About Rete Ambientalista Al
Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Pfas
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Sono
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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Pfas
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[slide 1] L’imperativo del seminario è “Come cambiare il clima e il sistema”. Secondo me, innanzitutto interrogandosi sull’etica del profitto e non fidandosi della scienza (come ho trattato nell’ altra parte della relazione: la scienza è al servizio del capitale in quanto l’economia è al servizio del capitale). I Pfas rappresentano il paradigma, la esemplificazione attuale della scienza di classe, della scienza e della tecnologia non neutrali ma utilizzate dal modello di sviluppo fondato, dalla finanza e dal capitale, sul massimo profitto. Capaci perfino di alterare la genetica. Sono ormai notevoli e incontrovertibili gli studi presenti nella letteratura scientifica nazionale e internazionale che hanno messo in evidenza tossicità, cancerogenesi e teratogenesi dei PFAS. Questi studi sono consultabili su internet e [Slide 2] nelle oltre 500 pagine del nostro Dossier “Pfas. Basta!” (disponibile a chi ne fa richiesta), e in oltre 800 articoli sul nostro Sito www.rete-ambientalista.it [Slide 3] Ma non hanno ancora l’adeguata eco mediatica, malgrado il grande lavoro che stiamo facendo. Faccio i nomi di alcuni co-responsabili ai quali si riferisce papa Francesco, quando accusa per il “massimo profitto al minimo costo nel minor tempo possibile”. Nomi e cognomi di una calamità ambientale e sanitaria che è mondiale, particolarmente italiana, clamorosa in alcune Regioni. La calamità degli Pfas e della Solvay. I quali, in forza della prevenzione primaria, andrebbero e-l-i-m-i-n-a-t-i. Questo è il fulcro della “campagna nazionale” promossa dal Movimento di lotta Maccacaro “per la messa al bando dei Pfas” del “veleno del secolo”, secondo la definizione di Le Monde. Quanti di voi sanno di avere gli Pfas nel sangue? Le sostanze perfluorurate (PFAS) rappresentano un grande “miracolo” (tra enormi virgolette) del progresso umano, un portento della scienza chimica (la chimica occupa una posizione intermedia tra la fisica e la biologia) e della tecnologia applicata. Sono una famiglia (numerosissima: 4.700) di molecole con una catena di carbonio in cui gli atomi di idrogeno sono variamente sostituiti da atomi di fluoro. Sono state sintetizzate a partire dagli anni '40 per le loro formidabili proprietà resistenti, ignifughe e idrorepellenti, utilizzate per rendere resistenti -all’acqua-al fuoco-alla corrosione-ai grassi- una infinità di prodotti intermedi e finiti, materiali di uso comune: [Slide 4] materiali tecnici, semiconduttori, ritardanti di fiamma, schiume antincendio, rivestimenti per contenitori di alimenti, famose padelle antiaderenti (oggi pfas free, tessuti goretex, carta, tappeti, pesticidi, vernici, materiali per l’edilizia, prodotti per la pulizia e l’igiene personale, attrezzature sanitarie, farmaci eccetera. Furono osannati come un ‘non plus ultra chimico’ dello sviluppo tecnologico. Mentre noi possiamo definirli come “spiegazione del paradigma tecnocratico che è alla base dell’attuale processo di degrado ambientale”: per usare le parole del Papa. Fenomenali invenzioni scientifiche ma, a causa della loro alta stabilità molecolare, i Pfas finiscono per diffondersi in larghe quantità nell’ambiente, dove possono rimanere per anni e anni. [Slide 5) Possono essere rinvenuti ovunque: nell’aria, nel suolo e nell’acqua: si riversano nelle falde e nei bacini idrici, da dove possono percorrere grandi distanze ed entrare nell’ecosistema, arrivando fino all’uomo. I PFAS sono stati rinvenuti nel sangue, nel latte materno, nella placenta, nel cordone ombelicale, nel liquido seminale, nei capelli. Oltre