About Rete Ambientalista Al
Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
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Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 1 Sommario “Intervento fatto a Caniparola (Fosdinovo) il 29 novembre per il 79° anniversario del rastrellamento nazi-fascista nella zona” – Antonella Cappé https://www.aadp.it/index.php?view=article&id=3812 “Assemblea semestrale dell'Accademia Apuana della Pace del 5 dicembre 2023”, - AAdP, 26/11/2023 https://www.aadp.it/index.php?view=article&id=3809 “Mercoledì 29 novembre 2023 è la Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese”, - Redaz. AAdP https://www.aadp.it/index.php?view=article&id=3811 “Marcia della Pace ad Assisi - 10 dicembre 2023. L'Accademia Apuana della Pace aderisce”, - AAdP, 26/11/2023 https://www.aadp.it/index.php?view=article&id=3808 “Guerra e femminicidio, la stessa cosa”, - Enrico Peyretti, 26/11/2023 https://www.aadp.it/index.php?view=article&id=3810 “Quando una guerra (non) finisce”, - Alessandro Gisotti, - 25/11/2023 https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023- 11/quo-271/quando-una-guerra-non-finisce.html “8 dicembre di lotta: Giornata Internazionale contro le Grandi Opere Inutili e Imposte”, - Presidio Europa No TAV, 26/11/2023 https://serenoregis.org/2023/11/26/8-dicembre-di- lotta-giornata-internazionale-contro-le-grandi-opere- inutili-e-imposte/ “Portuali contro la guerra”, - Atlante delle Guerre e dei Conflitti, José Nivoi, 26/11/2023 https://www.atlanteguerre.it/portuali-contro-la- guerra/ "In Nord Est Siria la Turchia torna a bombardare", - Redaz. di "Un Ponte per", 7/11/2023 https://www.unponteper.it/it/2023/11/nord-est-siria- la-turchia-torna-bombardare/ “Legge e ordine", - Lorenzo Guadagnucci, 27/11/2023 https://comune-info.net/legge-e-ordine/ "Minori stranieri non accompagnati: dopo la condanna della CEDU le violazioni permangono" - Ass.ne Studi Giuridici sull'Immigrazione – ASGI, 28/11/2023 https://www.asgi.it/notizie/minori-stranieri-non- accompagnati-dopo-la-condanna-della-cedu-le- violazioni-permangono/ “Fabio Mini a l'AD: La mattanza a Gaza è pianificata dalla dottrina Dahiy”, - Fabio Mini, 24/11/2023 https://www.lantidiplomatico.it/dettnews- fabio_mini_a_lad_la_mattanza_a_gaza__pianificata_d alla_dottrina_dahiya/5496_51739/ “Il NYT commenta così il numero delle morti a Gaza”, - Reda. de “L'Antidiplomatico”, 28/11/2023 https://www.lantidiplomatico.it/dettnews- il_nyt_commenta_cos_il_numero_delle_morti_a_gaza /8_51800/ "Ilan Pappé: «Deriva messianica, il sionismo verso la sua fine».” Chiara Cruciati, 28/11/2023 https://palestinaculturaliberta.org/2023/11/28/ilan- pappe-deriva-messianica-il-sionismo-verso-la-sua-fine/ “Nel mio attraversare la porta verso il cancello che mi avrebbe riportato alla libertà, sapevo che se non avessi lasciato andare la mia amarezza e il mio odio sarei rimasto ancora in prigione.” – Nelson Mandela “As I walked out the door toward the gate that would lead to my freedom, I knew if I didn’t leave my bitterness and hatred behind, I’d still be in prison.” – Nelson Mandela Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 2 “Intervento fatto a Caniparola (Fosdinovo) il 29 novembre per il 79° anniversario del rastrellamento nazi-fascista nella zona” – Antonella Cappé “La nostra Costituzione è l'eredità della lotta partigiana, della guerra di liberazione. È importante ricordare quello che successe 80 anni fa ed è doveroso continuare a portare avanti le idee e le istanze di libertà, giustizia sociale e pace che hanno mosso i partigiani e la Resistenza. Vorrei oggi parlare di guerra e Pace, perché come dice Papa Francesco, " stiamo vivendo la 3 guerra mondiale a pezzi". Sulla guerra l'art. 11 della Costituzione è chiaro " L'Italia ripudia la guerra---" non dice condanna... ma ripudia, un termine molto più forte. Proprio perchè avevano vissuto la guerra, i nostri partigiani ne hanno conosciuto gli orrori, e questo spiega la chiarezza senza mezzi termini, dell'articolo 11 della costituzione. Perchè dalla seconda guerra mondiale le guerre non si combattono solo al fronte, e tra gli eserciti, ma coinvolgono i civili; con i bombardamenti aerei si colpiscono le città, le persone comuni. Oggi oltre il 90 % delle vittime nelle guerre attuali, sono civili. Per questo nella nostra costituzione la condanna della guerra è così forte e viene usato il termine RIPUDIO. Dopo la seconda guerra mondiale si è sentita la necessità di mettere anche delle " regole" alle guerre, per attutirne gli orrori, per tutelare i più deboli e innocenti: le donne e i bambini. Nelle azioni militari si applicano le 4 convenzioni di Ginevra, e altri protocolli. I diritti umani che non possono essere violati in tempo di guerra, per il non rispetto dei quali si è deferiti alla corte penale dell'Aia, sono: l'assassinio e la mutilazione di bambini e bambine, gli attacchi a scuole e ospedali, gli stupri e altri tipi di violenza sessuale, il sequestro di bambini e la negazione di aiuti umanitari Oggi nelle guerre recenti, non ci sono più regole: non ci sono mai state regole nelle azioni terroristiche che volutamente vanno a colpire persone, civili, ammazzati nella loro quotidianità. Sono saltate in maniera impunita, anche le regole della guerra convenzionale, lo abbiamo visto bene nella guerra di Israele a Gaza: colpiti i civili, bombardate chiese, scuole ospedali, tolti i beni di prima necessità. acqua luce.... e questo è molto molto grave...per questo il nostro no alla guerra, il nostro ripudio della guerra deve essere ancora più forte e convinto. E il ripudio della guerra passa dal disarmo, non ci sono scorciatoie. Il tema del disarmo a partire dalla riduzione delle spese militari, dall'istituzione anche a livello europeo, dei corpi civili di pace, dall'adesione dell'Italia al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (in questi giorni c'è la conferenza internazionale e l'Italia anche come uditrice, ha rifiutato di partecipare) dallo studio di azioni diplomatiche di interposizione e non violente, deve diventare centrale per una politica che voglia portare davvero ad una convivenza sicura per tutti in popoli. Investire nelle armi è anche un pessimo affare, E' uscito in questi giorni uno studio di Greenpeace che denuncia che in Italia si è speso negli ultimi 10 anni il 132% in più per armamenti; nel rapporto si aggiunge: " Un miliardo investito nella difesa crea 3000 nuovi posti di lavoro, se il miliardo fosse investito nell'educazione, avremo 14 mila posti di lavoro in più, 10 mila nell'ambiente, 12 mila in sanità... Ancora prima di conoscere il rapporto , lo abbiamo detto tante volte che le risorse spese in armamenti avrebbero potuto essere investite in sanità, scuola, lavoro Le nazioni Nato della Ue spendono l’1,8% del loro Pil per le forze armate, e vogliono arrivare all'obiettivo del 2% del Pil, quindi questi investimenti in armi aumenteranno.... C'è un altro aspetto della guerra, subdolo e nocivo, l'aspetto culturale: in tempo di guerra , per preparare una guerra occorre ridurre le libertà democratiche, il libero pensiero, occorre sempre paventare un pericolo, individuare un nemico , un nemico interno che attenta alle nostre vite , alla nostra sicurezza e tranquillità, e da noi è lo straniero ( i nostri confini, i confini europei sono militarizzati non solo con km di mura, ma strumenti più moderni come i droni, i raggi laser, i sistemi biometrici...il nostro mare non ha mura ma spesso è direttamente una tomba. ) Poi ci sono le guerre esterne per le quali dobbiamo schierarci: non si può dissentire, il pensiero è unico, occorre solo obbedire, non si possono avere dubbi... (ricordate allo scoppio della guerra ucraina Russia, il trattamento subito nei media, Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 3 tv e giornali, per i pacifisti, giornalisti, preti che dissentivano dall'invio di armi? tacitati come filoputiniani...). Oggi, l'eredità che abbiamo avuto dai partigiani, uno stato libero e democratico, va nutrita e rafforzata, occorre l'impegno di tutti e tutte perché sia applicata la Costituzione, e il tema della Pace, a partire dall'applicazione dell'articolo 11, " L'Italia ripudia la guerra" può e deve diventare la cornice per un 'altra visione del mondo, giusto e solidale che consegna una prospettiva di futuro per tutti ma soprattutto per le giovani generazioni. Lo dobbiamo ai nostri partigiani perché il loro sacrificio non sia stato vano. Nell’ultimo decennio le spese militari dei Paesi Nato della Ue sono aumentate di quasi il 50%, dai 145 miliardi di euro nel 2014 a una previsione di bilancio di 215 nel 2023: più del Pil annuale del Portogallo. Con la guerra in Ucraina le spese militari per il 2023 dovrebbero aumentare di quasi il 10% rispetto al 2022. In Italia dal 2013, denuncia Greenpeace, si è speso il 132% in più per gli armamenti. La politica doveva essere distratta nel non dirci in maniera così chiara ed esplicita cosa è acceduto negli ultimi dieci anni, e non solo da destra. Valutazione politico economica chiave: un miliardo investito nella Difesa crea 3mila nuovi posti di lavoro, nell’educazione 14mila, 10mila nell’ambiente. Uno scarto ancora maggiore sull’occupazione: se nella difesa 1.000 milioni creano 3 mila nuovi posti di lavoro, nell’istruzione sarebbero quasi 14 mila, nella sanità più di 12 mila e quasi 10 mila nella protezione ambientale. Circa il quadruplo. Senza dubbio un pessimo investimento. Può uscire la guerra dalla storia? pensiamo di si, come siamo arrivati a condannare e punire l'omicidio individuale, se una persona ammazza un'altra persona, con l’attenuante della legittima difesa, che è anche questa regolamentata, viene punito e finisce in carcere. perchè la guerra che è la decisione di fare un omicidio collettivo, perchè non è altrettanto condannata? Tanti interessi: le guerre in africa a difesa per accaparramento delle materie prime, gli interessi dell'industria bellica, dei trafficanti di armi...” “Assemblea semestrale dell'Accademia Apuana della Pace del 5 dicembre 2023”, - AAdP, 26/11/2023 “Carissime/i, vi invitiamo a partecipare a questi due appuntamenti organizzati dall'Accademia Apuana della Pace: Il primo appuntamento, il 5 dicembre 2023, alle ore 17.00, presso il l'oratorio della Parrocchia dei Quercioli a Massa, avrà luogo l'assemblea semestrale dell'Accademia Apuana della Pace. È l'occasione per riflettere insieme sulla situazione, sulle iniziative messe in campo e per scegliere insieme come continuare a lavorare per la pace, il disarmo e la nonviolenza. Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 4 Nell'Assemblea poi saremmo chiamati a rinnovare i componenti del Senato e ad eleggere il/ la portavoce, incarichi giunti a conclusione del loro mandato. Il secondo appuntamento nazionale è la Marcia della Pace ad Assisi del 10 dicembre p.v. per il “Cessate il fuoco e per non rassegnarsi alle guerre!”, che prevede alle ore 10.00 un incontro di riflessione e di proposte, con collegamenti on line con gruppi pacifisti israeliani e palestinesi. Alle 14.30 ci sarà una marcia per la pace da Santa Maria degli Angeli ad Assisi. Per l'occasione l'Accademia Apuana della Pace organizza un pullman, con partenza alle ore 5.15 a Carrara dal piazzale Esselunga, e alle ore 5.30 a Massa di fronte al Centro Verde Giovannelli. Per prenotare telefonare ore pasti o messaggio su WhatsApp al n. 329-0780298 (si ricorda che è previsto un contributo per le spese di noleggio del pullman).” - Accademia Apuana della Pace “Mercoledì 29 novembre 2023 è la Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese”, - Centro di Ateneo per i Diritti Umani A. Papisca, Comitato promotore Marcia Perugia - Assisi, Università degli Studi di Padova “Condividiamo il documento proposto da Centro di Ateneo per i Diritti Umani A. Papisca, Comitato promotore Marcia Perugia - Assisi e Università degli Studi di Padova per il 29 novembre, Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese.” Il documento può essere consultato alla pagina web: https://www.aadp.it/edocman/palestina/doc3608.pdf “Marcia della Pace ad Assisi - 10 dicembre 2023. L'Accademia Apuana della Pace aderisce”, - AAdP, 26/11/2023 “Guerra e femminicidio, la stessa cosa” - Enrico Peyretti, 26/11/2023 “Ieri (25 novembre, ndr) grandi manifestazione per la liberazione delle donne dal maschilismo violento. Intanto, questa tragedia e vergogna umana - la guerra Hamas-Israele, Israele-Palestina, come Russia-Ucraina, Ucraina-Russia, come tutte le altre che non guardiamo - è fallimento di umanità, di cui dobbiamo sentirci tutti responsabili per legami storici, culturali, economici, kako-antropologici. La reazione sana all'ultimo delitto maschio contro femmina, può essere un inizio di riscatto, se vediamo che questa violenza privata, perdita e rinnegamento di umanità, è la stessa identica sostanza delle guerre politico-statali-etnico-economiche-suprematiste che una politica subumana giustifica e alimenta. Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 5 É lo stesso fenomeno di disumanità, di perdita, di morte imperante volontaria, che accade nel privato come nel politico. Lo stato, il governo, la classe dirigente, il potere economico che fanno una guerra, sempre ingiustificabile e criminale, agiscono come l'uomo, fallito in umanità, che uccide la donna che voleva possedere e dominare, schiavo della propria incapacità di vivere in relazione. Dove c'è guerra, e preparazione di guerra (armi, enormi strutture omicide, stragiste, volontà di dominio, non di difesa), c'è delitto, come nel femminicidio. Quando vorremo liberarci radicalmente dalla guerra, da ogni guerra? Le donne possono farlo. Aiutiamole tutte, tutti.” “Quando una guerra (non) finisce”, - Alessandro Gisotti, - 25/11/2023 “Si è soliti affermare che l’unica cosa certa quando inizia una guerra è che essa, prima o poi, finirà. Amara consolazione e tuttavia neppure così corrispondente alla realtà. Se infatti in un passato lontano i conflitti coinvolgevano “solo” gli eserciti in aree lontane dai centri abitati, da ormai troppo tempo — e sempre di più, come riportano le cronache di questi anni — a farne le spese sono i civili e, tra loro, soprattutto i bambini. Dunque, la guerra, una volta iniziata, in realtà non finisce mai. Dura almeno una intera generazione, quella che l’ha subita. Ecco perché ruba la speranza: perché come un buco nero s’inghiotte il futuro ben oltre lo sparo dell’ultimo colpo di mortaio. Lo sanno bene quanti — una volta cessate le ostilità — tornano a casa dopo essere stati al fronte o, ancora peggio, essere stati prigionieri di guerra. Sono persone provate nel fisico e ancor più piegate nello spirito, perché alcune cicatrici sulla pelle si assottigliano con il tempo, mentre quelle sull’animo fanno fatica a cicatrizzarsi. Dopo la guerra in Vietnam, si è definita a livello medico la condizione patologica in cui vivevano — o meglio sopravvivevano — i reduci americani: Post Traumatic Stress Disorder. Quanti oggi, nella “Terza Guerra Mondiale a pezzi”, si trovano proprio in quella stessa situazione, se non peggio? E quante persone — mogli, figli, genitori — vedranno la loro vita scossa per sempre perché il marito, il padre o il figlio che ha vissuto gli orrori della guerra non sarà più lo stesso di prima, una volta tornato da loro? Ci sono poi quelli che a casa non torneranno più. «All’entrata — ha detto Francesco il 2 novembre scorso al War Cemetery di Roma — io guardavo l’età di questi caduti. La maggioranza è tra i 20 e i 30 anni. Vite stroncate, vite