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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

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PREAMBOLO



Il sottoscritto avv. Luca Santa Maria, avvocato del Foro di Milano, con studio in Foro Buonaparte,
44/a, deposita, da cittadino, il seguente breve esposto che integra, corregge e approfondisce, anche se
in sintesi, il documento preliminare già depositato alle S.V. nei giorni scorsi.

Premetto brevissime considerazioni.

Il ragionamento alla base dell’esposto è stato, in breve, il seguente.

Ho spostato mentalmente il focus da Miteni, l’autore materiale dei fatti, per concentrarlo sulle
sostanze, Cc6O4 e Genx il cui rilascio nell’ambiente è stato evento penalmente rilevante di
avvelenamento doloso e disastro Miteni dal 2010 (quando iniziano i primi “invii” sulla rotta Spinetta
Trissino) al 2018 e dalle due sostanze sono risalito alle due grandi industrie, Solvay e DuPont, che
Cc6O4 e Genx avevano creato, registrato e brevettato e dal cui uso industriale traevano profitto.

Nella nuova “narrazione” che con queste mosse è possibile costruire, Miteni diventa un personaggio
diverso, l’esecutore di un disegno pianificato da Solvay e Dupont.

I due giganti mondiali dovevano attuare “in vivo” la delicata transizione dal vecchio Pfoa ai nuovi
succedanei, i cui effetti sull’ambiente e sulla salute umana erano stati sperimentati solo “in vitro” nei
laboratori.

Una volta immesse nell’ambiente e nel corpo umano Solvay e Dupont sapevano che Cc6O4 e Genx
potevano rivelarsi, come in gran parte fu, molto più pericolosi di quanto comunicato in sede di
registrazione in Europa, ECHA, e Stati Uniti, EPA.

Proprio per questo, credo, che l’esperimento “in vivo” sugli effetti delle nuove sostanze nell'’ambiente
e nel corpo umano fu condotto clandestinamente, cioè senza autorizzazione dal 2010 al 2014 e con
autorizzazione palesemente illegittima della Regione Veneto dal 2014 al 2018 fino a quando fu
possibile beneficiare di connivenza o indifferente cecità dei controllori pubblici.

Entrambe le grandi industrie abusarono in modo consapevole del concetto di “contratto di circolo
economico” dato che entrambe sapevano che Miteni non si limitava a rigenerare prodotto e a
restituirlo ma smaltiva illegalmente i rifiuti pericolosi del processo, in ambiente causando il disastro
e l’avvelenamento poi accertato.

Un brevissimo appunto personale.

Negli anni in cui sono stato difensore di Solvay, non ho dovuto occuparmi professionalmente dei fatti
di cui parlo, per la ragione che Solvay non è mai stata coinvolta in indagini penali riguardanti Miteni
né ad Alessandria né a Vicenza, ed io ero un penalista.

L’esposto è una personale ricostruzione dei fatti di cui ho trovato la prova in fonti pubbliche aperte
di varia origine e, per ragionare correttamente a partire da essi, traendone logiche conseguenze, non
ho bisogno di svelare alcun segreto.

Non ho, naturalmente, la pretesa di aver scoperto la verità, anzi, non essendo un tecnico e lavorando
da solo, posso avere fatto errori, ma coltivo comunque la speranza di aver colto l’essenziale e di aver
fatto qualcosa di utile per la collettività.1



ESPOSTO


L’esposto si propone di portare all’attenzione delle S.V. una narrazione dei fatti del processo Miteni
che potrebbe integrare quella emersa dalle indagini della Procura di Vicenza e giudicati dalla Corte
d’Assise lo scorso 26 giugno 2025.

Gli eventi penalmente rilevanti, avvelenamento di acque destinate all’alimentazione e disastro
ambientale, ai soli fini di questo mio esposto può essere suddiviso in due parti, la prima consumata
fino al 2009-2010, per contaminazione prevalente da Pfoa, Pfas e altri Pfas di ”vecchia generazione”,
l’altra consumata a partire dal 2009-2010 fino al 2018, per contaminazione prevalente da Cc6O4 e
Genx, Pfas di “nuova generazione” prodotti registrati e brevettati da Solvay e Dupont per sostituire il
pericolosissimo Pfoa.

