Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta all'addestramento alla
nonviolenza. Le ragioni principali per cui e' necessaria questa parte sono queste:
a) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un individuo, che e' un insieme
fisico, psichico e spirituale;
b) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i modi usati, per le qualita' del
carattere che si mostra;
c) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un addestramento a reggerla, a
non cedere nemmeno per un istante;
d) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici; bisogna gia sapere che cosa sono,
bisogna che il subconscio non se li trovi addosso improvvisamente con tutto il loro peso;
e) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi, talora una persona
soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in minoranza, e talora addirittura solo, e
perfino staccato dalla famiglia.
I maestri di nonviolenza si sono trovati davanti al problema dell'addestramento, sia per riprodurre
nel combattente nonviolento le qualita' fondamentali del "soldato", sia per trarre dal principio della
nonviolenza cio' che essa ha di specifico. Si sa che le qualita' del guerriero sono formate e
addestrate fin dai tempi della preistoria e si ritrovano perfino al livello della vita animale. Le qualita'
del nonviolento hanno avuto una formazione piu' incerta, meno consistente ed energica, per la
stessa ragione che la strategia della pace e' meno sviluppata della strategia della guerra. Ma,
prima che Gandhi occupasse il campo della nonviolenza con il suo insegnamento, il piu' preciso e
articolato che mai fosse avvenuto, indubbiamente ci sono stati addestramenti alla nonviolenza,
contrapposti a quelli violenti; esempi di monaci buddisti, i primi cristiani, i francescani, che hanno
lasciato indicazioni preziose in questo campo, che qui non e' possibile elencare. Ma basti pensare
all'armonia della posizione di Gesu' Cristo espressa in quella rac