senza futuro... E ho pensato ai genitori, alle mamme che ricevevano quella lettera: “Signora, ho l’onore di dirle che lei ha un figlio eroe”. “Sì, eroe, ma me l’hanno tolto!”». Questa è la guerra che, una volta iniziata, non finisce mai davvero del tutto. Il Papa lo sa, ne sente tutto il peso e per questo non smette di ripetere che non dobbiamo rassegnarci alla sua logica, la logica di Caino. Lo fa con i suoi instancabili appelli. Con la preghiera e il digiuno, le armi potenti dei discepoli di Cristo. E lo fa, con coraggio, incontrando quanti sono vittime delle guerre, di tutte le guerre. Incontri dove tocca con mano le ferite del mondo e, assieme alle parole, comunica con lo sguardo, l’ascolto e il silenzio, “strumenti” privilegiati di tenerezza e consolazione. Strumenti di chi sogna una “Chiesa ospedale da campo”. “8 dicembre di lotta: Giornata Internazionale contro le Grandi Opere Inutili e Imposte”, - Presidio Europa No TAV, 26/11/2023 “Marcia popolare NO TAV – Venerdì 8 dicembre 2023, da Susa a Venaus” “8 dicembre di lotta. Da sempre l’8 dicembre per il Movimento No TAV è un momento di ricordo della grande giornata di lotta e resistenza del 2005 ma è soprattutto uno sguardo che dal passato volge al futuro per continuare la battaglia contro il progetto del treno ad alta velocità Torino Lione, un Crimine Climatico. Quest’anno le iniziative in programma, che coincidono anche con la 14a Giornata Internazionale contro le Grandi Opere Inutili e Imposte, permetteranno a tutti noi di marciare insieme lungo i sentieri e i luoghi della Valle che Resiste e di rafforzare i sentimenti e gli ideali che, da più di 30 anni, muovono l’opposizione a quest’opera ecocida e devastante. Ancora una volta questa data ci ricorda che la nostra lotta è più che mai attuale e viva, e rafforza la nostra solidarietà con le altre lotte nazionali e internazionali. Il cambiamento climatico in atto ha delle conseguenze terribili: siccità, temperature anomale, scioglimento dei Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 6 ghiacciai e perdita di biodiversità all’interno dei territori sono solo alcune di queste. Le nostre montagne, violentate dai cantieri TAV, sono l’esempio di questa devastazione che andrà ad agire sulla nostra salute e sul suolo prosciugando le falde acquifere del territorio. Anche in Francia i comitati territoriali e alcune amministrazioni si sono mossi negli anni e si stanno mobilitando ancor di più per denunciare le conseguenze idrogeologiche della costruzione del tunnel ferroviario Torino-Lione costituendo con noi un fronte comune. La voracità del TAV imperversa in Val di Susa non solo nel cantiere di Chiomonte o all’autoporto di San Didero, ma anche per le strade della valle piene di camion (quasi un centinaio al giorno) ricolmi di materiali sicuramente dannosi per la nostra salute. Inoltre campi e terreni tra Susa e Bussoleno sono oggetto quotidiano di sondaggi, prese di possesso ed espropri. Lavori propedeutici alla futura costruzione dell’asse di interconnessione tra i due paesi e fonte di litigi tra gli amministratori per l’accaparramento della costruzione di una fantomatica stazione internazionale. Nel frattempo, TELT e il Gruppo Gavio, continuano imperterriti a fare i propri interessi spartendosi gli appalti dei lavori: basti pensare che, oltre Sitaf con l’autoporto, anche “Itinera” (sempre del Gruppo Gavio) si è “aggiudicata” l’appalto del tunnel di base a due canne di 57,5 km. Allo sperpero di denaro pubblico e alla distruzione dei territori si accompagna la crescita delle disuguaglianze sociali e politiche sempre più volte a ledere la libertà di espressione del dissenso e a criminalizzare la povertà e l’immigrazione. L‘appuntamento dell’8 dicembre si inserisce inoltre in un quadro mondiale caratterizzato da guerre e nuovi colonialismi. L’occidente bianco e suprematista continua a voler ridisegnare l’ordine mondiale, basti pensare allo sterminio in atto del popolo palestinese. Cresce la produzione e il commercio delle armi mentre gran parte dell’umanità è costretta alla fame e all’esodo forzato. Anche il progetto TAV Torino-Lione fa la sua parte in quanto, come infrastruttura TEN-T a duplice uso civile- militare sarà adatto al trasporto di armi, una prospettiva in sintonia con gli attuali venti di guerra che stanno determinando la trasformazione dell’industria e della ricerca torinese, prima volte alla produzione di automobili, a polo bellico. Oltre i governi e le loro politiche ci siamo noi con i nostri corpi, le nostre idee e la nostra capacità di vigilare sul territorio. L’invito per tutt* per questo 8 dicembre è quello di raggiungere la Val di Susa, la Valle che resiste, per la grande marcia popolare da Susa a Venaus e per le tante altre iniziative che attraverseranno la nostra terra in quei giorni. L’8-9-10 saranno tre giornate di lotta, dibattito, socialità e di iniziative ai cantieri. Prepariamoci tutti ad un lungo fine settimana di unione e lotta!” “Portuali contro la guerra”, - Atlante delle Guerre e dei Conflitti, José Nivoi, 26/11/2023 “Genova – José Nivoi ha 37 anni ed è portavoce dei Calp di Genova, il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali del capoluogo ligure. Lavora sulle banchine del porto da quando ha 21 anni. Dopo aver animato le battaglie contro le navi delle armi dirette in Arabia Saudita, con il collettivo portuale, oggi è anche sindacalista di base dell’Usb. Insieme al collega Corrado Majocco è stato invitato all’evento per la pace convocato il 2 maggio da Michele Santoro al teatro Ghione di Roma. Chiamati sul palco, i due compagni sono stati accolti con una standing ovation, segno che le lotte sociali e politiche che portano avanti sono apprezzate in tutta Italia. Ma veniamo all’attualità, drammatica e stringente. I portuali italiani – e non solo – stanno alzando la voce contro l’esportazione di armi verso Israele e negli ultimi giorni si stanno susseguendo senza sosta scioperi, presidi e blocchi delle navi al grido di “non vogliamo essere complici della guerra”. Come già fatto in passato, gli operai si rifiutano di caricare le navi con gli armamenti. «È solo il primo passo di un percorso a sostegno del popolo palestinese», dichiara José. «Siamo contro tutte le guerre – prosegue –, siamo internazionalisti e quindi appoggiamo il diritto alla resistenza dei popoli oppressi e brutalizzati dal colonialismo, come i palestinesi. Siamo per lo scioglimento della Nato in quanto non abbiamo dubbi sul ruolo nefasto esercitato da questa organizzazione, che è nata e si è sviluppata per garantire il dominio Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 7 dell’imperialismo USA e occidentale sul resto del mondo». Qualche anno fa il Calp decise di bloccare alcune navi saudite che trasportavano armi in Yemen, dove sulla pelle della popolazione si stava scatenando l’inferno di una delle tante guerre dimenticate in questi anni. «Raccoglievamo quindi un testimone che non era mai stato perduto – ricorda José –, quello lasciato dai portuali genovesi che bloccavano le armi americane dirette in Vietnam, usate per tentare, senza riuscirci, di sconfiggere l’eroica resistenza antimperialista di quel popolo». Oggi la guerra in Ucraina continua e la situazione a Gaza, con il genocidio dei palestinesi, fa risultare ancora meglio come alcune delle intuizioni che avevamo avuto anni prima si siano, purtroppo, avverate», prosegue José. «Da molto tempo infatti segnalavamo un pericoloso aumento di traffici di armi nei porti: non è stato difficile per noi capire che le guerre non scoppiano da un giorno all’altro, ma vengono preparate nel tempo». La guerra tra Israele e Hamas è entrata anche nei porti italiani e internazionali. Da giorni i sindacati italiani legati ai portuali, in particolare