Cc6O4 e Genx erano e sono prodotti sintetizzati, registrati (all’ECHA e all’Epa) e brevettati da Solvay
nel 2012 e da Dupont nel 2009 per sostituire il Pfoa, che era destinato alla dismissione entro il 2015
per prescrizione Epa nota dal 2006.

Sia Dupont sia Solvay, ora Syensqo, come meglio sarà spiegato in seguito, decisero, in tempi diversi,
di delegare a Miteni una parte della produzione di Cc6O4 e Genx, in particolare l’estrazione del
prodotto dalle resine esauste dei processi industriali negli stabilimenti di Spinetta Marengo e di
Dordrecht in Olanda.

In Commissione Parlamentare è stato dichiarato che i rapporti Solvay – Miteni erano inquadrabili
nella forma del “contratto di circolo economico”.

Non è corretto e chi l’ha detto non può non saperlo.

Il “contratto di circolo economico” taceva che il circolo non era un circolo perché restava fuori lo
smaltimento finale delle resine lasciato a Miteni come si fa con il cerino acceso in mani altrui.

Silenzio non da poco fu.

Proprio lo smaltimento dagli scarichi nell’ambiente, attuato da Miteni con le modalità accertate nel
processo, fu la causa degli eventi di disastro ambientale per vastissime aree, nelle province di Verona,
Vicenza, Padova e avvelenamento doloso delle falde idriche che a sua volta provocò l’esposizione
diretta di centinaia di migliaia di esseri umani che per anni consumarono acque attinte avvelenate.

Lo storico processo penale istruito dalla Procura di Vicenza e recentemente deciso dalla Corte
d’Assise di Vicenza con condanne esemplari a ex top manager di Miteni, dell’azionista Icig e di
Mitsubishi ha fatto emergere parte del disastro, non tutto.




Solvay e Dupont non sono state coinvolte nelle accuse penali, nemmeno nella procedura di bonifica
e messa in sicurezza, e non sono state citate dal Ministero dell’Ambiente per risarcire il danno
ambientale.

La costruzione giuridica della responsabilità di Solvay e poi di Dupont-Chemours per il disastro di
Trissino è relativamente semplice e può anche prescindere dai ragionamenti che seguiranno, in parte
già anticipati, sulla ingerenza di Solvay in Miteni, che, invece, misurano lo spessore della
responsabilità che le due multinazionali hanno scampato.

Solvay - previo “contratto di circolo economico” con Miteni – produceva resine impregnate di Cc6O4
e, Miteni dopo averle trattate ed estratto Cc6O4 “rigenerato” ne smaltiva, al di fuori della logica del
contratto di circolo i rifiuti pericolosi, e l’una e l’altra operavano di concerto senza autorizzazione
più o meno dal 2010.

L’intero processo, cioè, era clandestino, almeno dal 2010 al 2014 e la conseguenza è che Solvay e
Miteni agirono in concorso a norma degli art. 110 e ss. del Codice penale nei delitti contestati e decisi
a Vicenza.

Il movente della storia di Trissino – altrimenti irrazionale – è la volontà di Solvay di compiere un
esperimento per verificare gli effetti di una sostanza, il Cc6O4, che, come detto, Solvay aveva
registrato in ECHA e brevettato per sostituire il bio persistente, bio accumulabile, tossico per fauna e
flora, cancerogeno per l’uomo.

Solvay sapeva che gli esperimenti “in vitro” non potevano bastare e sapeva di ignorare quasi del tutto
gli effetti che il Cc6O4 avrebbe prodotto sulla natura e sul corpo umano, e voleva costituirsi un alibi
nel caso l’esperimento “in vivo” fosse andato male, come di fatto andò.

