About Rete Ambientalista Al
Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
che
Pfas
del
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dei
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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
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In Italia è in atto un crimine ambientale e sanitario Il governo metta al bando i Pfas Movimento di lotta per la salute Maccacaro Le aziende usano i Pfas ovunque: chiediamo al governo di varare subito una legge che introduca il divieto del loro uso e produzione. Non c’è altro tempo da perdere. Serve la loro completa assenza nell’acqua da bere, negli alimenti, suolo e aria. Ma non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo. Eppure nella scorsa legislatura è stato presentato al Senato da Mattia Crucioli un disegno di legge che vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo, assumendo le istanze dei Movimenti che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti (praticamente indistruttibili) da acque, aria, alimenti, sangue di lavoratori e cittadini altrimenti ammalati e uccisi. Oltre che in Veneto e Piemonte, anche in Lombardia l’emergenza PFAS è fuori controllo; in Toscana ancora dati shock e Pfas “inquinante perfetto” in Trentino. I PROFITTI DEI PFAS ALLE IMPRESE I COSTI SOCIALI ALLE COLLETTIVITÀ Se il Costo Sociale dei Pfas (ripristino di suoli e acque + biomonitoraggio dell’inquinamento + cure sanitarie dovute all’esposizione) fosse pagato dall’azienda produttrice, Solvay dovrebbe vendere i PFAS a circa 19mila euro al kg. Invece il costo industriale degli PFAS è 1000 volte più basso: 19 euro al kg. La collettività paga sulla propria pelle e con le proprie tasche. Sono calcoli realizzati dall’Ong belga ChemSec: Il costo sociale dei PFAS è 17.500 miliardi di dollari/ anno; i profitti sono 4.000 miliardi. A conti fatti (a prescindere dai costi etici: morti e malattie non hanno prezzo), all’umanità converrebbe vietare la produzione e l’uso dei Pfas. È quanto si era proposto per l’Italia il disegno di Legge presentato dall’ex senatore Mattia Crucioli. Invece… LIMITI PFAS NEGLI USA Per i PFAS la legge dovrebbe prescrivere “Limiti Zero, cioè divieto di produzione, come per amianto e DDT. Contro le leggi si battono le aziende produttrici, che per decenni hanno prima nascosto e poi negato e poi sminuito tossicità e cancerogenicità degli “inquinanti eterni”, e che infine ne stanno promettendo le impossibili bonifiche. L’Agenzia per la Protezione Ambientale americana, intende entro l’anno fissare il valore limite nell’acqua potabile dei forever chemicals a 4 parti per mille, un valore al limite di quanto gli strumenti siano in grado di misurare in modo affidabile, ma comunque ancora troppo alto per tutelare adeguatamente la salute. Infatti la ricerca scientifica ritiene non esistano limiti sicuri per la salute per i Pfas nell’acqua potabile. I grandi inquinatori chimici osteggiano la legge che li espone a risarcimenti miliardari nei confronti degli enti locali e dei cittadini. IL PIANO EUROPEO STA FALLENDO Mentre in Italia, teatro del più grande caso di inquinamento da Pfas nel continente europeo, queste sostanze attualmente non sono neppure inserite tra i parametri da monitorare nelle acque destinate al consumo umano e la politica non se ne occupa, in Europa hanno chiesto di vietarne uso e produzione Germania, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Norvegia. E la Danimarca, partendo dai dati sulla sicurezza alimentare elaborati da Efsa nel 2020, ha già introdotto un limite per la somma di quattro sostanze Pfas (Pfoa, Pfos, Pfna e Pfhxs) pari a 2 nanogrammi per litro. L’UE annuncia che sta per fissare nuove soglie per le concentrazioni di Pfas nell’acqua, nel cibo, nell’aria, nella terra e nel sangue degli esseri umani e viventi (animali compresi). Prevede di stabilire entro il 12 gennaio 2024 i limiti di rilevazione, i valori di parametro e la frequenza di campionamento. Ma la direttiva del 2020 non tiene conto dei più recenti parametri Efsa e non centra leuropeo, pur proiettato nei tempi lunghi, sta fallendo: è quanto sostengono l’associazione ClientEarth e l’Ufficio Europeo per l’Ambiente EEB (rete di 180 organizzazioni ambientaliste) che hanno analizzato i progressi fatti ad un anno dalla messa a punto del progetto. Nell’aprile 2022, infatti, la Commissione europea aveva