all'elevata idrofobicità (non assorbono né trattengono l’acqua) e lipofobicità (non si miscelano con gli oli), il loro legame carbonio-fluoro è uno dei più forti della chimica organica e conferisce loro un'elevata stabilità. Indistruttibili. Sono conosciuti col nome inquietante di forever chemicals, sostanze chimiche “per sempre”, inquinanti eterni. I Pfas sono un po’ un paradosso del postulato di (Antoine-Laurent de) Lavoisier: «Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.» I Pfas non esistono in natura, sono creati dall’uomo, non si distruggono nel senso che non si degradano e si trasformano… (scusate il sarcasmo) in malattie. Inodori, insapori, incolori, i Pfas si bioaccumulano negli organismi viventi. [Slide 6]: gli innumerevoli studi internazionali hanno dimostrato la loro presenza nei diversi anelli della catena alimentare acquatica e terrestre (fenomeno di bioaccumulo e biomagnificazione) del regno vegetale e animale. La loro presenza, veicolata nell'acqua di superficie e potabile, ma anche nell’atmosfera e perfino nella polvere di casa, infine viene trasferita nei materiali di confezionamento alimentari (recipienti, imballi) e negli alimenti umani: soprattutto carne e prodotti derivati, prodotti della pesca, uova e ovoprodotti, latte e derivati. E non serve a niente la loro bollitura, anzi, decuplica gli effetti. Una volta entrati nell'organismo, per ingestione, inalazione o contatto cutaneo, i Pfas si legano alle proteine del sangue. Poiché non vengono ben metabolizzati (“digeriti”, assimilati) si accumulano nell'organismo per tutta la vita. Nella [Slide7] è rappresentato il fenomeno di bioaccumulo-biomagnificazione . I Pfas non presentano una tossicità acuta… Ad essere precisi, addirittura letali invece sono i composti chimici nei loro processi di lavorazione (il tetrafluoroetilene, anche solo in parti per milione): negli anni ’80 titolavo sui giornali che i prodotti di Algoflon sono potenziali bombe chimiche capaci di catastrofe industriale. Di per sé i Pfas non presentano una tossicità acuta, non crepi subito se li assumi. Ma a lungo termine, sì. Gli onnipresenti Pfas si accumulano nel sangue con una enorme la capacità di interferire con la normale attività degli ormoni umani e, quali interferenti/perturbatori endocrini, sono in grado anche di superare la barriera placentare; insomma gli studi internazionali (es. appello per la messa al bando firmato da più di mille scienziati e ricercatori e da 122 organizzazioni della società civile europea) li hanno associati alle più gravi patologie [Slide 8] problemi di fertilità, di sviluppo ovarico e fetale, ipertensione gestazionale, nascita di bimbi sottopeso, aborto, diabete, colesterolo alto, riduzione della risposta immunitaria, tumori, tra cui leucemia, cancro, pancreas, aggravamento per neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo; indebolimento delle reazioni immunitarie, della produzione di anticorpi e delle risposte alle vaccinazioni; favoreggiamento di sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l’arteriosclerosi e gli eventi tromboembolici. Malgrado gli studi, non vi è adeguato allarme nell’opinione pubblica. Sebbene i Pfas siano stati rinvenuti dalle Arpa, sempre, in tutte le Province e le Regioni dove sono stati cercati: acque superficiali e di falda profonda, fiumi (Po), laghi (Maggiore), pozzi privati e acquedotti (Montecastello), impianti di depurazione, impianti di trattamento rifiuti (qui vicino, discarica di Collegno Barricalla, comune di Collegno, non è autorizzata a smaltire i pfas, che finirebbero addirittura per fluire nei depuratori delle città. Solvay si dichiara innocente). Insomma, in acque di differente origine destinate al consumo umano (da pozzo privato, da pozzo del sistema idrico integrato, acqua potabilizzata a seguito di depurazione, acqua sorgentizia, di derivazione