About Rete Ambientalista Al
Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Il nuovo volto del fascismo nel XXI secolo
Di Eva Maldonado* – Diario 16
Il volto contemporaneo dell'autoritarismo mascherato da volontà popolare
L'estrema destra ha smesso di essere un'anomalia politica ed è diventata una forza strutturale con
un'influenza crescente in numerose regioni del mondo. Lungi dall'essere limitata a espressioni
marginalizzate, la sua ascesa risponde a un profondo deterioramento del legame tra cittadini e
istituzioni, nonché a un uso efficace delle emozioni collettive – paura, risentimento e nostalgia –
per articolare discorsi esclusivi, basati sull'identità e profondamente autoritari.
Negli ultimi due decenni abbiamo assistito a una trasformazione silenziosa ma costante della
mappa politica mondiale. Dal trumpismo negli Stati Uniti al bolsonarismo in Brasile, passando per
l'espansione di partiti come Vox in Spagna, il Raggruppamento Nazionale in Francia e Fidesz in
Ungheria, la narrazione reazionaria è riuscita a consolidare la propria forza elettorale e
istituzionale. In tutti i casi, la narrazione è simile: un "popolo autentico" in pericolo, un'élite
corrotta che lo tradisce e una serie di "nemici" che incarnano questo presunto declino: migranti,
femministe, gruppi LGBTI, ambientalisti, stampa indipendente e persino giudici.
Questi movimenti si presentano come alternative al sistema, ma in realtà sono modi per
proteggerlo attraverso l'autoritarismo, riconfigurando la democrazia dall'interno per renderla
esclusiva, verticale e accondiscendente. Il linguaggio populista serve a nascondere politiche
profondamente conservatrici, se non addirittura regressivo: tagli ai servizi pubblici, restrizioni ai
diritti civili, attacchi all'istruzione e alla cultura, delegittimazione delle organizzazioni internazionali
e concentrazione del potere in figure forti, carismatiche e polarizzanti.
Non è possibile comprendere il fascino di questa ondata autoritaria senza analizzare il contesto in
cui è emersa. La precarietà economica, la frammentazione sociale, la perdita di un orizzonte
comune, il crollo dello stato sociale e la disillusione nei confronti delle democrazie liberali hanno
generato un profondo malessere che non sempre trova risposte nelle forze progressiste
tradizionali. Di fronte a questa orfanezza politica, l'estrema destra offre più di un semplice
programma: offre un significato. Identità, appartenenza, destinazione. Tutto questo è racchiuso in
narrazioni semplici, in cui ci sono vincitori e vinti, eroi e traditori, ordine e caos.
Ma le conseguenze sono devastanti. Laddove queste idee prosperano, le libertà individuali
vengono erose, i diritti vengono limitati, viene promossa la violenza simbolica e perfino fisica
contro le minoranze e prevale una cultura della paura che permea ogni sfera della vita: dalle
scuole ai social media, dal Parlamento alle strade.
Il caso dell'Ungheria è paradigmatico: Viktor Orbán ha trasformato uno Stato membro dell'Unione
Europea in un regime ibrido che attacca università, media e ONG, perpetuando al contempo il suo
potere attraverso riforme istituzionali su misura. In America Latina, la violenza politica è diventata
la normalità in alcuni settori, mentre le garanzie democratiche vengono erose in nome della lotta
alla criminalità o al comunismo. Nell'Europa occidentale, il linguaggio bellicoso dell'estrema destra
ha contaminato il dibattito pubblico e costretto i partiti tradizionali a irrigidire le proprie posizioni
per non perdere terreno.
La battaglia è culturale, politica e simbolica. E non si tratta solo di denunciare gli eccessi
dell'estrema destra, ma anche di offrire un'alternativa reale, credibile e promettente. Una politica
che parla ancora una volta di giustizia sociale, comunità, diritti, tutela dal mercato e dalla paura.
Una politica che considera la diversità non come una minaccia, ma come un tesoro da proteggere.
È necessario ripensare la democrazia non come un insieme di istituzioni formali, ma come
un'esperienza quotidiana di partecipazione, protezione e dignità. Rivendicare la proprietà
pubblica, rafforzare il tessuto sociale, garantire i diritti e ridistribuire il potere sono compiti urgenti
per fermare questa avanzata reazionaria. Altrimenti le democrazie che conoscevamo avrebbero
potuto sopravvivere solo nella forma, ma non nello spirito.
Traduzione automatica
*Redattore di Diario16, Consigliere della Presidenza della Conferenza Euro-Centroamericana.