Solvay sapeva anche di essere stata un po’ troppo “ottimista” quando comunicò ad ECHA,
beneficiando così di un iter autorizzatorio molto più lasco, che il Cc6O4 era un intermedio di
produzione e che, per questo, non era destinato a rilascio ambientale”.

Poco o nulla, poi, Syensqo ex Solvay poteva dire sugli effetti del nuovo Pfas sulla salute umana di
chi vi fosse stato esposto.

Chi può dire, con fondamento scientifico, che il Cc6O4 – come il Genx di cui si dirà subito – sia
meno cancerogeno del Pfoa che andava a sostituire?

L’esperimento fu condotto su una vasta popolazione ignara e su grande estensione di territori e falde
acquifere in Veneto, ma anche nell’aria, usufruendo di due poli industriali distinti a Spinetta
Marengo e a Trissino tra i quali dividere il lavoro secondo opportunità e convenienza.

Fino al 2018, il polo veneto era più sicuro di quello piemontese, dove dal 2008 erano iniziate serie
indagini della Procura anche se non sui Pfas, dal 2018, non più utilizzabile in modo sicuro il primo,
col pericolo che le indagini della Procura di Vicenza scoprissero il “gioco”,la produzione di Cc6O4
tornò a Spinetta Marengo.

Dupont ha operato in modo analogo a Solvay.

A Dordrecht nella fabbrica olandese di Dupont Chemours lo smaltimento delle resine con Genx, che
era il corrispondente del Cc6O4 sintetizzato per sostituire il Pfoa, era critico perché le autorità
avevano cominciato a prescrivere drastiche riduzioni delle emissioni in aria e acqua e la popolazine
cominciava a organizzare qualche protesta.

Per eludere prescrizioni e controlli a Dordrecht Dupont dal 2014 iniziò, imitando Solvay, a spedire le
resine, rifiuto pericoloso, a Trissino, dove evidentemente sapeva che di controlli e prescrizioni non
ce ne sarebbero stati.

L’AIA del 2014 della Regione Veneto legalizzava il “circolo economico”, dimenticando l’effetto
collaterale della necessità di smaltimento di grandi quantità di rifiuti, per i quali coerentemente non
fissava limiti di emissione agli scarichi (ma li fissava per Pfoa e Pfos che Miteni non produceva più
e quindi non scaricava).

L’AIA non fu, quindi, mezzo per impedire o minimizzare l’inquinamento, secondo quanto
prevede l’ordinamento giuridico, ma l’esatto opposto, ed era un provvedimento “aberrante”
dai fini che avrebbe dovuto perseguire.

Dal 2014 al 2018 Solvay e Dupont usano Miteni come mezzo per estrarre ulteriore prodotto, cioè i
loro sostituti del Pfoa e smaltitore di rifiuti pericolosi con un’autorizzazione rilasciata dalla
Regione Veneto palesemente illegittima.

La Procura della Repubblica di Vicenza, la pensa così, e infatti ha contestato agli imputati Miteni di
aver continuato ed anzi aggravato il disastro e l’avvelenamento, anche dopo l’AIA del 2014 fino
al 2018, prova che l’AIA non scriminava la condotta delittuosa.

Sia Solvay sia Dupont non potevano non sapere già da prima, cioè dall’inizio che Miteni smaltiva
tonnellate di rifiuti, come detto, senza vigilanza e con capacità tecnica rivelatasi colpevole che mai,
volontariamente, i due colossi controllarono come avrebbero dovuto.

Non sarebbe nemmeno necessario parlarne.
Il bilancio di massa tra resine consegnate da Spinetta a Trissino e quantità di Cc6O4 prodotto a
Trissino e consegnato a Spinetta, consente ex post di ricostruire, anno per anno, la quantità di resina
rigenerata causa dei successivi smaltimenti colpevoli.

Un bilancio di massa disponibile per il Genx di Dupont-Chemours indica che più del 75% delle
resine spedite da Dordrecht residuava dopo estrazione di prodotto ed era destinato allo smaltimento
da parte di Miteni.