annunciato di voler vietare numerose sostanze chimiche nocive presenti nei prodotti di largo consumo, con una tabella di marcia da cui emergeva che in un tempo relativamente breve migliaia di esse, a cominciare dai Pfas, dovrebbero essere messe al bando. Ma i progressi fatti in un anno sono ben poco rassicuranti. Secondo ClientEarth e EEB “la maggior parte dei fascicoli sono ancora in bozza e allo stato attuale centinaia di migliaia di ton di sostanze tossiche all’anno sono destinate a sfuggire ai divieti”. La colpa? Le “pressioni esercitate dall’industria chimica” che condizionano l’atteggiamento della Commissione Europea incline a regolamentazioni lente e deboli, vanificando il piano che, se concretizzato, vieterebbe “più sostanze chimiche dannose che in qualsiasi altra parte del mondo”. IL MACIGNO DI SOLVAY E CONFINDUSTRIA SU GOVERNO E PARLAMENTO L’Italia è ancor più rallentata: il disegno di Legge Crucioli non è stato ripresentato, mentre il Piano del decreto legislativo del 23.2.23 sulle acque destinate al consumo umano, prevedeva l’insediamento a giugno del Censia (centro nazionale per la sicurezza delle acque) per recepire e rendere disponibili le linee-guida tecniche sui metodi analitici per il monitoraggio dei parametri (Pfas-totale e somma di Pfas) compresi i limiti di rilevazione, i valori di parametro e la frequenza di campionamento, che la Commissione europea prevede di stabilire entro il 12 gennaio 2024. Infine, entro il 31 dicembre 2024 il disegno di legge in discussione in parlamento dovrebbe divenire effettivo. L’influenza della Confindustria (Solvay) in Parlamento è stata decisiva sul decreto scorso e intende ancor più esserlo per il disegno di legge. Solvay a Spinetta Marengo (AL) è determinata a non fermare nell’immediato le lucrosissime produzioni di Pfas (C6O4) e a non migrare verso sostanze alternative se non in tempi lunghi, fissati da lei. Nel contempo sa, al di là della propaganda, che i metodi di osmosi inversa e carboni attivi per bonificare i Pfas sono inefficaci e addirittura pericolosi e comunque hanno costi troppo elevati per le proprie casse. Dunque prende tempo e fa proselitismo istituzionale e mediatico: “Potenziare, con il coinvolgimento del sistema universitario ed industriale, la ricerca scientifica su tutti gli aspetti del fenomeno (diffusione di utilizzo, effetti sulla salute, sostanze alternative, etc.); promuovere, stanziando risorse pubbliche adeguate, la ricerca di molecole in grado di sostituire i Pfas; incentivare, stanziando risorse pubbliche adeguate, la sperimentazione delle tecnologie che consentiranno di abbattere efficacemente e a costi sostenibili i Pfas; promuovere, sulla base dei risultati delle sperimentazioni, l’approvazione delle Bat (migliori tecnologie disponibili) per l’abbattimento dei Pfas e dei limiti di scarico; introdurre limiti allo scarico dei Pfas esclusivamente a seguito dell’individuazione, nell’ambito della sperimentazione, delle tecnologie e delle metodologie adottabili ed approvate a livello europeo dalle opportune Bat”. Come si vede, Solvay è determinata a non fermare nell’immediato le lucrosissime produzioni di Pfas (C6O4): “Per i Pfas andiamo verso lo zero tecnico. Il percorso è per la dismissione dei fluoropolimeri entro ottobre 2026”. “La bonifica è a buon punto”. “Il sistema di tutela ambientale dentro e fuori lo stabilimento è ok”. “Altre vasche a carboni attivi e osmosi inversa grandi come campi di calcio” ecc. L’unica cosa concreta sono i finanziamenti pubblici. La riprova del peso della Solvay sulla politica si è visto nella conferenza alla Camera dei deputati delle Associazioni e dei Comitati che hanno presentato il Manifesto europeo per l’urgente messa al bando dei Pfas e chiesto al Parlamento una ancor più urgente legge per la messa al bando dei Pfas in Italia: alla conferenza, era completamente assente la maggioranza del Parlamento, cioè il governo. SEMPRE EVITATI GLI ESAMI DEL SANGUE PER EVITARE L’INCRIMINAZIONE DELLA SOLVAY. PERCIÒ: VIA ALLE CAUSE CIVILI Per questa strategia di temporeggiamento, a livello piemontese Solvay sa di poter contare da sempre sulle amministrazioni di tutti i colori politici e sindacali. In Piemonte i monitoraggi del sangue dei Pfas ai cittadini non sono mai stati effettuati; quelli ai lavoratori li ha fatti privatamente l’azienda e ne ha secretato gli enormi valori finché rivelati da noi alla