzione di energia da
fonti rinnovabili in Italia, e da Copenaghen Infrastructure Partners
(Cip), il più grande gestore di fondi dedicato agli investimenti nelle
energie rinnovabili e leader mondiale nell’eolico offshore, che pre-
vede la costruzione di due impianti eolici offshore in Sardegna e
uno, appunto, nel Lazio. Già stanno partecipando al progetto per
impiantare, entro il 2028, 42 turbine eoliche, con una potenza di
12 Megawatt, a 35 km dalla costa sud-ovest della Sardegna.
LA MOBILITAZIONE A CIVITAVECCHIA
La Tyrrhenian ha consegnato al ministero un progetto che preve-
de la presenza di 27 aerogeneratori, ciascuno con una potenza di
10 megawatt, tra i 20 e i 30 km dalla costa, su fondali di profon-
dità variabile tra 150 e 450 metri e distribuiti in due sottocam-
pi da 17 e 10 elementi. Nel documento l’area di realizzazione è
descritta come «privilegiata» per la vicinanza di «un importante
punto di carico (l’area metropolitana di Roma) e di un nodo di tra-
smissione ad altissima tensione: una situazione non replicabile
in altri possibili parchi offshore realizzabili in Italia».
La svolta è arrivata alla vigilia della guerra in Ucraina. Il 22.2.2022
l’Enel ha fatto il punto sul piano di abbandono del carbone in
Italia, ricordando che la capacità installata è scesa dai 6mila Me-
gawatt del 2015 ai 4.700 del 2021, e che la produzione di energia
è diminuita dai 36 Terawatt del 2015 ai 10,5 del 2021, «in linea col
percorso di de-carbonizzazione per arrivare a zero emissioni di
CO2 nel 2040». La compagnia elettrica, quotata in Borsa ma par-
tecipata al 23,6 % dallo Stato, ha lasciato che fosse il presidente
del Lazio Zingaretti, del PD, ad annunciare, il giorno seguente, che
«non ci sarà nessuna riconversione a gas» della centrale di Civita-
vecchia» e «grazie a questa novità possiamo rilanciare la sfida del
superamento del carbone, concentrandoci sulle alternative come
le energie rinnovabili». «Civitavecchia vi sembrerà troppo picco-
la per assumerla come simbolo di un grande successo, invece
non lo è per due ragioni: quanto si è ottenuto qui può avere un
valore generale per l’Italia», hanno scritto Lu-
ciana Castellina e Massimo Serafini, spiegando
che «a questa decisione si è arrivati perché c’è
stata una mobilitazione dal basso» di cittadi-
ni, associazioni ambientaliste e sindacati.
All’alba della mattina seguente, però, il presi-
dente russo Putin ha ordinato l’invasione dell’Ucraina e appena
24 ore dopo, in un’informativa urgente alla Camera, il primo mi-
nistro Draghi ha annunciato la riapertura provvisoria delle 7 cen-
trali a carbone italiane «per colmare eventuali mancanze nell’im-
mediato». Le navi carboniere sono tornate a oscurare con le loro
emissioni il cielo di Civitavecchia e la produzione di elettricità in
breve è aumentato del 25%, facendo ripiombare la città in un pas-
sato che pensava superato. Nei mesi seguenti, i cittadini hanno
denunciato in più occasioni le colonne di fumo denso che uscivano
dalla centrale e si addensavano sulla città quando non c’era vento.
Dopo i primi mesi di guerra, però, la domanda di energia elettri-
ca è tornata a calare. I viaggi delle navi carboniere si sono dirada-
ti e pure le emissioni della centrale a carbone, ora quasi spenta.
L’Enel ha riconfermato la volontà di chiuderla entro il 2025. A
maggio del 2022 la Tyrrhenian ha presentato alla Capitaneria di
porto di Civitavecchia un’istanza per una concessione demania-
le marittima della durata di 30 anni, chiedendo «l’occupazione
di uno specchio acqueo e zone di demanio marittimo per la rea-
lizzazione e l’esercizio di un impianto eolico offshore galleggian-
te», lo stesso per il quale meno di un anno prima aveva chiesto la
Valutazione d’impatto ambientale.