in città come Genova, si stanno mobilitando per bloccare le spedizioni di armi via mare a Israele. “Non vogliamo partecipare al massacro”, il messaggio che si legge sui volantini di protesta in riferimento all’offensiva bellica israeliana su Gaza, che in un mese avrebbe già causato oltre 10mila morti. E manifestazioni di questo tipo sono in corso anche all’estero, dalla Spagna al Belgio, fino agli Stati Uniti. Siamo internazionalisti e quindi appoggiamo il diritto alla resistenza dei popoli oppressi e brutalizzati dal colonialismo, come i Palestinesi”. “La catena logistica è necessaria ad alimentare i conflitti rifornendoli di armamenti e noi non vogliamo fare parte di questo ingranaggio”. Lo scrive in un comunicato il Calp nell’annunciare la mobilitazione nel porto di Genova per bloccare l’invio di armi a Israele. Rispondendo all’appello dei sindacati palestinesi e mobilitazione internazionale, il sindacato USB, il collettivo lavoratori portuali e altre sigle pacifiste hanno bloccato il porto di Genova. Sono gli stessi lavoratori che già bloccarono le navi della compagnia Bani dirette verso l’Arabia Saudita cariche di armi. Circa 400 di loro da qualche giorno hanno dato vita a un presidio davanti al varco portuale di San Benigno a Genova in segno di protesta contro il conflitto israelo- palestinese e il trasporto di armi verso i Israele da parte della Zim Integrated Shipping Services (Zim), la compagnia marittima israeliana che si è messa a disposizione per trasportare materiale bellico verso lo Stato ebraico. Continueremo a seguire la situazione per capire come si evolverà e soprattutto per raccontare queste piccole grandi sacche di resistenza che, se opportunamente intessute in una grande rete, possono fare davvero la differenza.” "In Nord Est Siria la Turchia torna a bombardare", - Redaz. di "Un Ponte per", 7/11/2023 “Una nuova operazione militare turca, che prosegue a fasi alterne dal 2019, torna a spaventare la popolazione. E a danneggiare gravemente le strutture civili.” “Nei giorni in cui la tragedia palestinese è tornata ad imporsi alle cronache, ricordando al mondo la sua urgenza, il governo turco è tornato a bombardare il Nord Est Siria, compiendo un attacco tra i più duri dell’ultimo anno. Non lo hanno raccontato i media, ma dal 5 al 10 ottobre scorso le forze armate turche hanno condotto un’aggressione durissima contro la popolazione dell’area. Questa volta sono stati presi di mira target civili, infrastrutturali ed energetici. I bombardamenti hanno colpito oltre 150 siti nei governatorati di Hassakeh, Raqqa e Aleppo, provocando decine di vittime e distruggendo centrali elettriche e idriche, che hanno comportato il taglio di acqua ed elettricità in tutta la regione. Come denuncia l’Amministrazione Autonoma, i danni alle infrastrutture hanno avuto un impatto gravissimo su 4,3 milioni di persone, mettendo completamente fuori uso 18 centrali idriche e 11 centrali elettriche, tra cui quella di Sweidiya, che fornisce gas ed elettricità a tutte le regioni del Nord Est; e quella di Qamishlo, che sostiene 40mila famiglie. Attacchi che hanno reso impossibile la distribuzione di energia elettrica e acqua almeno fino al 18 ottobre. Una situazione già denunciata in passato dalla società civile, che lancia l’allarme sulla diffusione di malattie come il colera a causa della mancanza di acqua pulita. I due ospedali di Al-Jazira e Kobane sono stati messi completamente fuori servizio. Le lezioni scolastiche sono state interrotte, lasciando a casa migliaia di studenti e studentesse che frequentano 48 scuole. Il numero totale di siti civili presi di mira dalle Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 8 forze armate turche è arrivato a 104, nel corso di 580 incursioni aeree e terrestri da Derik fino a Al-Shahba, che hanno colpito la quasi totalità del Nord Est Siria. Durante l’aggressione, sono state uccise almeno 50 persone e altrettante sono rimaste ferite. La popolazione, già alle prese con una grave crisi idrica dovuta alla siccità dei mesi estivi, si trova adesso in grave difficoltà e il livello dei danni provocati a servizi essenziali eccede la capacità di risposta delle organizzazioni umanitarie che operano sul campo. Come fanno sapere i nostri colleghi e colleghe locali, le operazioni militari hanno provocato la distruzione di numerose centrali elettriche e, di conseguenza, messo in ginocchio gli ospedali locali e causato gravi danni alle scorte di medicinali che è necessario conservare nei frigoriferi. Ma la situazione peggiore, avvertono, è quella che si registra nella regione della Jazira, dove la mancanza di acqua pulita sta rischiando di creare danni importanti. “Non è la prima volta che ci troviamo a fronteggiare le drammatiche conseguenze degli attacchi turchi nell’area” - ci racconta Luca Magno, Desk Programmi in Siria di Un Ponte Per - “Stiamo lavorando con i nostri partner per fare la nostra parte e fornire nuovi generatori e pannelli solari, assicurare assistenza medica attraverso le Unità mobili per coprire i bisogni dei villaggi e dei campi per sfollati/e colpiti, come quello di Washokhani. Le persone sono molto spaventate, dobbiamo rassicurarle, far sentire loro che non sono sole e che siamo pronti a ricostruire quello che la guerra distrugge, ogni volta che sarà necessario”. “Legge e ordine", - Lorenzo Guadagnucci, 27/11/2023 “Ricordate il “pacchetto Prodi” di quindici anni fa? Era l’epoca dell’ordinanza fiorentina contro i lavavetri, della legittimazione della “insicurezza percepita”, nonostante l’inesistenza di un’emergenza criminale, come motivo sufficiente per inasprire le pene, colpire gruppi sociali marginali, offrire nuovi strumenti d’azione alle forze dell’ordine. Da allora è stata un’escalation senza fine, ultimo epigono l’attuale governo che ora interviene da par suo. La guerra contro indesiderati e disturbatori - spiega Lorenzo Guadagnucci su PerUnaltracittà - fa il suo orribile salto di qualità.” “Ha scritto Miguel Benasayag, psicoanalista e filosofo militante, che la “promessa di sicurezza è una falsa promessa”: chiede in cambio un po’ di libertà e genera l’opposto di ciò che lascia intravedere; genera regolarmente insicurezza. Che altro pensare dell’ennesimo pacchetto sicurezza governativo? Stavolta la firma in calce è di Giorgia Meloni e dei suoi ministri, ma lo schema non cambia, dal “pacchetto Prodi” in poi. Era l’epoca dell’ordinanza fiorentina contro i lavavetri, della legittimazione della “insicurezza percepita”, nonostante l’inesistenza di un’emergenza criminale, come motivo sufficiente per inasprire le pene, colpire gruppi sociali marginali, offrire nuovi strumenti d’azione alle forze dell’ordine. Da allora abbiamo assistito a un’escalation senza fine, ultimo epigono l’attuale governo di destra-destra, che interviene da par suo, facendo gridare – inevitabilmente – al populismo penale, alla scure autoritaria, allo stato di polizia. Cambiano le norme, si inventano nuovi reati, si prevedono pene strabilianti, ma sempre dentro la medesima cornice di almeno quindici anni fa, fondata su tre presupposti: un’inesistente emergenza criminale o microcriminale; la proposta di uno stato forte, che usa il pugno di ferro contro devianti e disturbatori; il rifiuto d’intendere la sicurezza secondo la sua storica accezione di sicurezza civica e sociale, nell’uguaglianza e nella solidarietà. Il governo Meloni presenta dunque i suoi disegni di legge, tanto banali quanto pericolosi (qui il comunicato di Palazzo Chigi); in attesa che il parlamento ne discuta, possiamo riassumerli, anziché punto per punto, ordinandoli secondo le minoranze colpite, le fattispecie evocate, i soggetti favoriti, sempre ricordando che il principale intento non è pratico, ma propagandistico, e teso comunque a