magistratura. Dopo che noi abbiamo organizzato e gli abbiamo sbattuto in faccia lo studio condotto dall’Università di Liegi (Belgio), che ha evidenziato l’avvelenamento dei Psas nel sangue dei lavoratori della Solvay e dei cittadini di Spinetta Marengo, l’assessore regionale alla Sanità e il sindaco di Alessandria si erano incontrati per fare il punto sul “caso Solvay” e concordare le iniziative. Come ha ricevuto dal sindaco Abonante (centrosinistra) garanzie che non intende emettere (come dovrebbe) ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti dello stabilimento, l’assessore Icardi (centrodestra) ha illustrato le seguenti iniziative: La Regione ha destinato all’Asl di Alessandria un finanziamento di 340mila euro per effettuare nuovi campionamenti su matrici animali ed alimentari; ha deliberato un piano di biomonitoraggio sulla popolazione (in programma nei primi mesi del 2023) che prevede, nei soggetti a rischio, oltre alla ricerca ricerca dei Pfas, anche la valutazione di alcuni parametri sanguigni, quali il colesterolo. Per tale iniziativa è stato previsto un primo finanziamento di 70mila euro. È evidente, anche per queste ridicole cifre, che non sono previste analisi del sangue a tappeto su tutta la popolazione di Spinetta e Alessandria. Mancano perfino i medici di base, altro che indagini epidemiologiche. In questo squallore, un minuscolo spiraglio di luce perviene dal Progetto H2020-Scenarios, inserito nel programma Horizon 2020 Framework Programme con un contributo di quasi 12 milioni di euro, che comprende 19 organizzazioni di 10 Paesi europei, oltre a Israele, Usa e Canada, e vede come partner strategico l’Azienda Ospedaliera di Alessandria. Secondo questo progetto pilota, un campione di 80 abitanti del Montecastello, Comune distante chilometri dalla Solvay e che è stato costretto alla chiusura dell’acquedotto per avvelenamento da PFAS, sarà sottoposto ad analisi del sangue e delle orine. Un progetto pilota comunque lontanissimo da un monitoraggio di massa della popolazione alessandrina. Il livello di complicità della classe politica si è ripetuto in un Consiglio comunale di Alessandria, dove i consiglieri si sono trovati su ciascun banco un fiore col nome di un cittadino morto di cancro per colpa della Solvay e, commossi, hanno subito provveduto ad un minuto di silenzio per i morti “un fiore per ogni vita volata via”. Poi hanno votato -all’unanimità- per l’“Osservatorio ambientale della Fraschetta” (di cui neppure hanno letto la nostra elaborazione degli anni 80) e un emendamento di “indirizzo a tutti gli enti locali e nazionali” ai quali sbolognare la patata bollente. Campa cavallo… Cioè, alla Regione di sottoporre tutta la popolazione agli esami del sangue per risarcirla dei danni alla salute, e al Parlamento di chiudere le produzioni della Solvay di Spinetta Marengo. “Occorrono tempo e pazienza” ha raccomandato il sindaco Abonante ai cittadini che intanto si ammalano e muoiono “non sono cose che si possono fare in pochi mesi”. Soprattutto che non vuole fare lui. Invece non c’è tempo e pazienza. Così facciamo partire in sede civile le cause contro Solvay per risarcire le vittime: ammalati e morti fra i lavoratori e i cittadini. A questo punto è automatico che partirà il monitoraggio della popolazione. Come avvenne nel 2004 negli Stati Uniti per DuPont: in pochi mesi 70 mila persone effettuarono le analisi del sangue. La pressione dell'industria su Bruxelles Marcia indietro sul divieto ai Pfas di Lorenzo Misuraca "La Commissione europea è pronta a infrangere la promessa di mettere fuori legge tutte le sostanze chimiche pericolose d’Europa tranne le più essenziali", scrive il Guardian, che ricorda come l‘impegno a "vietare le sostanze chimiche più dannose nei prodotti di consumo, consentendone l’uso solo dove essenziale" è stato un elemento di punta del Green Deal europeo quando è stato lanciato nel 2020. LE PREVISIONI CHE STANNO PER ESSERE SMENTITE Si prevedeva che, nell’aggiornamento del regolamento Reach dell’Ue, sarebbe stato vietato l’uso in tutti i prodotti vendibili di 7-12mila sostanze pericolose, compresi molti Pfas, che, come ha dimostrato la drammatica contaminazione avvenuta in Veneto, sono collegati a interferenza endocrina, e altre patologie riproduttive e cancerogene. VIETANDO I PFAS SI RISPARMIEREBBE 10 VOLTE TANTO IN SANITÀ Tatiana Santos, responsabile della politica sulle sostanze