La questione ora si sposta sulla sorte dei 600 lavoratori della cen-
trale a carbone. L’8 marzo hanno scioperato davanti ai cancelli
della centrale di Torrevaldaliga nord. Il ministro dell’Ambiente
Pichetto Fratin ha detto in un’audizione alla Camera che «la chiu-
sura deve vedere da parte della proprietà un impegno di ricon-
versione, rioccupazione e gestione di un trapasso che dobbiamo
portare avanti, che va gestito anche con le autorità locali e il dirit-
to sindacale di porre le questioni di merito sul lavoro». Il 7 marzo
a Civitavecchia c’è stato un consiglio comunale aperto in cui un
rappresentante di Eni ha illustrato il piano di GreenIT, dicendo
che l’impianto impiegherà 1.200 lavoratori, ma dal 2029, ma la
chiusura della centrale è prevista nel 2025. Extraterrestre / il manifesto
FUORI DAL FOSSILE
CIVITAVECCHIA DÀ IL VIA ALL'EOLICO di Angelo Mastrandrea
Il progetto di parco offshore che
sostituirà la centrale a carbone
ha superato la Valutazione
d’impatto ambientale
18 • tecnologie appropriate
Pannelli fotovoltaici (per illuminazione,
elettrodomestici a iosa, aria condiziona-
ta, impianto a osmosi inversa perché non
si fidano dell’acqua del rubinetto, pompa
per tirar su l’acqua dal pozzo d’irrigazione,
forno elettrico per mega-pizze). Solare ter-
mico (per acqua calda e riscaldamento).
Perfino un piccole generatore eolico. Ma
hanno anche a disposizione le energie
fossili: il distributore di benzina, l’elettri-
cità di rete, il metano (per gli usi di cuci-
na e la caldaia a concentrazione). Hanno
comprato un bel forno solare a parabola
che non usano mai, e perfino un trattorino
fotovoltaico per piccoli trasporti in campa-
gna nonché la bicicletta elettrica. L’energia
umana? La usano solo in palestra.
ALTRE FAMIGLIE
Le famiglie Konaré e Gonzales, che vivono
rispettivamente in una bidonville del Niger
e sulle montagne delle Ande, non hanno
accesso alle energie alternative né a quelle
fossili. Come almeno due miliardi di abi-
tanti del pianeta, il loro presente è simile
al passato dell’Occidente: più buio, più len-
to (unico lato positivo), senza rimedi con-
tro caldo o freddo, e più faticoso.
Lampade a kerosene, candele e legna da
ardere sono le uniche (scomode, costose
inquinanti) fonti, oltre all’energia umana
e animale: tocca camminare a lungo per
caricarsi di legna da ardere e acqua, ma-
cinare farine senza motori, portare pesi in
spalla, lavorare in campagna senza mac-
chinari, godere al massimo di una bici.
Un grande aiuto viene certo dagli asinelli,
compagni di fatiche e privazioni. Queste
famiglie subiscono gli effetti del caos cli-
matico provocato dai paesi dei Rossi e dei
Braun che ricorrono ancora molto a fonti
fossili, responsabili di emissioni-serra.
Il sole abbonda soprattutto nei luoghi più
poveri del mondo, ma il suo utilizzo a scopi
energetici pare ancora un privilegio dei ric-
chi. La tecnologia costa, anche se meno di
quel che sembra.
LE “MAMME SOLARI”
Nel 2001, Greenpeace presenta il piano
internazionale Power to tackle poverty
mirato ai miliardi che vivono senza acces-
so ai servizi energetici di base. La strada
è lunga, ma alcuni successi la stanno illu-
minando.
Nel documentario Bring the Sun Home
una famigliola andina del Perù siede com-
posta davanti alla telecamera. Il papà con
un largo sorriso spiega che la mamma si
occupa di installazione e manutenzio-
ne di pannelli fotovoltaici sulle casupole
dell’altipiano, con alcune colleghe. Sono
“ingegnere senza laurea né diploma”. Il
miracolo è avvenuto dopo 6 mesi di for-
mazione nella lontanissima Tilonia (stato
del Rajasthan, India). Là lavora, dai primi
anni ‘70, il Barefoot College (College a pie-
di scalzi: www.barefootcollege.org), che,
con tecniche pedagogiche stupefacenti
ha già formato alla tecnologia solare 700
donne di comunità povere di decine di pa-
esi, dall’India a Cile, Sudan, Afghanistan;
non è stato facile convincere i mariti e le
donne stesse. Ma poi, un grande entusia-
smo. Si è aperto un mondo.
