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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

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LA VERITÀ’ SUL CASO MITENI CHE NESSUNO HA RACCONTATO

1. La catastrofe pianificata tra Veneto e Piemonte e i registi a piede libero. Tutto inizia nel 2009.
Per 1 euro di disonore

Agli inizi del 2000, il mondo della chimica fluorurata affrontava una crisi esistenziale. Il PFOA,
molecola essenziale per produzioni ad alto profitto come il Teflon, stava per essere bandito dall’EPA
americana per la sua persistenza ambientale e tossicità. DuPont e Solvay, giganti del settore,
dovevano trovare rapidamente dei sostituti per non perdere mercati miliardari. DuPont brevettò il
GenX nel 2009, Solvay registrò il cC6O4 presso ECHA nel 2011, presentandolo come “intermedio di
produzione non destinato a rilascio ambientale”. Entrambi i composti, strutturalmente simili al PFOA
ma con catene carboniose più corte, venivano propagandati come più sicuri del predecessore.

Il problema non era solo tecnico ma strategico: come introdurre questi nuovi composti senza attirare
l’attenzione delle autorità? Non negli USA. Lì dal 2001 si era consumato il contenzioso sui Pfas
Dupont che in Italia, anche a Spinetta e Trissino, guarderanno al cinema anni dopo, nel 2019, in
“Cattive acque”. La soluzione delle due multinazionali fu dunque l’Italia, il Veneto, la fabbrica Miteni,
piccola - media azienda veneta che, unica in Italia, produceva PFOA da decenni e aveva già
contaminato gravemente il territorio di buona parte del Veneto, nell’indifferenza criminale d tutti.

I giochi partono nel 2009 con l’avvio di una singolare operazione societaria. Mitsubishi vende Miteni
a un opaco fondo lussemburghese (ICIG) per un euro. Nella due diligence il consulente Erm,
multinazionale della consulenza ambientale, svela il disastro in divenire. Mitsubishi non dà
all’acquirente garanzie sulle future passività ambientali (incerte nel quando ma non nell’an).
Un’operazione economicamente razionale per Mitsubishi ma irrazionale per Icig che compra una
“bomba ambientale a orologeria” con la prospettiva, quando il PFOA sarà bandito, di fallimento
certo.

L’operazione diventa razionale solo ipotizzando qualcosa d’altro sotto. Tutti gli indizi disponibili
portano alla conclusione di una regia occulta di Solvay, che aveva “visitato” Miteni già nel 2008,
prima della “vendita”, per organizzare quel che Miteni avrebbe fatto dopo la “vendita”. Due ex
direttori dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo sono immediatamente trasferiti a Trissino nel
2009, portando con sé la conoscenza del Pfoa e del nuovo Pfoa, alias cC6O4. Incarnano il filo diretto
con la casa madre di Bruxelles. Il medico aziendale di Miteni diviene il “tutore” della salute dei
lavoratori di Trissino e di Spinetta, coorte unitaria di esposti prima a Pfoa e poi a Cc6O4.

Miteni si trasforma tra il 2009 e il 2011, da produttore autonomo di Pfoa qual era, in hub clandestino
di Solvay. La mansione assegnata è la rigenerazione delle resine di Spinetta, l’estrazione di Cc6O4 poi
restituito puro” a Spinetta e il successivo smaltimento dei fanghi pericolosi a tonnellate nelle acque
del Veneto. Il lavoro sporco, insomma. Il gioco serve a Solvay per il trasferimento del rischio dello
smaltimento delle pericolose resine dal Piemonte - dove non voleva gli occhi indiscreti della Procura
di Alessandria che già indagava Solvay non per Pfoa - al Veneto, terra in quel momento più tranquilla.

Gli abitanti delle Province di Treviso, Vicenza e Padova non furono consultati.

2. Nella terra del Piave, la Regione Veneto lascia passare lo straniero e ne fa arrivare anche un
altro.

Nel 2013 ARPA Veneto rileva il cC6O4 agli scarichi Miteni. Un campanello d’allarme per chi versava
in così flagrante re illicita.

La Regione Veneto nel 2014 concesse a Miteni un’Autorizzazione Integrata Ambientale che
autorizzava genericamente il “recupero PFAS” senza nominare quali sostanze, senza fissare limiti per
i nuovi composti, prescrivendo paradossalmente limiti draconiani solo per il PFOA e il Pfos che Miteni
non scaricava più.

Dal 2014 DuPont inizia a spedire da Dordrecht (Olanda) a Trissino fino a 100 tonnellate annue di
reflui contenenti GenX, mentre Solvay continuava a inviare da Spinetta resine sature di cC6O4. Miteni
trattava e restituiva “prodotto puro” ai due padroni, scaricando nelle acque venete e nei corpi dei
veneti tonnellate di rifiuti inquinanti. Perché anche Dupont? Le autorità olandesi stavano stringendo
i controlli a Dordrecht. La Regione Veneto permetteva ciò che altrove non era più tollerato.

Né Solvay, ora Syensqo, né Dupont, ora Chemours, conoscevano davvero gli effetti dei nuovi Pfas sul
corpo umano e sul corpo della natura. Scommisero. Poteva andar bene, poteva andar male. Andò
male. Non per loro. I profitti continuarono a fluire.

Il rischio traslato dal Piemonte al Veneto fu decisione ancor più spregiudicata.

Gli acquedotti veneti attingono acque da falde di gran portata ma superficiali e idrogeologicamente
vulnerabili. La morfologia del territorio amplifica l’impatto. Se il rischio fosse rimasto a Spinetta, dove
le gli acquedotti attingono falde profonde geologicamente protette, l’impatto poteva essere minore.

I veneti non ringraziano, ma nemmeno i piemontesi che respirano invece che bere il nuovo Pfoa di
Solvay ora Syensqo.