disciplinare la vita pubblica secondo l’antico, sempreverde motto “legge e ordine”, pur sapendo che la promessa di sicurezza in cambio di libertà, durante una falsa emergenza, dissemina ingiustizia, rabbia e quindi genera insicurezza. Indesiderati. Dice Palazzo Chigi, quasi con nonchalance, che “si modificano le norme relative al rinvio della pena per donne incinte e madri di bambini fino a un anno di età, in modo da rendere tale rinvio facoltativo anziché obbligatorio”, una norma tradotta non a torto dai media con il titolo: “più bambini in carcere”. Un’aberrazione. Ma anche un messaggio, perché lo spirito della norma non guarda ai bambini ma alle madri, in particolare alle madri rom, anzi alle “borseggiatrici rom”, simbolo mediatico e politico di infinite campagne Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 9 sull’emergenza sicurezza in città. Quanti titoli, quanti articoli abbiamo letto sulle “ladre che appena prese tornano libere perché sempre incinte, sempre coi figli piccoli attorno”? Altre norme su misura, col medesimo obiettivo, prevedono “Daspo ad hoc” per impedire di avvicinarsi alle stazioni ferroviarie per “soggetti denunciati o condannati per reati contro la persona o il patrimonio” e l’innalzamento da 14 a 16 anni dell’età considerata per configurare il reato di costrizione all’accattonaggio. Insomma, fuori dai piedi i mendicanti e carcere più facile per le donne rom. Disturbatori. Secondo i canoni del diritto, le norme dovrebbero avere caratteri “generali” e “astratti”, senza riferirsi cioè a casi specifici, ma come non pensare agli attivisti ecologisti di Ultima Generazione e altri gruppi – imprudentemente e colpevolmente definiti da molti media “eco-teppisti” se non “eco-terroristi” – di fronte alle nuove norme che prevedono la trasformazione in reato penale, da illecito amministrativo qual era, per i casi di “impedimento della libera circolazione su strada ordinaria” quando il fatto è compiuto “da più persone”. Una norma che potrebbe riguardare anche certe manifestazioni sindacali. Altri disturbatori individuati dal pacchetto sicurezza Meloni sono quei migranti e quei carcerati che non piegano la testa e magari cercano di protestare di fronte a costrizioni e angherie. Sembrano pensate per loro le norme che puniscono la “rivolta” (anche come “resistenza passiva”) nelle “strutture di accoglienza e di contrasto all’immigrazione illegale” e la configurazione in un nuovo reato, il “delitto di rivolta in istituto penitenziario”, una fattispecie di per sé superflua (sono in corso numerosi processi per reati compiuti da detenuti durante rivolte carcerarie), ma utile a marcare il territorio e mandare un messaggio esplicito alle forze di sicurezza, alle prese, a loro volta, con alcuni processi per il crimine di tortura, a seguito di fatti avvenuti proprio durante presunte o reali rivolte carcerarie. Altri disturbatori individuati con nuove norme ad hoc, sono gli “occupanti di immobili destinati a domicilio altrui”, una presunta emergenza delle cui dimensioni ben poco si sa e a prima vista coperta da figure di reato già esistenti. Lisciare il pelo. Non si capisce la reale natura del pacchetto sicurezza Meloni senza leggere le norme dedicate alle forze dell’ordine, da tempo sotto stress per le carenze d’organico e altri deficit strutturali (nella formazione, nella trasparenza, nelle regole d’accesso, nelle retribuzioni), ma anche sfregiate, nella propria immagine e credibilità, da numerosi casi di conclamati e documentati abusi. Oltre a quanto già stabilito per il carcere, il governo Meloni prevede di aumentare ancora una volta le sanzioni per casi di resistenza, minaccia e violenza verso agenti in servizio e anche per “imbrattamenti” commessi con “la finalità di ledere l’onore, il prestigio o il decoro dell’istituzione cui il bene appartiene”, fino alla detenzione in caso di recidiva. E aggiunge, a sorpresa, la facoltà per gli agenti di pubblica sicurezza di “portare senza licenza un’arma diversa da quella di ordinanza quando non sono in servizio”, una misura di cui si è minimizzata la “ratio” (le pistole d’ordinanza sono ingombranti e scomode, ha spiegato il ministro dell’Interno Piantedosi), ma che pare, ancora una volta, un messaggio “da duri a duri”, o presunti tali, e anche un modo per legittimare la circolazione delle armi come strumento di autodifesa universale da non precisate minacce. Il pacchetto Meloni include varie altre norme e fattispecie di cui ci sarà tempo per discutere in parlamento, ma ne varrà davvero la pena solo se prenderà finalmente forma, nelle aule di Camera e Senato e soprattutto fuori, una forte consapevolezza che serve a poco discutere dei singoli provvedimenti senza mettere in discussione la cornice che li rende possibili. Il bisogno di sicurezza – sociale, umanitaria, esistenziale – è reale per molte persone e dev’essere affrontato, ma fuori dal clima di fasulla emergenza e di concreta criminalizzazione di minoranze e disturbatori sgraditi, un clima nel quale siamo immersi da troppo tempo.” "Minori stranieri non accompagnati: dopo la condanna della CEDU le violazioni permangono" - Ass.ne Studi Giuridici sull'Immigrazione – ASGI, 28/11/2023 “Privazione della libertà e accoglienza inadeguata, in centri per adulti o trattenuti in commissariati in attesa di collocazione. ASGI denuncia al Comitato dei Ministri del Consiglio dell’Europa: il piano d’azione annunciato dal Governo a luglio non è attuato. Nonostante la condanna della CEDU del caso Darboe e Camara, in Italia persistono violazioni nei confronti dei minori stranieri in accompagnati. E con il decreto 133/2023 la situazione peggiorerà.” Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 10 “In data 6 novembre ASGI ha inviato una comunicazione al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa per chiedere la continuazione della procedura di supervisione dell’attuazione della sentenza Darboe e Camara con la quale la Corte EDU aveva condannato l’Italia. Il caso riguardava la procedura di accertamento dell’età e il collocamento di due minori non accompagnati in un centro di accoglienza per adulti. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha riscontrato all’unanimità una violazione degli articoli 3, 8 e 13 della Convenzione. A seguito della sentenza è stata quindi avviata la procedura di supervisione di fronte al Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa. La sentenza resta fortemente attuale. Contrariamente a quanto sostenuto dal Governo nell’Action Report del 6 luglio 2023, ASGI denuncia il persistere di condotte illegittime così come emerge dall’azione di monitoraggio svolta e dalle modifiche normative da ultimo intervenute. “Il Governo ritiene di aver pienamente rispettato i principi stabiliti nelle sentenze in esame sulle diverse questioni affrontate dalla Corte”: questa affermazione conclusiva contenuta nella comunicazione della rappresentanza italiana al Comitato dei Ministri del COE appare irriverente alla luce della cronaca quotidiana che descrive le condizioni a cui sono costretti a vivere i minori stranieri non accompagnati in Italia Trattenere minori, prassi generalizzata in Italia La legge italiana vieta espressamente il trattenimento dei minori stranieri non accompagnati, secondo quanto previsto dal D.Lgs. 142/2015, nei centri di permanenza per il rimpatrio, negli hotspot e nei centri governativi di prima accoglienza. Infatti, i minori, appena giunti sul nostro territorio, hanno diritto al permesso di soggiorno per minore età (art. 32 D.Lgs. 286/98) e ad essere accolti nei centri a ciò deputati dal Ministero dell’Interno fino al raggiungimento della maggiore età. Ciò che invece avviene sistematicamente presso alcuni posti di frontiera italiani, come Crotone, Lampedusa, Pozzallo, l’hotspot