da corso d'acqua superficiale, etc). Ovunque. Dove e quando sono state cercate. [Slide 9] Greenpeace ha prodotto come denuncia un completo “Rapporto Pfas Lombardia”. A proposito del quale, in un recente servizio delle “Le Iene” (per inciso, ben quindici anni fa collaborai con Luigi Pelazza ai primi servizi delle Iene sui Pfas ad Alessandria), in questa trasmissione https://www.iene.mediaset.it/video/pfas-acqua-da-bere_1292870.shtml il giornalista conclude con un appello: “Se conoscete chi in Lombardia sversa nell’ambiente quelle maledette sostanze, ditecelo”. Già fatto: Solvay di Bollate, ad esempio. Nei giorni scorsi le Iene hanno trasmesso un nuovo servizio, sulla Solvay di Spinetta Marengo, a cui ho collaborato. Inodori, insapori, incolori. L’alimentazione è la principale fonte di esposizione a PFAS. Ma sono anche direttamente assunti nell’acqua potabile e respirati nell’aria: infatti le più colpite, le più esposte sono le popolazioni che lavorano e vivono in vicinanza alle zone di produzione PFAS o di lavorazione PFAS. Due sono le punte di iceberg in Italia. [Slide 10] Diamo un’occhiata ai nanogrammi delle falde di Alessandria dove Solvay a Spinetta Marengo è rimasta l’unica produttrice di Pfas in Italia. È presente sia il PFOA, non più prodotto, che l’ADV (a catena lunga la cui produzione è stata per decenni nascosta da Solvay e ignorata da Arpa) e il cC6O4 (a catena corta). Questi ultimi attualmente in produzione. [Slide 11] E diamo un’occhiata alle acque del fiume Bormida, affluente del Tanaro a sua volta del Po: inquinate dai PFAS scaricati da Solvay come risulta dai recenti dati di ARPA Piemonte. Ma i Pfas sono anche nell’atmosfera, dove raramente sono cercati. E sono cercati, a forza di innumerevoli sollecitazioni, attorno allo stabilimento. Osserviamo nella [Slide 12] che, fra le più di 70 ciminiere e 15.000 punti di emissioni fuggitive, i PFAS vengono emessi in atmosfera senza alcun limite, in concentrazioni fino a 70 volte superiori alle zone “bianche”, e in aggiunta nel cocktail di sostanze tossiche e cancerogene: composti cloro fluorurati, cloridrico, fluoridrico, cloroformio eccetera. Un cocktail di veleni respirato dagli abitanti della Fraschetta (area est del comune di AL) ed i cui limiti furono stabiliti dall’autorizzazione AIA 2009 ormai scaduta da tempo e mai rinnovata. Indagini ed analisi, condotte da ARPA a partire dal 2018 e rese pubbliche su sollecitazione dei Comitati locali nei primi mesi del 2023, mostrano la presenza in atmosfera, del cC6O4, il PFAS di ultima generazione -brevetto Solvay- La domanda a questo punto vi è sorta spontanea: perchè i Pfas non sono stati messi al bando? Perché, al più, il Governo pensa solo alla loro “riduzione”? arzigogolando su limiti tollerabili di inquinamento, su livelli consentiti negli alimenti contaminati, su dosi tollerabili per neonati e gravide. Tol-le-ra-bi-li? Ma cosa siamo, cavie!? Le ragioni di queste follie -criminali- sono quelle stigmatizzate da Francesco: “massimo profitto al minimo costo… per il capitale”, ovvero al massimo costo per l’umanità. I Pfas sono il paradigma dell’etica del profitto. E’ i-m-m-o-r-a-l-e questo uso della scienza, pilotata dalle multinazionali. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità il limite è di 500 ng/l nanogrammi di Pfas in un litro d’acqua. Mentre la nuova Direttiva Europea dice 100. Ma negli USA passerà da 70 a 4 ng/l. In Svezia, Belgio e Olanda è già 4 ng/l. In Danimarca è già 2 ng/l. E’ immorale! E’ immorale che l’EFSA Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare tolleri la soglia di assunzione alla settimana di 4,4 ng/kg nanogrammi di Pfas per 1 chilogrammo di peso corporeo. E’ immorale! discutere quanti nanogrammi di Pfas può tollerare un neonato. Zero deve essere il limite: i Pfas non esistono in natura. Ci rendiamo conto della pericolosità di