chimiche presso l’Ufficio europeo dell’ambiente, ha dichiarato: "L’incapacità dell’UE di controllare le sostanze chimiche dannose è scritta nel sangue contaminato di quasi tutti gli europei. Ogni ritardo porta più sofferenze, malattie e persino morti precoci. Il ritiro normativo dell’Ue potrebbe essere la pietra tombale del Green Deal europeo, alimentando il cinismo nei confronti di élite inaffidabili che fanno accordi con grandi lobby tossiche, a meno che la Commissione non mantenga la sua promessa di disintossicare i prodotti e resistere agli inquinatori". Lo studio d’impatto di 77 pagine trapelato fa parte di una revisione degli obiettivi nel regolamento Reach dell’Ue relativo alla legislazione sulle sostanze chimiche, datato 13.1. 2023 e dovrebbe essere lanciato entro fine 2023. Il testo potrebbe essere modificato, ma i funzionari affermano al Guardian che le opzioni in esame non sono sostanzialmente cambiate. La bozza di analisi stima che i risparmi sanitari derivanti dai divieti di sostanze chimiche supererebbero di 10 volte i costi per l’industria. I pagamenti ridotti per il trattamento di malattie come il cancro e l’obesità ammonterebbero a 11–31 miliardi di euro l’anno, mentre i costi di adeguamento per le imprese sarebbero compresi tra 0,9 e 2,7 miliardi di euro. ANCHE GLI FTALATI Oltre ai Pfas, le autorità di regolamentazione dell’Ue hanno rilevato che il 17% dei bambini europei è a rischio di esposizione di miscele di ftalati (legate a malattie dello sviluppo e della riproduzione) in un’indagine condotta sul sangue e sulle urine lo scorso anno su 13mila cittadini dell’Ue. Tracce dell’interferente endocrino bisfenolo A sono state trovate nel 92% degli adulti. L’aggiornamento di Reach è stato ritardato dopo una scissione tra i due dipartimenti della commissione incaricati di redigere la nuova legge: la direzione dell’ambiente, che ha spinto per misure robuste; e la direzione del mercato interno, che ha resistito. La riforma Reach era inizialmente una priorità della Commissione. Il primo vicepresidente della commissione, Frans Timmermans, ha dichiarato nel 2020: "È importante smettere di utilizzare le sostanze chimiche più dannose nei prodotti di consumo, dai giocattoli e prodotti per l’infanzia ai tessuti e ai materiali che vengono a contatto con il nostro cibo". IL PESO DELLA LOBBY DELL’INDUSTRIA Un funzionario dell’Ue che ha parlato al Guardian in condizione di anonimato ha affermato che gli sforzi per attenuare la revisione legale sono stati aiutati da "un cambiamento completo nella forza del sostegno ai consumatori e all’ambiente" a Bruxelles, soprattutto da parte degli eurodeputati del Partito popolare europeo (lo stesso della presidente dell’Ue Ursula von der Leyen) che avrebbero perso passionenario, "La sensazione nella commissione è quasi come se fosse un dato di fatto che non possiamo creare troppi problemi all’industria – indipendentemente dai benefici per la salute pubblica – e che le aziende soffrono molto delle nostre normative sui prodotti chimici, quindi dovremmo cercare di render loro le cose più facili". LE POSIZIONI DI MACRON E NON SOLO Del resto, ricorda il Guardian, diversi capi di stato dell’UE si sono aggiunti alla pressione. Il presidente francese Macron, ha chiesto una "pausa normativa" nel diritto ambientale per aiutare l’industria, mentre il primo ministro belga, De Croo, ha dichiarato: "Se stiamo sovraccaricando le persone con regole e regolamenti, rischiamo di perdere il sostegno pubblico all’agenda verde". Il Ppe, a settembre 22, ha proposto per la prima volta "una moratoria normativa per ritardare quegli atti che aumenterebbero inutilmente i costi per le imprese, come il Reach", proprio mentre Basf annunciava un ridimensionamento degli stabilimenti in Europa a causa della "eccessiva regolamentazione". MILIONI PER BLOCCARE IL BAN AI PFAS Undici operatori del settore Pfas in Germania hanno impiegato 94 lobbisti e hanno speso 9 milioni di euro negli anni più recenti, secondo l’analisi del Corporate Europe Observatory. A Bruxelles, 12 membri dell’industria Pfas hanno 72 singoli lobbisti attivi e una spesa annuale tra 18,6 e 21,1 milioni di euro, afferma il giornale. Una significativa battaglia di lobby si concentra su un nuovo inventario per i polimeri (gli elementi costitutivi della plastica) nella riforma Reach, ha affermato il funzionario dell’Ue. Il salvagente 12 Luglio 2023