I due giganti della chimica mondiale sapevano tutto ex ante e accettarono tutti i rischi.

Nessuno, poi, sapeva più di loro che cosa fossero Cc6O4 e Genx, quali i possibili effetti noti, quali
gli effetti non noti ma temibili e quindi i pericoli e i danni possibili.

Solvay, già in fase di registrazione Echa nel 2012, aveva segnalato l’estrema mobilità in acqua del
Cc6O4, solubile quasi come sale da cucina, capace, quindi, di viaggiare in falda quasi alla velocità
della falda stessa.

La straordinaria diffusione del Cc6O4 una volta immesso nelle falde acquifere, era, quindi, non solo
prevedibile, ma certamente previsto per chi ne era stato il “padre”.

Il totale disinteresse negli anni per le modalità tecniche con cui Miteni smaltiva le “sue” resine che
contenevano il guizzante e mobilissimo Cc6O4 è argomento forte come prova del dolo di Solvay.

Nel 2018 una lettera del Ministro dell’Interno del Governo olandese avvertì la Regione Veneto delle
capacità diffusive del Genx di Dupont, e non so quale risposta gli fu data in Regione.

Le indagini della Procura di Vicenza iniziarono prima e presto svelarono il drammatico disastro.

L’emersione giudiziaria determinò, quasi contemporaneamente nel 2018-2019, l’inizio del controllo
pubblico sistematico dei “nuovi” Pfoa prima a Trissino e poi a Spinetta. e determinò la chiusura
del polo di Trissino ma non di quello di Spinetta.

Se nel 2017-2018 la Procura della Repubblica di Vicenza non avesse avviato le indagini preliminari
scoprendo il disastro veneto, è altamente probabile che la situazione antigiuridica in atto non sarebbe
cessata negli anni a seguire.

Il fatto impressiona perché suggerisce che i giganti della chimica mondiale avessero “catturato”
il sistema del controllo pubblico e che solo il potere giudiziario di PM e Giudici ha potuto
stoppare l’azione che avevano pianificato.

Le ragioni della non difficile imputazione degli eventi veneti a Solvay sono anche altre, come dire,
più fondamentali.

Solvay poteva evitare di ricorrere a Miteni e restare, sin dapprincipio, a casa sua a Spinetta e il solo
fatto di aver dislocato a Trissino l’operazione che fu causa del disastro è stato condicio sine qua non
dell’evento che poteva e doveva risparmiare il Veneto.

Il reimpiego delle resine per estrarre Cc6O4 e Genx, l’operazione chiave della storia
dell’inquinamento di Trissino, per di più poteva e doveva essere evitata a spinetta come a Trissino.

L’AIA del 2021 rilasciata dalla Provincia di Alessandria a Solvay dà prova che la multinazionale
belga poteva e doveva agire diversamente.

La Provincia nel 2021 ha vietato il recupero di Cc6O4 e Genx per rigenerazione di resine e prescritto
a Solvay (Dupont è tornata a casa sua) la termodistruzione, con grande risparmio di rifiuti da
smaltire in ambiente anche se con minor ricavo a causa della minor disponibilità di prodotto.

Credo che Solvay l’avesse adottata già sua sponte nel 2018, sicché la Provincia semplicemente si
accodò.

La termodistruzione, meno dannosa per l’ambiente anche se meno redditizia perché riduceva la
produzione di Cc6O4, era doverosa già nel 2009 e negli anni a seguire, prima del 2021,
indipendentemente dal fatto che la Provincia l’avesse prescritta o no.

Il fatto che il provvedimento della Provincia non fosse in vigore nel 2009 quando tutto iniziò, è
penalisticamente irrilevante, altrimenti, se così’ si ragionasse, varrebbe la paradossale conclusione
che la colpa del controllore pubblico ricade a beneficio dell’inquinatore.

Nell’ordinamento, come noto, accanto alla colpa specifica per violazione di leggi e regolamenti c’è
la colpa generica per violazione di norme non codificate ricavabili dai principi dell’ordinamento
giuridico complessivo.