queste sostanze: misurate con ƞg nanogrammo, che è un millesimo di µg microgrammo, un milionesimo di grammo! Misurate nell’acqua per parti per trilione (ppt, max 4 in Usa). Se non vengono messe al bando, circa 4,4 milioni di tonnellate di PFAS finirebbero nell’ambiente nei prossimi 30 anni, ad aggiungersi ai milioni già in circolo (per i quali il solo governo degli Stati Uniti ha stanziato 2 miliardi di dollari per affrontare l’inquinamento nelle risorse idriche). Con quale smaltimento? La fagogitazione (“digestione”) dei Pfas con enzimi batterici: è mera (truffaldina) fantasia (Tommaso Dragani, già direttore della struttura di ricerca “Epidemiologia Genetica e Farmacogenomica” dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano ed oggi direttore scientifico e fondatore di Aspidia (www.aspidia.com) , mentre sono reali filtri e incenerimento: bruciare i Pfas, è passare dalla padella alla brace, altro che “mitigazione degli impatti!”. Dunque, l’unica soluzione è il divieto dei Pfas delle sostanze per- e poli-fluoroalchiliche, come sostiene la proposta dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), avversata dalle multinazionali. Cascherebbe il mondo? Crollerebbe l’economia? No, crollerebbe solo la logica del “massimo profitto al minimo costo nel minor tempo possibile”. No, si alleggerirebbe solo il portafoglio delle multinazionali come la Solvay. D’altronde i Pfas non sono indispensabili, esistono tecnologie alternative, sostituti privi di fluoro, già ora sono stati sostituiti con relativa facilità alcuni PFAS impiegati come tensioattivi o additivi nei processi industriali di polimerizzazione per la produzione dei fluoropolimeri. Oggi per le padelle antiaderenti la pubblicità tranquillizza “pfas free” Eppoi, eppoi è così importante l’efficienza totale di motori, batterie, celle a flusso, celle fotovoltaiche, guarnizioni, tubi e così via? più importante della salute? Più importante è la logica del massimo profitto. Infatti, gli effetti tossici e cancerogeni dei Pfas su lavoratori e ambiente erano conosciuti anche prima degli anni ‘70 e nascosti dalle aziende produttrici: Dupont, 3M, Solvay, Miteni ecc. A fine secolo, negli Stati Uniti le multinazionali chimiche furono già costrette a risarcire le popolazioni per class action cause civili miliardarie. Ma solo nel 2006 il Pfoa è definitivamente dichiarato pericoloso per tossicità e cancerogenicità dalla comunità scientifica statunitense. Però In Italia Miteni continua a produrlo a Trissino, e Solvay a utilizzarlo a Spinetta Marengo, affiancandolo (senza autorizzazioni AIA) a perfluorurati anch’essi spacciati per innocui e altrettanto pericolosi: ADV e cC6O4. Finalmente, il Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR fa emergere la concentrazione record di PFOA riscontrata nel Po, (di 1.270 ng/l) nel Tanaro affluente del Po e di 1.500 ng/l nel suo affluente Bormida: dove (come evidenzia il sopralluogo che pubblicai) [Slide 13] scarica lo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria), responsabile dunque dell’avvelenamento del Po. 1.500 ng/l Si consideri che nei fiumi europei al massimo si riscontravano 20 ng/l. Per quanto sopra, Lino Balza, per la nostra Associazione, nel 2009 deposita esposti alla Procura di Alessandria (in tutto saranno diciotto). Denuncia Solvay e complicità di Arpa, Pfoa in fiume e falde, e soprattutto che il PFOA è presente nelle falde e denuncia che l’Arpa non ha effettuato analisi negli scarichi pur conoscendo il dibattito scientifico in corso da anni e i provvedimenti internazionali, né ha messo in atto piani di tutela ambientali secondo i criteri legislativi. Denuncia e documenta l’altissima presenza del Pfoa nel sangue dei lavoratori, e dunque dei cittadini residenti. La denuncia è estesa a tutte le inerti Istituzioni locali e agli inermi organi di informazione. Tre nostri