di Contrada Cifali e di Taranto, è il trattenimento generalizzato dei minori stranieri non accompagnati ivi accolti, che non possono lasciare il centro e sono quindi costretti a una condizione di totale isolamento. Inoltre, è prassi, come nel caso del territorio pugliese, che i minori stranieri non accompagnati siano accolti in strutture destinate ad adulti, in condizioni di promiscuità. O ancora, come prassi romana dalla fine del 2022, si verifica che i minori non accompagnati che arrivano ai commissariati e che non possono essere accolti in strutture dedicate a causa dei limiti di capienza, sono temporaneamente trattenuti nei commissariati in attesa di collocazione. Questa disposizione viene presa in base alle direttive dell’autorità giudiziaria e del Comune di Roma. Secondo la polizia, questi minori sono costretti a sopportare condizioni disumane, essendo costretti a dormire sulle panchine, poiché non sono disponibili alloggi o stanze adeguate per loro. Anche le zone di frontiera interna sono interessate dalla presenza di molti minori che spesso rimangono senza accoglienza. Molti minori identificati come adulti dopo lo sbarco e collocati in strutture di accoglienza inadeguate decidono di lasciare l’Italia e raggiungere altri Paesi europei. L’ASGI ha rilevato che a Ventimiglia le autorità italiane procedono, in molti casi, a notificare all’interessato provvedimenti di respingimento differito o di espulsione amministrativa senza effettuare alcun accertamento dell’età. Nei centri per adulti sovraffollati senza supporti psicologici e legali con le nuove norme Tale quadro risulta ancora più grave se si considera che il 6 ottobre 2023 è entrato in vigore il decreto legge n. 133, che introduce significative modifiche in materia di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e di accertamento dell’età. Il decreto prevede la possibilità che i minori non accompagnati di età superiore ai 16 anni siano accolti in centri di accoglienza straordinaria per adulti, seppur in una sezione dedicata, privi di supporto educativo, dei servizi di assistenza legale e psicologica e di insegnamento dell’italiano e spesso caratterizzati da condizioni di sovraffollamento, andando a formalizzare la prassi in uso e determinando una gravissima violazione dei diritti dei minori. Inoltre si stabilisce una procedura per l’accertamento dell’età che deroga alle garanzie fornite dalla procedura Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 11 ordinaria. Una procedura che manca di garanzie procedurali minime per rispettare il principio della presunzione di minore età, tutelato dall’articolo 8 della Convenzione. Inoltre, non fornisce l’accesso a un ricorso effettivo nelle procedure di accertamento dell’età. ASGI chiede una supervisione sull’Italia al Comitato dei ministri del COE Considerata la natura sistemica delle violazioni monitoratela mancata attuazione di quanto sostenuto dal Governo nell’Action Report del 6 luglio 2023 e le novità introdotte sul piano normativo con il Decreto Legge 133/2023 attualmente in fase di conversione in legge alla Camera, che determineranno gravi violazioni degli articoli 3, 8 e 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo analoghe a quelle riscontrate nel caso Darboe e Camara, ASGI ha inviato una comunicazione al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 6 novembre 2023 chiedendo di procedere con la supervisione dell’attuazione della sentenza, formulando anche una serie di raccomandazioni, rimarcando la necessità di garantire il pieno rispetto di tutti i diritti dei minori.” “Fabio Mini a l'AD: La mattanza a Gaza è pianificata dalla dottrina Dahiy”, - Fabio Mini, 24/11/2023 “In pratica si risolve nel fatto di dover distruggere e ammazzare almeno la metà dei due milioni che sono presenti nella striscia di Gaza”. Il generale Fabio Mini in un’intervista a l’AntiDiplomatico condotta da Clara Statello commenta l’operazione militare di Israele e quella che definisce la “mattanza” in corso contro la popolazione della striscia. “È una situazione tristissima. Ed è anche una situazione che non ha nessun senso dal punto di vista militare. Non esiste nessuna dottrina militare in campo occidentale, ma neanche in quella orientale che può spiegare quello che Israele sta facendo a Gaza”, prosegue il generale. “Qual è l’obiettivo finale per il quale si possa dire che la che l'operazione si è conclusa con successo? Non c'è, o almeno quello che gli israeliani attualmente considerano come un successo è di ammazzare tutti quelli di Hamas. E se per ammazzare tutti quelli di Hamas bisogna ammazzare anche tutti quelli che non c'entrano niente e che semmai lo subiscono Hamas non importa.”, prosegue. Non è soltanto il diritto umanitario o il diritto internazionale bellico che non lo consente. È proprio anche una questione di logica militare secondo Mini. Nel ricordare un suo libro del 2017 pubblicato da “Il Mulino”, Mini spiega molto bene come la “dottrina Dahiya” spiega quello che sta accadendo oggi a Gaza. Dahlia è il nome del quartiere sciita di Beirut che fu praticamente raso al suolo “senza nessuna discriminazione tra civili, combattenti, non combattenti da Israele”. E Dahlia è la dottrina che prevede proprio “papale papale” che un avversario di Israele non può attribuirsi nessun tipo di innocenza di nessun tipo “né di razza, né di età né di condizione sociale, niente”. E la risposta che sia contro Hamas, Hezbollah o palestinesi, “doveva essere sproporzionata”. E qui Mini spiega un concetto che è fondamentale per comprendere lo sterminio in corso a Gaza: “Ad un attacco di qualsiasi tipo doveva seguire una reazione di assoluta sproporzione che avrebbe prima di tutto eliminato tutti quelli che erano di fronte in quel momento, ma soprattutto avrebbe dovuto fare da deterrente. Deterrenza per punizione, così come si classifica in tutti i manuali militari”. Ed è una deterrenza che gli Stati Uniti hanno applicato decine di volte – Mini ricorda diversi esempi tra Iraq e Afghanistan – e che non funziona perché purtroppo nel momento in cui si è attuata la punizione, “siamo sicuri che l'avversario rinuncia al a una contropunizione? È un circolo vizioso.” Con la dottrina Dahlia, prosegue Mini, i morti civili non sono solo “danni collaterali”. "Guardate i danni collaterali, quelli che sembrano non intenzionali con questa dottrina in poi, sono diventati intenzionali e l'obiettivo fondamentale non è stato più tanto quello di colpire i combattenti è stato proprio quello di colpire la popolazione civile.” E ancora: “Io l'ho scritto anche in un libro, nessuno mi crede, ma comunque è così. Il danno collaterale è un eufemismo, il danno collaterale è diventato un danno intenzionale del quale non si può controbattere.” I danni collaterali, ricorda Mini, è un’invenzione della Nato durante la guerra in Kosovo. “E dopo con la dottrina Dahlia la ritorsione sproporzionata non è più sproporzionata ma una pianificazione. Attaccare in maniera sproporzionata senza nessuna remora perché Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 12 Ù non esistono innocenti dall'altra parte, non esistono persone perché col diritto umanitario le persone hanno dei diritti insiti nel fatto di essere persone.” “Il NYT commenta così il numero delle morti a Gaza”, - Reda. de “L'Antidiplomatico”, 28/11/2023 “Nel momento in cui scriviamo Israele e Hamas stanno trattando: sia sulla liberazione di altri ostaggi e di altri prigionieri palestinesi che sul prolungamento della tregua, ma anche su altro e più segreto, come rivela la dichiarazione di Netanyahu sulla promessa che i leader di Hamas residenti in Qatar non verranno assassinati (Jerusalem Post). Probabile che in questi giorni di tregua si stia trattando su possibili scenari di Endgame successivi