Il trade off tra costi e benefici imposto dalla Costituzione stessa era molto diverso da quello voluto e
realizzato da Solvay e Dupont.

Il disastro veneto fu, quindi, l’effetto di decisioni imprenditoriali razionali (che riflettono calcoli
costi- benefici corretti per il fine di fare profitti ma non corretti ai fini della tutela dei valori
dell’ordinamento giuridico) adottate dai due giganti che furono condizioni necessarie dell’evento
penalmente rilevante contestato a Vicenza.

Proprio in quanto decisioni umane razionali, esse non costituiscono solo colpa, cioè imprudenza
negligenza e imperizia, ma più probabilmente dolo, intenzionale o diretto o almeno eventuale.

Il disastro del Cc6O4 di Solvay e in parte del Genx di Dupont può essere potenzialmente considerato
parte di un disastro molto ampio.

È ormai noto, da campagne di monitoraggio ambientale pubbliche e private, che i nuovi Pfas sono
stati trasportati per via d’acqua e per via aerea o con altri impropri smaltimenti in ecosistemi e nel
sangue di esseri umani anche assai lontano dalle due fabbriche di Spinetta e Trissino con
un’estensione geografica che va dal Piemonte, la Lombardia e il Veneto, fino al fiume Po’, quindi
quasi tutto il Nord Italia.

Cc6O4 e Genx paiono marcatori genetici della loro origine industriale e questo agevola
grandemente la corretta imputazione degli effetti delle due sostanze.

In altri casi, come ad esempio la presenza ubiqua nell’ambiente della diossina o anche dell’amianto,
l’imputazione penalistica all’una o all’altra possibile causa è impossibile per la ragione che le fonti
di emissione industriale nell’ambiente di uno altro congenere sono sterminate.

L’esperimento di Trissino non si è rivelato un successo scientifico.

Gli effetti di Cc6O4 e Genx, “nuovi Pfoa”, già ora appaiono assai più gravi di quanto sperato e
dichiarato dalle due multinazionali nel mondo, cioè in Europa ed America, al momento della
registrazione dei prodotti.

Si è accennato alla caratteristica notevole mobilità in acqua del Cc6O4.e al fatto che, forse proprio
per questo, all’ECHA, Solvay suggeriva che il Cc6O4 “era intermedio di produzione non destinato
al rilascio ambientale”.

Non era vero e Solvay, se non lo sapeva sin dapprincipio, e sarebbe strano, lo potè comprendere
quasi subito, probabilmente già dal 2007-2008 quando iniziarono le sperimentazioni, e certo doveva
saperlo quando cominciò a inviare le resine a Trissino.

La lavorazione imposta a Miteni, come più volte detto, non era il “circolo virtuoso” decantato ma
all’opposto il “circolo vizioso” cha causò il disastro e l’avvelenamento.

Forse Miteni fu un pessimo gregario per Solvay ma Solvay, come è ovvio, doveva vigilare su di esso
e impedire appena possibile, cioè subito, il disastro in divenire, ma non lo fece e quindi deve
risponderne come garante, a tacer d’altro, della correttezza del trattamento della sua sostanza lungo
tutta la filiera fino allo smaltimento.

Anche Dupont sapeva che il Genx aveva grandi capacità di diffusione nell’ambiente e il fatto era noto
anche alle Autorità olandesi, tanto che Dupont – Chemours decise di lasciare l’Olanda e approdare in
Veneto, a Trissino, sapendo di beneficiare dell’AIA della Regione del 2014 e quindi di un regime
altamente permissivo.

ECHA considera il Genx candidato a entrare nella lista nera delle sostanze che creano elevata
preoccupazione per i loro effetti SVHCs) sulla base dei criteri di persistenza mobilità e tossicità.

Il Cc6O4 non è ancora candidato alla lista di proscrizione scientifica, forse anche perché in ECHA e
nel mondo, non è stato ben colto che, tra il 2009 e il 2028, il disastro Miteni non è stato valutato
ancora come disastro di Cc6O4 e Genx, i “nuovi” Pfoa.