denuncianti subiranno la rappresaglia del licenziamento (il sottoscritto in precedenza avevano già cercato di licenziarlo, condannati dal Pretore). Nel 2009 Solvay, per reato di dolo, è chiamata dalla Procura di Alessandria a rispondere di disastro ambientale per una ventina di storici inquinanti nelle falde, come cromo esavalente, DDT, arsenico, selenio, antimonio, cloroformio ecc. con valori estremamente superiori ai limiti. Il processo comincia nel 2011 e finirà in Cassazione nel 2018 derubricato a reato colposo: lievemente condannati pesci piccoli, nessuna bonifica, nessun risarcimento alle Vittime. Noi questo processo lo inseriamo, a pieno demerito, tra i delitti impuniti nel nostro libro Ambiente Delitto Perfetto. [Slide 14] Peraltro, nel processo il capo di imputazione sui Pfas viene lasciato cadere malgrado fra le contaminazioni attive ci fosse anche il Pfoa con migliaia di nanogrammi per litro nella falda. Intanto, la storica fornitrice di Pfoa allo stabilimento di Spinetta Marengo, la Miteni a Trissino, in provincia di Vicenza, indisturbata da sindacati e politici, con incassi milionari e leadership nel settore militare e farmaceutico, sta continuando a utilizzare dagli anni ‘60 la falda per scaricare le acque di raffreddamento, spacciate come pulite. Che invadono acque, terreni e aria di tre province: Padova, Vicenza e Verona, per 593 chilometri quadrati; l’acqua è utilizzata da oltre 350mila persone. [Slide 15] Miteni inquina ma non viene chiusa d’autorità, finchè fallisce nel 2018, scappa all’estero col malloppo, lasciando in eredità la contaminazione ambientale e sanitaria più estesa di Europa. La logica (chiamiamola etica?) è quella del massimo profitto, indicata da Francesco. Solo così la Regione Veneto inizia a campionare la fascia adulta della “zona rossa”: 64mila persone in un “Piano di sorveglianza” per 23 comuni dove l’acqua è contaminata sia in falda sia in acquedotto. Solo così la Regione Veneto pubblica livelli spaventosi di PFOS e PFOA negli ex dipendenti della Miteni, con eccessi significativi di cancro al fegato, ipertensione e diabete mellito. Solo nell’ottobre 2019 inizia il processo a Miteni (Mitsubishi, ICIG3 e Miteni) ma, purtroppo, per imputazioni non dolose e senza prevedere risarcimenti per le Vittime. Chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto. Ad oggi, Miteni non è ancora stata messa in sicurezza per arginare la contaminazione delle falde venete, tanto meno è iniziata la bonifica del sito (a spese di chi? non dell’inquinatore ma della collettività). Ad oggi, la gravità dell’emergenza sanitaria è anche legata all’inerzia della Regione Veneto che limita le analisi del sangue ai residenti della zona rossa e non approfondisce ulteriori indagini epidemiologiche, soprattutto per i bambini. Se il Veneto piange non ride il Piemonte, dove la situazione è monitorata dall’Arpa [Slide 16] e a Spinetta Marengo è rimasta Solvay l’unica produttrice di Pfas in Italia. A fronte dell’inerzia (per usare un eufemismo) di Sindaco di Alessandria e Regione Piemonte, nel 2022 il “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” con il “Comitato Stop Solvay” organizzano autonomamente una indagine di campionamenti ematici pubblici, [Slide 17] affidata all’Università di Liegi, che riscontra angoscianti livelli di PFAS nel sangue della popolazione, soprattutto dei lavoratori Solvay. L’indagine dimostra il nesso causale tra l’inquinante PFAS e le patologie PFAS, a conferma dell’ennesimo studio epidemiologico dell'ARPA. E’ evidente che gli abitanti di Spinetta, a partire dai bambini, corrono un rischio maggiore di sviluppare malattie endocrine, tumore al fegato, ai reni, ipertensione, malattie respiratorie, patologie cardiovascolari eccetera. [Slide 18] Trasmettendo la documentazione, al procuratore capo di Alessandria, Enrico Cieri, ho evidenziato che il 