alla seconda ondata (possibile che la promessa di incolumità di Netanyahu sia legata a una analoga rassicurazione sul suo destino, dal momento che rischia la morte politica, e non solo). Hamas si è detto disponibile allo scambio di ulteriori prigionieri e al prolungamento della tregua, opzione sostenuta anche da Biden che sta facendo pressioni in tal senso sulla leadership israeliana, la quale appare propensa, ma ha avanzato riserve sulle persone da scambiare. Un esito positivo è nell’aria, ma le cose possono precipitare d’improvviso. Il numero delle vittime è spropositato Nel frattempo, e nella esilissima speranza che le ostilità cessino del tutto, segnaliamo un articolo di Lauren Leatherby pubblicato sul New York Times del 25 novembre con il titolo: “I civili di Gaza, sotto il fuoco di sbarramento israeliano, sono uccisi a un ritmo di portata storica”. Così il sottotitolo: “Anche con una valutazione prudente del numero delle vittime di Gaza si rileva che il tasso di morti causato dall’attacco israeliano ha pochi precedenti in questo secolo, dicono gli esperti”. Nell’articolo si legge: “Non si tratta solo della quantità degli attacchi: Israele ha affermato di aver colpito più di 15.000 obiettivi […]. È anche la natura delle armi” usate. Infatti, “l’uso indiscriminato da parte di Israele di armi molto potenti in aree urbane densamente popolate, tra cui le bombe da 2.000 libbre di fabbricazione americana che possono radere al suolo un condominio, è sorprendente, dicono alcuni esperti”. “Tutto ciò va oltre qualsiasi cosa abbia mai visto nella mia carriera”, ha affermato Marc Garlasco, esperto di problematiche militari dell’organizzazione olandese PAX ed ex analista dell’intelligence del Pentagono. “[…] Stanno usando armi estremamente potenti in aree densamente popolate”, ha detto Brian Castner, un esperto di armamenti di Amnesty International. “È la peggiore combinazione possibile di fattori”. Israele giustifica l’uso di queste bombe con la necessità di colpire i tunnel di Hamas, ma resta lo sconcerto. “[…] “Quelle bombe sono ‘davvero potenti”’ ha detto Garlasco […]. Israele, ha aggiunto, ha in dotazione anche migliaia di bombe più piccole, provenienti dagli Stati Uniti e progettate per limitare i danni in aree urbane densamente popolate, ma gli esperti di armamenti dicono di aver poche prove sul fatto che vengano utilizzate con frequenza”. Da qui il numero di vittime spropositato di questa breve guerra, che sta raggiungendo o ha raggiunto, se non superato, il numero di vittime registrato in conflitti durati anni, come la guerra in Afghanistan e altri. Peraltro, il tentativo di screditare il calcolo delle vittime da parte delle autorità palestinesi, consumato a diversi livelli (Casa Bianca compresa), perché realizzato da organi controllati da Hamas e quindi inattendibili, è fallito miseramente. Lo rileva anche la Leatherby, che spiega come gli analisti internazionali ormai concordano sul fatto che “i numeri complessivi provenienti delle autorità sanitarie di Gaza sono generalmente affidabili”, anzi, probabilmente le vittime sono più numerose di quanto si sa, dal momento che tante possono essere sfuggite alla conta, tra le quali quelle che riposano sotto cumuli di macerie. Secondo l’Euro-Mediterranean Human Rights Monitor (Euromed), tra i morti registrati e quelli ancora sepolti sotto le macerie si dovrebbe arrivare a contare 20.000 vittime, di cui 8mila bambini. Se a questo numero di aggiungono i feriti, ha aggiunto il presidente di Euromed Ramy Abdu, il numero di feriti e morti sarebbe pari al 2.6% dell’intera popolazione di Gaza. Una campagna militare incomprensibile Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 13 A quanto riferito sopra va aggiunta un’appendice: “Nelle ultime settimane registrare i morti a Gaza è diventato sempre più difficile nel caos dei combattimenti, poiché gli ospedali sono sotto un fuoco diretto e gran parte del sistema sanitario ha cessato di funzionare”. Questo l’esito, se non l’obiettivo quantomeno secondario, dell’attacco agli ospedali di Gaza. Resta, però, che “anche prima di questo sviluppo, il numero di donne e bambini dichiarati morti già superava quello di altri conflitti”. Insomma, secondo analisti e ricercatori, “il ritmo delle morti riportate a Gaza durante il bombardamento israeliano è stato eccezionalmente alto”. Di interesse, sotto tale profilo, l’attacco al campo profughi di Jabaliya, sul quale si è riusciti ad avere una documentazione esaustiva: “Secondo un’analisi delle immagini satellitari, Israele ha utilizzato almeno due bombe da 2.000 libbre nel corso di un attacco aereo avvenuto il 31 ottobre su Jabaliya, un’area densamente popolata a nord di Gaza City, abbattendo edifici e creando crateri da impatto larghi 40 piedi -vedi foto e video del New York Times. Airwars ha confermato in modo indipendente che almeno 126 civili sono stati uccisi, più della metà dei quali bambini”. “[…] Secondo un calcolo fatto dalle Nazioni Unite sulle morti verificate di bambini nel corso dei conflitti, a Gaza dall’inizio dell’attacco israeliano sono stati uccisi più bambini che in tutti i più importanti conflitti del mondo messi insieme – due dozzine i paesi in questione – nel corso di tutto lo scorso anno, guerra ucraina compresa”. Questa la conclusione del NYT: “Quando le aree civili finiscono nel mirino, la minaccia [alla popolazione] non finisce con i bombardamenti, dicono gli esperti. La distruzione lasciata dalla guerra li costringe a una lotta per la sopravvivenza che dura per molto tempo anche dopo la fine della guerra. Il sistema sanitario distrutto e le riserve idriche compromesse sono forieri, da soli, di gravi rischi per la salute pubblica, ha affermato il professor Crawford, ricercatore del Costs of War Project“. “Questo succede in ogni guerra”, ha aggiunto. “Ma siamo di fronte è un livello di immiserimento provocato in un periodo di tempo tanto breve che è davvero difficile da comprendere”. Già, davvero difficile, a meno che tutto ciò non discenda da una certa qual condiscendenza verso certe pulsioni estreme evidenziate dalle dichiarazioni di diversi esponenti della leadership israeliana. Resta lo sconcerto per la flebile reazione, per usare un eufemismo, della politica e dei media internazionali, a parte preziose eccezioni, per tale inusitata devastazione.” “Piccole Note” è un blog a cura di Davide Malacaria. Questo il suo canale Telegram per tutti gli aggiornamenti: https://t.me/PiccoleNoteTelegram "Ilan Pappé: «Deriva messianica, il sionismo verso la sua fine».” Chiara Cruciati, 28/11/2023 “ISRAELE/PALESTINA. Intervista allo storico israeliano: «I processi di decolonizzazione sono dolorosi per il colonizzatore: perderà terre e privilegi e vedrà stravolte leggi, istituzioni e distribuzione delle risorse. Sono processi inevitabili: se il sionismo fosse nato 300 anni fa, avrebbe ottenuto il proprio scopo, ma è emerso quando il mondo aveva già rifiutato il concetto del colonialismo».” “Fuori dalla Biblioteca Universitaria di Genova la fila è lunga: centinaia di persone aspettano l’incontro con lo storico israeliano Ilan Pappè, organizzato sabato scorso da Bds Genova, Assopace e Tamu Edizioni. Settecento ci riescono, gli altri restano fuori. Un incontro atteso quello con uno dei massimi esponenti dell’accademia israeliana e di una contro-narrazione basata su ricerche storiche inappellabili. «La storia insegna che la decolonizzazione non è un processo semplice per il colonizzatore – così Pappé chiude il lungo dibattito – Perde i suoi privilegi, deve ridare indietro le terre occupate, rinunciare all’idea di uno Stato-nazione mono-etnico. I pacifisti israeliani pensano di svegliarsi un giorno in un paese eguale e democratico. Non sarà così semplice, i processi di decolonizzazione