Syensqo lo sa e, quindi, prova ad anticipare i tempi e promette ora di abbandonare l’utilizzo di CC6o4
nel 2026 ma la promessa rivela il fallimento almeno parziale dell’esperimento, quasi una
confessione anche se la si vorrebbe far passare come atto di misericordia verso la popolazione che
finora l’ha respirato.
Il prezzo dell’insuccesso scientifico dei due prodotti, succedanei del Pfoa, non è stato pagato, però,
né da Solvay né da Dupont che continuano a farsi propaganda ovunque per il fervido contributo dato
al progresso dell’umanità.

Il sociologo e antropologo Carl Rhodes lo chiama Capitalismo woke.

Il Cc6O4 oltreché straordinariamente mobile, è persistente, tossico per fauna e flora, e, soprattutto
per l’uomo, come il Genx e, quindi, entrambi assomigliano al Pfoa quanto a capacità di entrare nel
sangue di chi vi sia esposto, e, probabilmente, di restarvi molto a lungo, e di produrre effetti, quindi,
anche a medio e lungo termine.

La popolazione potenzialmente esposta ai due nuovi Pfas, succedanei del cancerogeno Pfoa, è
potenzialmente molto più grande di quanto sin qui stimato.

Si può già ora purtroppo parlare di morti e malattie e di una conta che ancora è da fare.

I dati scientificamente migliori vengono dal recente studio dell’Istituto Superiore di Sanità con
l’Università di Padova comunque limitati ai residenti nella “zona rossa” intorno alla fabbrica di
Trissino dove è stata stimato dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Università di Padova un eccesso
di quasi 4000 morti per tumore e malattia cardiovascolare espressamente – seppure con prudenza
scientifica – correlato a esposizione a Pfas fino al 2018.

Sarà necessario un follow up della coorte fino ad oggi, poiché lo studio non ha potuto stimare gli
effetti dei “nuovi Pfoa” colpevolmente misurati solo dal 2018-2019 per evidente inerzia pubblica e
privata, ma che, naturalmente, erano nell’ambiente e nei corpi umani almeno dal 2010 e nessuno può
dire che non furono concausali dell’evento.

Per Spinetta Marengo, patria del Cc6O4, sono disponibili due studi epidemiologici di mortalità e
morbosità su residenti in prossimità della fabbrica Solvay, condotti tra il 2019 e il 2020 da ASL
Alessandria e ARPA Piemonte.

Questi studi, come detto, datati 2019 – 2020, anni della “scoperta” pubblica dei “nuovi Pfoa”,
rivelavano entrambi un trend in aumento di mortalità e morbilità nelle zone nei dintorni della fabbrica
(una sorta di “zona rossa” piemontese).

Nessuno dei due studi condotti ad Alessandria correla gli effetti ad esposizione a Pfas, e di essi è
necessario un approfondimento metodologicamente più rigoroso.

I risultati degli studi piemontesi e veneti, pur non comparabili per le differenze tra le coorti e i diversi
metodi impiegati dai ricercatori, e le integrazioni necessarie, suggeriscono, con le riserve dette,
analogie sia nel rapporto dose-risposta (aumentando la dose si incrementa la risposta) sia per organi
target (malattie cardiovascolari e alcuni tipi di tumore) e depongono per un disastro sanitario di
proporzioni rilevanti.

I lavoratori delle due fabbriche hanno patito le più alte esposizioni a Pfas, prima vecchi ora nuovi, e
i più alti pericoli.

Il caso, recentemente deciso dal Tribunale civile di Vicenza, di un lavoratore deceduto per tumore
dopo aver subito altissime esposizioni a Pfas, probabilmente non è un caso isolato.

Non sono state eseguite, però, indagini epidemiologiche di coorte su alcuna delle due popolazioni
di lavoratori ed ex lavoratori delle due fabbriche, Trissino e Spinetta ed è lacuna scientifica grave
con riflessi giudiziari almeno penalistici che possono e debbono essere superati.