55% degli abitanti analizzati dall’Università di Liegi ha concentrazioni di PFOA nel sangue che superano la minima soglia di pericolo, e che, tra gli spinettesi analizzati, i dati più abnormi riguardano gli ex dipendenti Solvay che adesso hanno 39 μg/l. Tra gli ex dipendenti: il sottoscritto, che nota bene: non ero adibito in reparto di produzione. La mia misurazione nel 2022 è µg/l 11,48. Se è vero che ottimisticamente il PFOA dimezza la sua presenza nel sangue ogni 3,7 anni, nel 2002, 20 anni fa, quando mi sono allontanato dallo stabilimento, il livello di PFOA nel mio sangue era di 598,80 µg/l. 598,80 µg/l. nel 2002. Nel 2022 µg/l 11,48. Nel frattempo ho subìto l’asportazione totale della tiroide per cancro maligno (limitandoci alla malattia, finora più importante, tra quelle attribuite dagli scienziati ai PFAS). Per Alessandria, la logica finanziaria-industriale della multinazionale belga è improntata sulla logica (chiamiamola etica?) del massimo profitto, stigmatizzata da Francesco. Infatti, ad oggi, il polo chimico Solvay di Spinetta Marengo, malgrado la sentenza di Cassazione, non è ancora stato bonificato né in terra né in cielo né in acqua per la “maledetta ventina” di inquinanti (pfas, cromo esavalente, cloroformio, cromo totale, tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene, tricloroetilene, triclorofluorometano, diclorodifluorometano, diclorofluorometano, nichel, antimonio, arsenico, bromoformio, dibromoclorometano, bromodiclorometano, fluoruri in concentrazione addirittura da 2.946 a 57.404 microgrammi μg/l ecc. eccetera), anzi, Solvay ha aggravato il delitto e lo ha esteso in provincia. Né per queste violazioni -dolose- è stato aperto un nuovo processo. Neppure dopo il disastro ecosanitario dei Pfas acclarato dalle indagini ambientali ed epidemiologiche. Ad oggi, la strategia industriale di Solvay si regge su una penetrate attività lobbistica in politica, sorretta quanto basta da una poderosa propaganda mediatica atta a minimizzare e tranquillizzare. Insomma, la strategia Solvay è profitti immediati, prendere tempo e fare proselitismo istituzionale e mediatico. Quindi chiarissima è la volontà di non chiudere gli impianti. Solvay: assolutamente non chiudo i Pfas a Spinetta Marengo. Lo ha ribadito a Sindaco, Regione Piemonte e Procura: Solvay non ha alcuna intenzione di chiudere le produzioni di Pfas a Spinetta Marengo. La multinazionale belga conferma il “Solvay One Planet sustainability roadmap”: ovvero quella che - candidamente- definisce “la strategia globale di sostenibilità”, cioè produrre il nuovo tipo di PFAS, “NFS (Non-Fluoro-Surfactant), Fluoroelastomeri perossidici FKM Tecnoflon”, eliminando “quasi totalmente” l’uso dei fluorotensioattivi. Più di così non posso fare, ammicca Ilham Kadri CEO and President, o mangiate la minestra o saltate dalla finestra. Non posso proprio, perché “dobbiamo consolidare la leadership internazionale nei fluoroelastomeri, espandendo la base produttiva in Europa, negli Stati Uniti e in Cina”. Tant’è che “per soddisfare la crescita della domanda, da maggio 2021 abbiamo aumentato a Spinetta la capacita produttiva del 30% con un nuovo impianto per la produzione di fluoroelastomeri a reticolazione perossidica”. Per ora tenetevi il Pfas cC6O4 e accontentatavi che noi “volontariamente, siamo impegnati all’eliminazione degli additivi tensioattivi fluorurati in due step: due produzioni (fluoropolimeri Hyflon e Algoflon PTFE) interrotte entro giugno 2023 e, a livello globale, il 99% dal 2026 (l’1% a ciclo chiuso, zero reflui)”. Insomma, il C6O4 (e l’ADV?) è garantito in acqua e aria almeno fino al 2026. Lo autorizza la Provincia di Alessandria, con il benestare del sindaco. Solvay si approfitta che il sindaco di Alessandria omette atti di ufficio: non emana ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti dentro e fuori il