Che le mancate chiusure di molte attività economiche e quindi la circolazione e gli assembramenti di
lavoratrici e lavoratori avrebbero aumentato l’impatto della pandemia, lo abbiamo denunciato da sempre.
Aver piegato la testa ai diktat della Confindustria ha aumentato il costo umano e sociale del Covid. La
conferma arriva dal rapporto dell’Inail aggiornato al 28 febbraio sulle conseguenze della pandemia nei
luoghi di lavoro.
Secondo l’Inail la seconda ondata infatti ha avuto sul lavoro un impatto più grande della prima: il periodo
ottobre 2020-febbraio 2021 incide infatti per ben il 64,4% sul totale delle denunce di infortunio da Covid-19
sui luoghi di lavoro.
I casi mortali sono saliti a 499. Ciò significa che non aver fatto il lockdown come nella prima ondata ed aver
lasciato che fabbriche, magazzini, hub etc. funzionassero a pieno regime, ha esposto molti e molto di più
lavoratrici e lavoratori al contagio e, in alcuni casi, alla morte da Covid.
Un ulteriore conferma che le cose sono andate peggio proprio lì dove Confindustria ha preteso che non ci
fossero chiusure o fermi delle attività produttive, arriva dal dato secondo cui il 44,6% delle denunce di
infortunio da Covid sul lavoro arriva dal Nord Ovest, con la Lombardia che da sola concentra oltre un quarto
delle denunce di contagio sul lavoro (il 26,5%).
I contagi sul lavoro da Covid denunciati dall’Inail nella seconda ondata (tra ottobre e febbraio) sono il
doppio di quelli denunciati nella prima ondata (marzo-maggio 2020) con ben 101.000 denunce a fronte di
50.610. Il mese che ha avuto il numero più alto di denunce finora è novembre con 38.421. Rispetto al
monitoraggio effettuato al 31 gennaio 2021 (147.875 denunce) i casi di contagio sul lavoro in più denunciati
a febbraio sono 8.891.
Il 69,6% dei contagi ha interessato le donne, il 30,4% gli uomini. La componente femminile ha superato
quella maschile in tutte le regioni ad eccezione della Sicilia e della Campania. Ma, diventa inversamente
proporzionale il numero dei morti. Infatt