L’accertamento della causalità individuale è più difficile in assenza di accertamento di causalità
generale, e la prova della causalità generale è più solida se le Procure della Repubblica – come
già fatto in tanti altri casi giudiziari – dispongono di un rigoroso studio di coorte di mortalità
per la popolazione indagata in ambito penale.

Gli screening sanitari sulle popolazioni di Spinetta oltre che tardivi (è stata necessaria una vera
mobilitazione dal basso perché fossero avviati), presentano una anomalia per così dire procedurale:
che io sappia, la Regione Piemonte non permette alle persone cui è stato prelevato e analizzato
il sangue, di avere accesso ai loro esami clinici.

Si dice che si voglia evitare di diffondere allarmi infondati, ma nessuno, né la Regione Piemonte né
altri è in grado di spiegare perché l’eventuale allarme sarebbe infondato.

Credo che la Regione Piemonte stia deviando dai binari imposti dalla Costituzione.

Osservo che c’è un problema in diritto non facile anche perché nuovo.

Dottrina e giurisprudenza non si sono occupate della qualificazione penalistica del mero fatto della
presenza nel sangue umano di concentrazioni variabili di una sostanza introdottavi per causa
imputabile a un terzo, che ha agito senza consenso e quindi senza alcuna possibilità di rifiuto della
“vittima”.

Lavoratori e residenti, in Piemonte e in Veneto, e in altre parti d’Italia, a mio avviso, hanno subito un
atto di violenza quando, senza il loro consenso ed anzi senza alcuna previa informazione, hanno
dovuto tollerare che entrasse nel loro sangue una sostanza non naturale creata per il profitto di altri,
tanto più se la sostanza già ora, forse il Genx è altamente sospettabile di effetti dannosi alla salute.

È da studiare a fondo l’ipotesi giuridica che la presenza di Cc6O4 o Genx nel sangue, in
concentrazioni superiori ai valori soglia più accreditati scientificamente, imputabile a condotte
d’impresa ben identificate costituisca lesione personale penalmente rilevante, in quanto tale
perseguibile.

Una recente sentenza della Corte Suprema della Svezia ha stabilito che anche la sola presenza di Pfas
nel sangue - che sia riconducibile ad un produttore o smaltitore individuabile e risulti più elevata della
norma o dei valori-soglia accreditati - è fatto illecito civilisticamente generatore di un danno
risarcibile.

Sottolineo, ma non ve n’è bisogno, che ai fini dell’integrazione del delitto di disastro sanitario e di
avvelenamento di acque è sufficiente la prova del pericolo per la salute pubblica che è cosa ben
diversa dalla prova della causalità individuale di un singolo evento.

La mera presenza diffusa in una popolazione di Cc6O4 e Genx nel siero di una quota non irrilevante
di essa, implica che esista un pericolo concreto per la salute pubblica.

Se all’esposizione si sommino i risultati epidemiologici già oggi disponibili, non manca nulla.

Né Solvay né altri nel mondo possono garantire oggi che il Cc6O4 non sia un cancerogeno per
l’uomo più potente ancora del Pfoa, ma, di certo, se la prevenzione oggi possibile col monitoraggio
di tutti i lavoratori ancora in vita non fosse eseguita e non saranno fatti gli studi epidemiologici
doverosi, tra venti o trent’anni i lavoratori di Spinetta e anche quelli di Trissino avranno ragione di
dolersi delle attuali inerzie più o meno volontarie, pubbliche e private.

Solvay ha registrato all’ECHA il suo nuovo Pfoa come intermedio “non destinato al rilascio
ambientale” e, senza dati realmente probanti e completi, meno tossico per l’uomo del Pfoa, e
forse ora dovrebbe almeno chiedere “scusa” a chiu si trovi il DNA di Solvay nel sangue.