Comune, come imporrebbe il ‘principio di precauzione’ alla massima autorità sanitaria locale: [Slide 19] egli infatti ha le prove che si muore di più e del perché, infatti gli studi già compiuti dimostrano che nella popolazione c'è una grave sofferenza sanitaria rispetto al resto della provincia e della regione: si muore di più per le molte e note patologie associate a Pfas e altre molecole prodotte dalla Solvay e da questa immesse nell'ambiente da decenni, come provato da ripetute indagini ambientali e, a maggior ragione dopo l’indagine dell’Università di Liegi. Il sindaco Abonante si consegna all’accusa di omissione di atti di ufficio, infatti sa bene, dalle campagne di analisi dell’Arpa, che su Spinetta Marengo dal cielo piovono 5 microgrammi ogni giorno di Pfas per ogni metro quadrato, e nell’acqua 52 microgrammi per litro di C6O4. Ad oggi, la Regione Piemonte, in complicità con sindaco e azienda, rinvia anzi evita il monitoraggio del sangue a tutta la popolazione, il cui esito sarebbe sentenza capitale per Solvay. Ad oggi, non è stato ripresentato in Parlamento il Disegno di Legge dell’ex senatore Mattia Crucioli, che detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia i Pfas. Vieta la produzione (Solvay), l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi. Invece della Legge, Governo e Regioni addirittura finanziano un nuovo impianto (Aquivion”) di Solvay per usare Pfas. L’assenza di una legge nazionale non giustifica né assolve le gravi responsabilità degli Amministratori Locali: non è un alibi. Denunciamo il vuoto per una calamità mondiale [Slide 20], (il progetto Forever Pollution Project oltre 17mila siti contaminati da Pfas in Europa, che ha in Italia le sue punte di iceberg nei disastri ambientali e sanitari (stigmatizzati anche dall’ONU) del Veneto (made in Miteni di Trissino) e del Piemonte (Solvay di Spinetta Marengo), ma che ormai non lascia indenne nessuna regione della penisola: Lombardia, Toscana, Lazio, Trentino, Marche, Emilia eccetera, come abbiamo più volte documentato sul nostro Sito www.rete-ambientalista.it . Per il Piemonte, se voi andate sul Sito di Arpa Piemonte, troverete la cartina “Pfas nelle acque superficiali e sotterranee in Piemonte” (clicca qui), sulla quale, con semplici clic sui triangolini azzurri, potete conoscere la situazione dei monitoraggi Pfas nelle località del Piemonte… **** [slide 21] Noi Movimenti ci opponiamo alla decadenza etica del potere reale: mascherata dal marketing e dalla falsa informazione, protetta da una scienza asservita e spacciata per neutrale; meccanismi utili nelle mani di chi ha le maggiori risorse per influenzare l’opinione pubblica. Con l’aiuto di questi meccanismi, Solvay ripropone i Pfas come pilastro dei consumi di massa, come progresso globale dell’economia. Non solo, l’esistenza di una realtà, come lo stabilimento di Spinetta Marengo, con devastate impatto ambientale ed elevati effetti sanitari, viene riproposta agli stessi abitanti della zona come progresso locale, come opportunità economica, occupazionale e perfino di promozione umana. Ho infatti usato i Pfas come “spiegazione del paradigma tecnocratico che è alla base dell’attuale processo di degrado ambientale”: per usare le parole del Papa. E anche per parlare di salute, per esemplificare in concreto, ho scelto opportunamente la questione dei Pfas. Quanti di voi hanno i Pfas nel sangue? sapete se sono i Pfas la causa delle vostre malattie? se rischiate per il futuro? Lo stesso vale per i vostri famigliari. Eppure non siete in grado di saperlo, di fare prevenzione o cura. Perché non sono possibili gli esami del sangue. Il Servizio sanitario nazionale, le Regioni, le Asl non prevedono questi esami. Neppure, come abbiamo visto, per le popolazioni più a rischio, a ridosso delle fonti più inquinanti. Se volete fare questi esami, per sapere, come io