Se le “mamme solari” sono nonne o anal-
fabete: no problem. Spiega Bunker Roy,
fondatore del College: “Una volta diven-
tate tecniche solari, le donne a differenza
degli uomini non scappano in città ma tor-
nano nei villaggi”. Creano piccole coopera-
tive e portano la luce, letteralmente, e per-
fino l’energia per un piccolo ventilatore.
A Tilonia e nei villaggi intorno, il Barefoot
College sperimenta in molti modi l’acces-
so dei poveri alle tecnologie pulite, per
coprire i bisogni di base. Così, oltre alle
lanterne solari per lo studio dei bambi-
ni, ecco i piccoli impianti solari a osmosi
inversa per desalinizzare e purificare l’ac-
qua necessaria a mille abitanti, 40 litri a
testa al giorno a modico prezzo.
Fratello Sole aiuta sorella Acqua anche
nei progetti di sostegno a comunità lo-
cali finanziati dalla Rete Comuni solidali
(capace di riunire 260 enti locali per oltre
4 milioni di italiani…anche se non lo san-
no). Un esempio? I 4 orti nella periferia di
Niamey (Niger) che, grazie al pompaggio
solare dell’acqua, permettono a oltre 200
donne di coltivare e a 2.000 persone di
mangiare meglio.
IL SOLE ILLUMINA, SCALDA, CUOCE
Da tempo la Solar Cookers International
(www.solarcookers.org), una rete interna-
zional-locale di praticanti e semi-inventori
Accesso dei poveri alle rinnovabili
Il Sol dell'avvenire di Marinella Correggia
Le famiglie Rossi e Braun,
che vivono rispettivamente
in una campagna italiana
e una città tedesca, hanno
la passione delle energie
rinnovabili e il denaro
per soddisfarla, grazie a
contributi e agevolazioni
pubbliche. Il loro parco
solare è servito
tecnologie appropriate • 19
volontari, donne e uomini, sulla neve come
nei deserti si ingegna a trovare i modelli
di cucine solari più adatti ai luoghi e alle
persone. L’obiettivo è cuocere ogni tipo di
cibo col sole, con i forni a parabola (più
costosi) o quelli a scatola e perfino coi co-
okit, praticamente dei cartoni pieghevoli
foderati di alluminio (v. manuale Io lo so
fare Altreconomia).
Per le persone “abbienti” può sembrare
un bello sfizio da giardino a zero emissioni.
Ma nei luoghi difficili, cucinare col sole,
può evitare a decine di milioni di donne
e bambini la fatica della raccolta della
legna e l’affumicamento ai focolari e pre-
servare l’ambiente.
Quelli di Solar Cookers si chiedono come
mai, benché i cookit migliorati possano
essere una soluzione ultra-economica,
salva-ambiente, salva-fatica, adatta anche
a luoghi estremi come i campi degli sfolla-
ti di guerra in Africa (sono usati ad esem-
pio a Kakuma in Kenya), le grandi agenzie
dell’Onu e i vari “donatori” non adottino
questa semplice tecnologia solare.
Ma forse, l’universalizzazione delle cucine
solari è un progetto più adatto all’Alba,
l’Alleanza bolivariana per i popoli della
nostra America, ideata da Fidel Castro e
Hugo Chávez a cui partecipano Cuba, Ve-
nezuela, Bolivia, Nicaragua, Ecuador e pic-
cole repubbliche caraibiche.
Nel quadro dell’Alba sono stati elettrifica-
ti centri medici e scuole rurali in Bolivia,
Mali, Lesotho. Il potenziale è enorme, con
l’“internazionalizzazione delle missioni
sociali” venezuelane. Fra cui la Misión Re-
volución Energética, avviata nel 2006, col
risparmio e le tecnologie pulite.
Cuba, che secondo l’organizzazione Cuba-
solar potrebbe diventare solare al 100%, è
vocata a fare da consulente anche per l’e-
olico (ha ospitato da poco una conferenza
internazionale). Del resto, magari malvo-
lentieri, è il primo paese che sperimenta
una transizione a un’economia post-pe-
trolifera (vedi il documentario, con sotto-
titoli in italiano, The Power of Community.
How Cuba Survived Peak Oil).