Solvay, nel 2025, avrebbe avviato un’indagine epidemiologica sui lavoratori di Spinetta, non so con
quale criterio scelti, per osservare l’eventuale comparsa di indicatori clinici di possibili processi di
cancerogenesi in atto.

L’indagine non è stata estesa, però, agli ex lavoratori di Trissino, che furono esposti alla stessa miscela
di Pfas di quelli di Spinetta, prima Pfoa e Pfos, e altri “vecchi”, e poi, almeno dal 2010-2011 a
Cc6O4.

A Trissino gli ex lavoratori che hanno nel corpo il Cc6O4 di Solvay sono, per Solvay, figli di un dio
minore?

La possibile tossicità e cancerogenicità del Cc6O4 non dipende dal luogo in cui il lavoratore,
esposto ad esso, contragga il cancro.

Se gli ex lavoratori di Miteni avessero segni precoci di possibili processi cancerogeni in atto e Solvay,
pur potendolo, non li avesse rilevati per tempo, a causa della decisione di non disporre le indagini
epidemiologiche a Trissino che invece dispone per Spinetta, Solvay potrebbe essere chiamata a
rispondere dell’eventuale ritardo nella diagnosi del tumore e quindi dell’eventuale decesso.

Responsabilità penale di oggi a carico di manager di oggi, ferme restando le responsabilità di
ieri.

La medesima argomentazione vale per gli effetti del Cc6O4 nell’ambiente che risulti emesso da
Miteni.

Solvay ha il dovere giuridico di acquisire la massima informazione scientifica possibile sugli effetti
del “suo” Cc6O4 ovunque si verifichino per dare immediata comunicazione di ogni dato
potenzialmente rilevante a ECHA e alle Autorità italiane, altrimenti ne risponderà.

Non è facile giustificare che le Autorità italiane, Ministero dell’Ambiente, Regione, Provincia,
Comuni non impongano sin d’ora il pieno coinvolgimento di Syensqo e di Dupont nella bonifica e
messa in sicurezza del sito ex Miteni di Trissino.

Ancor meno è giustificabile che le due multinazionali continuino a far la parte del “pesce in barile”
mentre altri stanno accertando misurando e rimediando i danni gravissimi causati dai “loro” nuovi
Pfoa che una grande popolazione subisce e subirà.

Sul piano strettamente giuridico, gli attuali vertici di Solvay – Syensqo e Dupont avevano il
dovere di agire già almeno dal 2018 per minimizzarne post factum gli effetti e la permanenza
del delitto omissivo dura ancor oggi, 2025, fatta comunque salva la responsabilità pre 2018, dei
vertici di allora, almeno dal 2009, come in questo esposto succintamente scritto.

Le responsabilità pubbliche, dalla cima della piramide, il Ministero dell’Ambiente, fino alla base,
Regione Provincia e Comune, sono macroscopiche nella storia di Miteni e non solo.

Prevale nelle Istituzioni un atteggiamento “benevolo” verso le grandi industrie che è scelta “politica”
ma non fondata giuridicamente ed anzi contraria alla vincolante gerarchia dei valori che la
Costituzione impone a chi abbia il dovere di garantire la salute collettiva e dell’ambiente.

La loro responsabilità penale, ex art. 40 del Codice penale, fondato sulla violazione sistematica e
volontaria dei doveri di controllo sulle fonti di pericolo per garantire realmente e non solo a parole,
la salute di tutti e di ciascuno, è già ora facilmente configurabile.

Solo il diritto penale, come dimostra la storia tragica di Miteni, ha l’intrinseca forza per indurre
almeno per il futuro tutti gli anelli del sistema di controllo pubblico a fare il loro dovere istituzionale.

Le S.V. valuteranno l’opportunità di indagini collegate con la Procura della Repubblica di Alessandria
poiché il filo conduttore del grande evento pare proprio il Cc6O4 prodotto a tutti gli effetti da Solvay
e lavorato per il profitto di Solvay come il Genx è prodotto Dupont.

Con osservanza

Milano, 3 ottobre 2025

(avv. Luca Santa Maria)