sono dolorosi: la pace inizia quando il colonizzatore accetta di stravolgere le proprie istituzioni, la costituzione, le leggi, la distribuzione delle risorse. Il giorno in cui finirà la colonizzazione della Palestina, alcuni israeliani preferiranno andarsene, altri resteranno in un territorio libero in cui non sono più i carcerieri di nessuno. Prima gli israeliani lo capiranno e meno questo processo sarà sanguinoso. In ogni caso la storia è sempre dalla parte degli oppressi, ogni colonialismo è destinato è finire». - Ilan Pappé Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 14 Con il professor Pappé abbiamo discusso a margine dell’iniziativa. Per anni si è parlato di “gazafication” della Cisgiordania, l’assedio di Gaza come modello di gestione delle isole palestinesi in cui Israele ha suddiviso la West Bank. Ora accadrà il contrario? Gaza come la Cisgiordania? Credo che nemmeno Israele abbia ancora un piano. Ci sono varie opzioni. Una è la creazione a Gaza di una sorta di Area A- o B+: l’idea dei “moderati”, come Gantz e Gallant, è affidare un pezzo di Striscia all’Autorità nazionale palestinese e creare una zona cuscinetto di 5- 7 chilometri. Un’idea ridicola: nella sua parte più ampia Gaza è larga appena 12 chilometri. L’altra opzione, quella dell’ultradestra al governo, è una pulizia etnica più ampia possibile, espellendo i palestinesi in Egitto o comunque nel sud di Gaza e riportando i coloni a nord. Cosa accadrà è presto per dirlo, come è presto per dire come reagirà il mondo, se ci sarà una guerra a nord con il Libano, se ciò provocherà un’Intifada in Cisgiordania. Dopo aver negato la Nakba per 75 anni, oggi il governo israeliano la invoca, parla di Nakba 2023, di necessità storica di espulsione. Da cosa deriva la perdita di qualsiasi freno, anche verbale, nell’identificare la soluzione nella pulizia etnica? A negare la Nakba erano il centro e la sinistra. La destra non l’ha mai negata, anzi ne andava fiera. Per cui non sorprende che usi questo termine. L’altra ragione è che Israele tratta il 7 ottobre come un evento che ha cambiato tutto, non ritiene di dover più essere prudente nel suo discorso razzista, nel parlare di genocidio e pulizia etnica. Percepisce il 7 ottobre come il via libera ad agire. La crescita, graduale ma inesorabile negli ultimi 30 anni, dell’ultradestra israeliana porta a parlare di un’evoluzione del sionismo in chiave religiosa. Le dichiarazioni di esponenti del governo, a partire da Netanyahu, che si rifanno alla Torah per giustificare le barbarie e le politiche di Ben Gvir e Smotrich ne sono un esempio. Cos’è oggi il sionismo? È possibile individuare in tale evoluzione un processo di implosione? Già prima del 7 ottobre non avevamo più a che fare con il sionismo. Si è andati oltre, verso un giudaismo messianico. Queste persone, come i fanatici islamisti, credono di avere dio dietro di loro. È uno sviluppo ideologico che, superando il sionismo pragmatico e liberale, lo trascina via con sé. Oggi abbiamo di fronte un’ideologia ebraica messianica, razzista e fondamentalista che non solo ritiene che la Palestina appartenga solo al popolo ebraico (come ha fatto Netanyahu con la legge dello Stato-nazione del 2018), ma che pensa di avere la licenza morale di uccidere ed espellere tutti i palestinesi. È uno sviluppo ideologico pericolosissimo. Prima del 7 ottobre la società israeliana viveva già uno scontro aperto tra sionismo laico e sionismo religioso. Quello scontro riemergerà e dimostrerà che a tenere insieme gli israeliani è solo il rigetto dei palestinesi. Per il sionismo è l’inizio della sua fine che in termini storici significa un processo di 20 o 30 anni. Accadrà perché si tratta di un’ideologia colonialista in un mondo che ormai va in un’altra direzione. Se il sionismo fosse nato due o tre secoli fa probabilmente avrebbe ottenuto lo scopo di eliminare la popolazione indigena, come accaduto in Australia e negli Stati uniti. Ma è apparso quando ormai il mondo aveva già rigettato il concetto di colonialismo e i palestinesi avevano già maturato la propria identità nazionale. A cosa è dovuto lo spostamento a destra della società israeliana dopo l’uccisione di Rabin e la spinta pacifista di un grande segmento della popolazione? Essere sionisti liberali è sempre stato problematico. Devi mentire a te stesso di continuo, perché non puoi essere allo stesso tempo socialista e colonizzatore. La società si è stancata, ha capito che doveva scegliere tra essere democratica ed essere ebraica. Ha scelto la natura ebraica. Ha deciso che la priorità era affermare uno stato razzista piuttosto che condividerlo con i palestinesi. Era inevitabile, la logica conseguenza del progetto sionista. L’Israele di oggi è molto più autentico di quello degli anni Novanta. Il 7 ottobre ha rappresentato una rottura traumatica per la società israeliana. La questione palestinese era stata rimossa, “gestita” come ha spesso detto Netanyahu. Da questo choc potrebbe nascere la consapevolezza della necessità di una soluzione politica? Ci vorrà tempo. L’immediato futuro sarà segnato da odio e senso di vendetta. Sarà difficile parlare di soluzione che sia a due stati o a uno. Sul lungo periodo è invece possibile che Israele capisca che i palestinesi non se ne andranno da nessuna parte e non resteranno Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 15 in silenzio, qualsiasi cosa Tel Aviv faccia. Molto dipenderà da Europa e Stati uniti: se continueranno a non fare pressioni, sarà difficile che le voci più ragionevoli in Israele siano ascoltate. Non basta la società civile, serve che i decisori politici cambino. Questo tipo di processi richiede tempo ma è possibile che da questa orrenda tragedia nasca qualcosa di positivo. Dipenderà anche dai palestinesi, se riusciranno a unirsi, se l’Olp rinascerà. Ci sono differenze anche tra di loro: chi vive in Cisgiordania vuole vedere la fine dell’occupazione e dell’oppressione, pensa di meno allo stato unico. Chi vive dentro Israele, invece, lo desidera, così come i rifugiati in diaspora per cui lo stato unico significherebbe il ritorno. La durissima campagna contro Gaza e la dichiarata volontà di espulsione dei palestinesi ha provocato una reazione imponente delle piazze di tutto il mondo e dei paesi del sud globale, in contrasto con le posizioni degli stati occidentali. Assistiamo a un cambio di paradigma a livello globale che avrà effetti sul medio-lungo periodo? Stiamo assistendo a un processo di globalizzazione della Palestina, una Palestina globale che è composta di società civili, cittadinanze, movimenti diversi come quelli indigeni, Black Lives Matter, i femminismi, ovvero tutti i movimenti anti-coloniali che magari conoscono poco della questione palestinese ma che sanno bene cosa significa oppressione. Questa Palestina globale deve sapersi opporre all’Israele globale, che invece è fatto di governi occidentali e industria militare. Come si fa? Collegando in una rete le lotte alle ingiustizie in giro per il mondo. Qui in Italia significa combattere il razzismo.” Notiziario num. 962 di venerdì 1 Dicembre 2023 16 Notiziario settimanale AAdP Gruppo di redazione: Chiara Bontempi Andrea De Casa Davide Finelli Gino Buratti Daniele Terzoni Il presente notiziario settimanale, oltre ad essere un servizio di informazione sulle diverse iniziative promosse dalle associazioni, è anche uno spazio aperto per condividere pensieri, documenti, riflessioni, proposte, ma anche suggerimenti di letture, recensioni sui temi della pace, della nonviolenza, della giustizia, della solidarietà, dei diritti. Chiunque voglia dare il proprio contributo deve solo farlo pervenire alla Redazione del Notiziario chiedendone la pubblicazione sul notiziario. 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