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acna, updated 6/26/25, 1:52 PM

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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

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I contadini, con un secolo di lotte, salvano la Val Bormida dall’Acna.
Il Movimento della Valle Bormida, per caratteristiche, durata ed esito, ha avuto pochi uguali in
Italia. Innanzitutto ha avuto e ha come protagonisti i contadini, sfatando il luogo comune di un
mondo rurale isolazionista, di “villici” individualisti che non guardano oltre i propri campi, non
socializzano, non fanno lotte comuni. Senza andare ad esempi distanti, chi, se non i contadini
iniziarono le lotte in Valle Bormida contro la fabbrica di Cengio, posta al confine fra Liguria (che
beneficiava dell’occupazione) e Piemonte (che subiva l’inquinamento)? Nel 1882 un dinamificio
comincia ad occupare 50 ettari ricchi d’acqua, poi arrivano tritolo, acido solforico e gli altri
prodotti chimici. Già ai primi del ‘900 non si può più derivare l’acqua dal Bormida per irrigare;
anche la nebbia e le piogge portano i fenoli nei terreni. Il vino è imbevibile. I contadini cominciano
a rivolgersi ai tribunali, che ordinano la chiusura dell’acquedotto ma non della fabbrica che,
durante la prima guerra mondiale arriva a contare 6mila addetti (liguri, ex contadini o in doppio
lavoro). Poi lo stabilimento diventa Acna Montecatini e, durante il fascismo, continua a produrre
esplosivi e pure gas tossici per massacrare in Abissinia ed Eritrea. Nel 1938 esplode drammatico il
rapporto fabbrica-contadini-autorità. 600 contadini piemontesi citano l’azienda per danni
dall’inquinamento, sono condannati a pagare le spese processuali, in sentenza: gli scarichi
contengono sostanze che possono essere considerate fertilizzanti. Negli anni ’50 il bianco
democristiano della valle si colora di rosso, sotto la spinta del PCI. Nel ’56, i valligiani, mogli e figli
compresi, risalgono tutta la valle fino a Cengio per protestare, e 52 vengono arrestati. Nel ’69,
chiude l’acquedotto di Strevi, a 100 km da Cengio le acque del fiume cambiano colore di giorno in
giorno. Nel ’70, il sindaco di Acqui denuncia, così nel ’74. Tutti assolti. Nell’82 i processi si fanno
per i morti. Morti per cancro alla vescica, anche fra i lavoratori. Ma i sindacati difendono gli
assassini.
Proprio dai contadini che avevano partecipato alle lotte degli anni ’50 e ’60 arriva l’incitamento a
riprendere la lotta. E’ la svolta. Nell’87 viene fondata a Saliceto l’Associazione per la rinascita della
Valle Bormida, e dunque i miei ricordi diventano personali avendo da allora partecipato
direttamente e come Medicina democratica, scrivendo anche assiduamente sul giornale “Valle
Bormida Pulita” strumento fondamentale di informazione (direttore il compianto Renzo Fontana),
mentre dovevo anche sostenere lo scontro con Montedison che più a valle distruggeva
definitivamente Bormida a Spinetta Marengo. Si afferma per la prima volta l’ineluttabilità della
chiusura dell’Acna Montedison per avviare il risanamento del fiume e della Valle con un piano di
bonifica. Sotto la guida dell’Associazione Valle Bormida, nel marzo ’88 siamo 8mila a manifestare
per le vie di Cengio chiedendo la chiusura. In testa ci sono i contadini insieme agli ambientalisti.
Contro ci sono i sindacati e i lavoratori. Acna e Valle Bormida si pongono al centro dell’attenzione
dell’opinione pubblica nazionale e non solo.
Sotto le insegne dell’Associazione, ci ritroviamo, a fianco dei contadini, casalinghe, studenti,
intellettuali, industriali, sindaci, parroci. Le lotte si fanno sempre più intense e in tutte le direzioni:
presidi popolari 24 ore su 24 ore alle falde del percolato velenoso, incatenamenti, blocchi del Giro
d’Italia e del Festival di San Remo, 700 operai si scontrano con 1.000 valligiani, nube tossica,
carovana di macchine e presidio alla Prefettura di Alessandria, presidio a Palazzo Chigi,
imbavagliati e legati alla stazione di Cengio mentre le campane della Valle suonano a morto, 2mila
manifestanti a Cuneo davanti al presidente della Repubblica, 7mila nella tana dell’orso a Cengio,
15mila firme al parlamento di Strasburgo, incatenamenti davanti all’Asl, astensioni dalle elezioni
europee, attentato al traliccio dell’Enel, manifestazioni a Roma, blocchi di strade e autostrade
eccetera. Il presidio popolare davanti al muro di cinta dell’Acna sul greto della Bormida attrae
stampa, televisione, tecnici, consiglieri e assessori, parlamentari nazionali ed europei. Sarà rimosso
il 19 maggio ’89 dal Reparto antisommossa della questura di Genova. Sono, queste, solo una
piccola parte degli avvenimenti di lotta, affidati alla mia personale memoria.
Intanto la fabbrica viene fermata e riaperta a singhiozzo, mentre l’Acna, diventata Enimont e
infine Enichem, cerca di realizzare il ReSol (Recupero Solfati): un enorme inceneritore per bruciare
300mila metri cubi di rifiuti tossici e cancerogeni nei “lagoons”. Contro questo tentativo di
trasferire l’inquinamento dall’acqua della Valle anche all’aria delle Langhe albesi e cuneesi, nel
1990 in 10mila e 130 sindaci manifestiamo a Cengio, cinque manifestazioni a Roma, udienza in
Vaticano. Agricoltori a fianco degli studenti e dei cittadini. L’avviata costruzione del ReSol viene
ripetutamente bloccata e nel 1999, dopo 117 anni di lotte iniziate dai contadini, finalmente
l’utopia della rinascita della Valle Bormida non è più irrealizzabile, il Movimento vince: lo
stabilimento chiude per sempre con i suoi superstiti 230 lavoratori in cassa integrazione e con un
disastro ecologico -il sarcofago- ancora da bonificare definitivamente nel 2017. Mentre il Bormida
è sempre sotto attacco della Solvay a Spinetta Marengo e mentre altre insidie alle falde
dell’alessandrino sono in corso ad opera delle discariche del Tav Terzo Valico e della
multinazionale Riccoboni. I Comitati della Valle Bormida sono in lotta e alle riuscitissime
manifestazioni è sempre il corteo dei trattori che fa da apripista. Voglio mettere in risalto questa
caratteristica del movimento della Valle Bormida: la sua durata nel tempo, tutto il secolo scorso e
ancora negli anni 2000. Una caratteristica che forse si riscontra solo in Val Susa.
Lino Balza.