Di Eva Maldonado* – Diario 16
Il volto contemporaneo dell'autoritarismo mascherato da volontà popolare
L'estrema destra ha smesso di essere un'anomalia politica ed è diventata una forza strutturale con
un'influenza crescente in numerose regioni del mondo. Lungi dall'essere limitata a espressioni
marginalizzate, la sua ascesa risponde a un profondo deterioramento del legame tra cittadini e
istituzioni, nonché a un uso efficace delle emozioni collettive – paura, risentimento e nostalgia –
per articolare discorsi esclusivi, basati sull'identità e profondamente autoritari.
Negli ultimi due decenni abbiamo assistito a una trasformazione silenziosa ma costante della
mappa politica mondiale. Dal trumpismo negli Stati Uniti al bolsonarismo in Brasile, passando per
l'espansione di partiti come Vox in Spagna, il Raggruppamento Nazionale in Francia e Fidesz in
Ungheria, la narrazione reazionaria è riuscita a consolidare la propria forza elettorale e
istituzionale. In tutti i casi, la narrazione è simile: un "popolo autentico" in pericolo, un'élite
corrotta che lo tradisce e una serie di "nemici" che incarnano questo presunto declino: migranti,
femministe, gruppi LGBTI, ambientalisti, stampa indipendente e persino giudici.
Questi movimenti si presentano come alternative al sistema, ma in realtà sono modi per
proteggerlo attraverso l'autoritarismo, riconfigurando la democrazia dall'interno per renderla
esclusiva, verticale e accondiscendente. Il linguaggio populista serve a nascondere politiche
profondamente conservatrici, se non addirittura regressivo: tagli ai servizi pubblici, restrizioni ai
diritti civili, attacchi all'istruzione e alla cultura, delegittimazione delle organizzazioni internazionali
e concentrazione del potere in figure forti, carismatiche e polarizzanti.
Non è possibile comprendere il fascino di questa ondata autoritaria senza analizzare il contesto in
cui è emersa. La precarietà economica, la frammentazione sociale, la perdita di un orizzonte
comune, il crollo dello stato sociale e la disillusione nei confronti delle democrazie liberali hanno
generato un profondo malessere che non sempre trova risposte nelle forze progressiste
tradizionali. Di fronte a questa orfanezza politica, l'estrema destra offre più di un semplice
programma: offre un significato. Identità, appartenenza, destinazione. Tutto questo è racchiuso in
narrazioni semplici, in cui ci sono vincitori e vinti, eroi e traditori, ordine e caos.
Ma le conseguenze sono devastanti. Laddove queste idee prosperano, le libertà individuali
vengono erose, i diritti vengono limitati, viene promossa la violenza simbolica e perfino fisica
contro le minoranze e prevale una cultura della paura che permea ogni sfera della vita: dalle
scuole ai social media, dal Parlamento alle strade.
Il caso dell'Ungheria è paradigmatico: Viktor Orbán ha trasformato uno Stato membro dell'Unione
Europea in un regime ibrido che attacca università, media e ONG, perpetuando al contempo il suo
potere attraverso riforme istituzionali su misura. In America Latina, la violenza politica è diventata
la normalità in alcuni settori, mentre le garanzie democratiche vengono erose in nome della lotta
alla criminalità o al comunismo. Nell'Europa occidentale, il linguaggio bellicoso dell'estrema destra
ha contaminato il dibattito pubblico e costretto i partiti tradizionali a irrigidire le proprie posizioni
per non perdere terreno.
La battaglia è culturale, politica e simbolica. E non si tratta solo di denunciare gli eccessi
dell'estrema destra, ma anche di offrire un'alternativa reale, credibile e promettente. Una politica
che parla ancora una volta di giustizia sociale, comunità, diritti, tutela dal mercato e dalla paura.
Una politica che considera la diversità non come una minaccia, ma come un tesoro da proteggere.
È necessario ripensare la democrazia non come un insieme di istituzioni formali, ma come
un'esperienza quotidiana di partecipazione, protezione e dignità. Rivendicare la proprietà
pubblica, rafforzare il tessuto sociale, garantire i diritti e ridistribuire il potere sono compiti urgenti
per fermare questa avanzata reazionaria. Altrimenti le democrazie che conoscevamo avrebbero
potuto sopravvivere solo nella forma, ma non nello spirito.
Traduzione automatica
*Redattore di Diario16, Consigliere della Presidenza della Conferenza Euro-Centroamericana.