so per me, dovete mettere mano al portafoglio presso strutture private. D’altronde, altro che indagini ematiche! queste istituzioni neppure fanno le indagini ambientali. Un capitolo importante sono i costi. I Pfas sono una catastrofe sociale mondiale: ambientale + sanitaria + economica I Pfas non sono rimossi dal normale trattamento dell’acqua: carbone attivo e/o ozonizzazione. L’osmosi inversa o la nanofiltrazione sono costosi e richiedono grandi quantità di energia, non solo Pfas ma rimuovono anche i minerali e dunque l’acqua va rimineralizzata per utilizzarla come acqua potabile. L’elevato costo dell’osmosi inversa sarebbe riversato sulle bollette. Carbone attivo, osmosi inversa e nanofiltrazione lasciano i rifiuti che devono essere trattati separatamente: incenerimento. L’enorme improponibile costo della rimozione dei Pfas sarebbe comunque molto inferiore al costo sociale dell’esposizione (da 1 a 10/17). Il Consiglio dei ministri svedese ha stimato che i costi legati ai Pfas per la salute sono pari a 52-84 miliardi di euro per tutti i Paesi dell’Area Economica Europea A ciò si aggiungono i costi di bonifica dei siti contaminati. Il costo totale del trattamento delle acque potabili e reflue per rimuovere i Pfas è stato stimato in 238 miliardi di euro all’anno dell’UE. I costi per il trattamento, la bonifica e la salute legati all’inquinamento da Pfas raggiungeranno miliardi di euro all’anno. Chi paga? Chi inquina paga? Ovvero sono costi sociali. L’ONG svedese definisce astronomici i costi sociali dei Pfas: stimati a 16.000 miliardi di euro all’anno. Secondo il principio “chi inquina paghi”, dovrebbero essere applicato alle aziende produttrici. 16.000 miliardi superano ampiamente il margine di profitto annuale dell’industria: ricavi di produzione stimanti a 26 miliardi anno e i profitti a soli 4 miliardi di dollari. Dunque, se il principio “chi inquina paga” fosse applicato alla fonte: la produzione e l’uso di Pfas non sarebbe più economicamente conveniente. Eppure nel 2020 i volumi di produzione stimati di Pfas nella UE erano compresi tra 120.000 e 400.000 tonnellate all’anno. Oltre la produzione, l’uso totale e immissione sul mercato (miscele e articoli) dei Pfas si collocano tra le 690.000 e le 990.000 tonnellate all’anno, quindi quasi 1 milione di tonnellate con un trend in crescita. **** [slide 21] Se voi andate sul Sito di Arpa Piemonte, troverete la cartina “Pfas nelle acque superficiali e sotterranee in Piemonte” (clicca qui), sulla quale, con semplici clic sui triangolini azzurri, potete conoscere la situazione dei monitoraggi Pfas nelle località del Piemonte… ad eccezione di Spinetta Marengo, sì, proprio dove è in esercizio il più grande produttore e inquinatore italiano di queste sostanze tossiche, cancerogene e teratogene: lo stabilimento della Solvay. Esempio tangibile delle complicità delle Istituzioni con Solvay. Per non impressionare l’opinione pubblica (e i giurati del processo che sta per iniziare,) infatti l’Arpa sul “geoportale” cerca di eclissare l’area intorno al polo chimico benchè ormai sia arcinota (grazie al nostro fattivo contributo) come la più contaminante d’Italia. Insomma, si giustifica l’Arpa, data per scontata la tragedia ecosanitaria alessandrina, lo scopo ora del nostro geoportale è spingere cittadini e istituzioni ad “individuare eventuali altre fonti di inquinamento da Pfas sul territorio regionale dove l’Arpa ha attivato una campagna di controlli di scarichi potenzialmente fonti di immissione di Pfas: aziende nel cui ciclo produttivo possono essere presenti Pfas (trattamento di rifiuti, trattamenti galvanici, produzione e trattamento dei tessuti, cartiere) e depuratori civili e industriali che scaricano su corsi d’acqua». A pensare male, Andreotti docet, a noi sembra che l’Arpa cerchi di distogliere l’attenzione dalla Solvay di Spinetta Marengo.