About Rete Ambientalista Al
Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
che
una
della
di scorie nucleari
del
dell scorie nucleari
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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
che
una
della
di scorie nucleari
del
dell scorie nucleari
Tuscia in marcia contro il nucleare Paolo Piacentini Quella che doveva essere una marcia limitata al territorio direttamente interessato ai famosi “siti idonei” al posizionamento delle scorie nucleari, individuati da una triangolazione di istituzioni tra cui ISPRA e SOGIN, si preannuncia come la più grande mobilitazione istituzionale, mai realizzata nella Tuscia: gli organizzatori sperano anche in una grande partecipazione popolare. Hanno aderito tutti i comuni dell’intera area del viterbese. Un’adesione così ampia che dimostra la stanchezza di un territorio fuori dai radar della politica. Una reazione così forte l’Alto lazio non l’aveva vista nemmeno ai tempi della battaglia contro la centrale nucleare di Montalto di Castro, un elemento da non trascurare per comprendere come ad una vertenza specifica si uniscono altre sofferenze. Disagi che si vanno incancrenendo come quella dello sradicamento degli olivi secolari o l’impatto paesaggistico incontrollato causato dagli impianti fotovoltaici industriali, come lamentato da vari amministratori. Famiano Crucianelli, impegnato in prima linea per dare un futuro davvero sostenibile a un territorio che ama per nascita e per amore della sua rara bellezza, si dice rammaricato per l’assenza di un confronto laico con alcune associazioni ambientaliste nazionali (Legambiente e WWF in particolare). Discorso che vale sia per i depositi di scorie che per il posizionamento di impianti fotovoltaici industriali. Un confronto che se avvenisse, mettendosi in ascolto reciproco, potrebbe chiarire che non c’è nessuna sindrome di Nimby o posizioni preconcette. Nessuno, sostiene ancora il presidente del Biodistretto della Via Amerina, ha mai negato l’urgenza e la necessità di trovare, su scala nazionale, una soluzione al problema delle scorie nucleari. Questo non vuol dire accettare supinamente decisioni prese dall’alto senza un confronto democratico con le istituzioni locali e la popolazione, ancor di più se in una fetta di territorio che rappresenta l’1 per cento di quello nazionale si individuano il 40 per cento delle potenziali località idonee. Lo stesso ascolto andrebbe messo in campo per il posizionamento degli impianti industriali destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Anche in questo caso la posizione è chiarissima: sì alle comunità energetiche solidali, sulle quali il Biodistretto è attivo da tempo, no a una sorta di deregulation a danno del paesaggio e della vocazione agro-turistica di qualità. Il viterbese, come ci ricorda ancora una volta il presidente Famiano Crucianelli, ha messo in campo una scommessa molto importante sul tema della sostenibilità, partendo da quella agricola. Una politica di territorio che dovrebbe dare lustro alle politiche innovative regionali e nazionali invece di essere ignorata fino al punto di considerare la Tuscia come un deserto antropico da sfruttare senza nessuna considerazione di tipo sociale, economica e culturale. Praticamente tutta la provincia di Viterbo è inserita in uno dei 5 biodistretti che da qualche anno si stanno coordinando per assicurare un alto livello nella qualità della produzione agricola integrandola con un turismo di qualità. Per avere un’idea più chiara della piattaforma di lotta, alla base della grande marcia del 25 febbraio pubblichiamo i dieci punti redatti da istituzioni e comitati in cui i no ai depositi appaiono molto chiari. DIECI RAGIONI PER DIRE NO ALLE SCORIE NUCLEARI C’è più del 40% di possibilità che 95 mila metri cubi di scorie nucleari finiscano nella Tuscia, una provincia che rappresenta, per estensione, meno dell’1% del territorio nazionale. Inaccettabile. La società Sogin – commissariata e sulla cui trasparenza è intervenuta più volte la stessa magistratura – nella selezione dei siti italiani per lo smaltimento delle scorie nucleari ha impiegato una metodologia vecchia, arbitraria e sbagliata. La proposta della Sogin di mescolare all’interno di un solo deposito scorie a bassa e media intensità con scorie ad alta pericolosità è in contrasto con le norme vigenti attuali. Non è stato considerato il rischio grande di contaminazione di un territorio che incorpora già un alto grado di radioattività naturale ed è primo per incidenza dei tumori fra tutte le provincie del centro Italia. L’Ordine dei medici sostiene la incompatibilità del territorio viterbese con la scelta di farne il deposito di scorie nucleari. Si è ignorata l’origine vulcanica, la ricchezza delle falde di superficie, la problematica sismica e la vicinanza ai centri abitati, tutti fattori che moltiplicano i rischi di contaminazione radioattiva provocati dall’insediamento di un sito di scorie nucleari. Non si è tenuto alcun conto della presenza preziosa di aree naturali, di siti archeologici, dell’agricoltura locale che da sempre costituisce un patrimonio di eccellenze. Nella provincia di Viterbo vi sono 5 Biodistretti, riconosciuti dalla legge regionale 11/2019, essi rappresentano la maggioranza dei Comuni. I distretti biologici hanno come missione la sostenibilità ambientale, la qualità della produzione e della vita sociale. Queste strategie ecosostenibili sono incompatibili con una discarica nucleare. La selezione dei siti è avvenuta senza il coinvolgimento delle comunità locali. La Tuscia ha presentato numerose osservazioni critiche argomentate da accademici, ricercatori, produttori ed esperti. Non una di esse è stata presa in considerazione. Trentacinque sindaci del viterbese hanno chiesto di incontrare il Ministro Frattin. Dopo dieci mesi, fuori da ogni logica politica, nessuna risposta, nessun gesto di attenzione, nessun dialogo da parte del Ministro. Il deposito di scorie nucleari compromette la vocazione e il dinamismo sociale del viterbese, colpisce il suo patrimonio naturale ed economico, sarebbe la condanna della Tuscia all’assistenzialismo e alla regressione demografica e ad un futuro senza popolo.