Anche i paesi subsahariani, attraverso il
Coordinamento di lotta contro la siccità
in Sahel, puntano alla diffusione di energie
“domestiche e alternative”. Fra queste i cu-
gini delle cucine solari: gli essiccatori solari
(per farli, bastano piccoli laboratori artigia-
ni) che permettono di conservare per mol-
ti mesi frutta e ortaggi senza quasi perdite
nutritive, a costi ed emissioni zero. Fu Tho-
mas Sankara, rivoluzionario presidente del
Burkina Faso fra il 1983 e il 1987, a dare
impulso anche agli essiccatori, nei villaggi
saheliani ricchi quasi solo di raggi solari.
In Asia: se la Cina da tempo punta sul
solare (e i suoi pannelli fotovoltaici in-
vadono il mondo), l’India ha avviato nel
2010 la Jawaharlal Nehru National Solar
Mission, con l’ambizione di diventare le-
ader mondiale del settore, assicurare la
sicurezza energetica, contribuire alla lotta
per il clima, ridurre i costi e arrivare anche
nelle case di quei 500 milioni di persone e
20.000 villaggi remoti, oggi scollegati.
Il presente dell’energia è ancora all’in-
segna del privilegio. Ma meno spreco di
energie da parte degli abbienti, più ac-
cesso ai bisogni energetici di base per gli
impoveriti, e più energie pulite per tutti, il
cammino può convergere.
Nel 2010-2050, si parla di un consumo di energia elettrica più
che raddoppiato a livello mondiale con una capacità installata
che si moltiplicherà per 5. Ci sarà un mix energetico guidato da
fotovoltaico ed eolico, rispettivamente intorno al 50 e 25 % del-
la capacità totale.
Fincantieri, operante nella cantieristica navale sta ragionando
sui vantaggi dell’eolico offshore galleggiante, in grado di costi-
tuire una ripresa per l’economia.
Attualmente a farla da padrone è l’eolico onshore con circa 800
Gigawattora installati al mondo, che cresceranno in media del
7% fino al 2050.
Nei prossimi anni assisteremo però a uno sviluppo imponen-
te dell’eolico offshore al largo delle coste, con basso impatto
ambientale e paesaggistico. Una tecnologia che impiega grandi
turbine e a intercetta venti costanti e forti. Il tasso medio annuo
di crescita dell’eolico flottante è previsto arriverà al 30%, pas-
sando dagli attuali 0,2 a parecchie centinaia di Gigawattora al
2050.
STRUTTURE SIMILI A NAVI È già iniziata una partita che po-
trebbe coinvolgere una cantieristica in cui sarebbero coinvolti sia
l’industria navale sia l’acciaieria, con produzione e assemblag-
gio a terra delle fondazioni galleggianti, grandi strutture, per la
prevalenza in acciaio, simili a navi senza motore, di circa 4mila
ton ciascuna, con circa 100 m di lato, varate come una nave e
accostate in banchina per integrare su di esse la torre eolica, la
navicella e le pale di circa 250 m di diametro e capacità sui 15
Megawattora.
Completata, ogni unità è installata a mare, connessa con gli an-
coraggi prima posizionati e poi si connettono i cavi e si comple-
tano i collaudi.
In Scozia, Hywind Scotland, il primo parco eolico galleggiante
al mondo, da 30 Megawattora, è stato costruito così. In Italia i
venti che passano a ovest della Sardegna e nel Canale di Sicilia e
quelli delle coste calabresi e pugliesi, non lasciano dubbi su quali
acque si presterebbero.
Al momento non esistono progetti veri e propri. Fincantieri con-
sidera strategico il settore eolico, dove già opera con la costru-
zione di unità navali al servizio dei campi a fondazione fissa, e
punta alla creazione di una solida catena di fornitura, creando
indipendenza energetica de-carbonizzata e posti di lavoro stabili.
Oggi ci sono al mondo 5 campi flottanti, per 200 Megawattora.
A breve, in Francia si parla di 250 Megawattora, nel Sud della
Bretagna e in Scozia, saranno annunciate novità molto presto,
come in Corea del Sud.
In Italia le turbine in mare aperto (con potenza superiore rispet-
to a quelle da terra: 15 contro 3 MWh), si prevedono in 2,1 Gi-
gaWattora entro il 2030, 3,8 nel 2035, e 20 per il 2050. CorSera
DOVE I VENTI SOFFIANO PIÙ FORTI E COSTANTI
L'EOLICO GALLEGGIA LONTANO DALLA COSTA di Peppe Aquaro