3. Il conto della serva. I primi provvisori numeri della silenziosa strage.

L’Università di Padova e l’Istituto Superiore di Sanità hanno documentato nel 2022 l’entità della parte
di disastro veneto: 3.890 morti in eccesso tra il 1985 e il 2018 nella popolazione esposta,
principalmente per cause cardiovascolari e tumori del rene e testicolo. Lo studio è definito
“prudenziale” dagli stessi autori perché basato solo sui PFAS vecchi, mancando ancora serie storiche
adeguate per i nuovi Pfoa mai monitorati in falda prima del 2018.

Le misure mancano perché loro non ne hanno fatte, ma i “loro” nuovi Pfoa c’erano, almeno dal 2011.

La parte di disastro post 2009 fino al 2018 è quasi tutto dei due campioni internazionali.

A Spinetta Marengo, come detto, la contaminazione, viaggiava per via area. ARPA e ASL piemontesi
hanno documentato nel 2019-2020 eccessi di mortalità e morbilità per tumori e malattie
cardiovascolari nei residenti entro 3 km dallo stabilimento, con gradiente crescente avvicinandosi
alla fonte.

In Veneto la Regione ha misurato i veleni nel sangue dei soli residenti della “zona rossa” la più
prossima alla fabbrica trissinese dal 2020. Nel 2024 la Regione Piemonte ha avviato screening
ematici, rilevando nei pochi campioni prelevati livelli di cC6O4 superiori alle soglie di sicurezza in
numerosi residenti.

Non è facile negare che in Piemonte e in Veneto, la morte deve aver falciato troppe vite senza alcuna
colpa se non d’abitare lì dove abitavano.

I lavoratori?

In entrambi i siti produttivi, il corpo dei lavoratori è stato pesantemente avvelenato da vecchi e nuovi
Pfas. Nessuna indagine epidemiologica è stata però fatta su di loro. Nel 2025 una Corte veneta
accerta che il Pfoa ha ucciso un lavoratore Miteni gravemente esposto a Pfoa. Altri casi come quello
di Pasqualino Zenere ci sono e nessuno li cerca.

La contaminazione e la potenziale esposizione umana si è propagata da Spinetta oltre
l’immaginabile. Il nuovo Pfoa è rilevato a Milano e Torino e anche sulle Alpi.

A est, il plume del nuovo Pfoa Solvay è propagato lungo le province di Treviso, Vicenza e Padova ma
dal 2019 è rilevato anche nel Po e negli acquedotti che da esso attingono.

L’Italia del Nord è inquinata da Cc6O4, nuovo Pfoa. L’enorme disastro ha due epicentri, Spinetta e
Trissino, l’uno e l’altro direttamente o indirettamente imputabili a Solvay ora Syensqo (e nell’arco
di tempo 2014-2018 anche da Dupont ora Chemours).

Il disastro non pare avere precedenti storici paragonabili e ancora non è stato indagato a fondo nella
sua drammatica unità.

L’esperimento sui nuovi PFAS si è rivelato scientificamente fallito per chi l’ha ideato e attuato. EPA
considera il GenX potenzialmente più pericoloso del PFOA, tanto che ha fissato limiti occupazionali
più restrittivi per il nuovo rispetto al vecchio. ECHA si è dovuta pentire del via libera dato e ha inserito
il composto Dupont nella lista nera delle sostanze estremamente pericolose e preoccupanti (STVHC).
La Corte UE ha respinto il ricorso di Chemours succeduta a Dupont, confermando la decisione ECHA.
Si attendono ulteriori passi di ECHA che potrebbe imporre restrizioni all’uso e financo il bando. C’è
chi dice che il nuovo Pfoa non sia meno cancerogeno del vecchio.

Il cC6O4, che Solvay aveva dichiarato nel 2011 intermedio non destinato a rilascio ambientale, è
quasi ubiquo nell’ambiente del nord Italia. Oltre che mobilissimo in acque e aria, è persistente,
probabilmente in eterno come i confratelli della famiglia Pfas, è comunque tossico per uomo e
ambiente, entra nella catena alimentare, e se è anche cancerogeno lo sapranno tra 20 30 o 40 anni
coloro che ora se lo portano nel sangue.

Syensqo ne promette la dismissione nel 2026 e non ci può essere confessione stragiudiziale più
eloquente. Forse il Cc6O4 andrà a far compagnia al cugino Genx dietro la lavagna dei cattivi nella
classe STVHC.

Quando si dice di lavorare per il progresso dell’umanità.

4. Nella fattoria orwelliana d’Italia non tutti i maiali sono eguali. Negli USA non va così. Non tutte
le democrazie liberali sono eguali.

Il 26 giugno 2025 la Corte d’Assise di Vicenza ha condannato 11 ex manager Miteni a pene tra 2 anni
e 8 mesi e 17 anni e 6 mesi (totale 141 anni di reclusione) per disastro doloso e avvelenamento
doloso di acque destinate all’alimentazione. I due manager Miteni puniti più severamente erano
proprio quelli arrivati da Solvay da Spinetta nel 2009. Ma i top manager di Solvay e DuPont, mandanti
e beneficiari dei profitti dell’operazione “1 euro di disonore”, non sono mai stati imputati, quindi,
per la giustizia italiana di quel che hanno fatto non debbono pagare i costi.

Non doveva andare così.

Il confronto con gli Stati Uniti è imbarazzante.

Ecco un riassunto essenziale e rigoroso dei principali contenziosi e accordi PFAS negli USA che
coinvolgono le grandi multinazionali (situazione aggiornata al 30 agosto 2025).

Syensqo / Solvay (USA)
New Jersey – West Deptford (PFNA & altri PFAS): accordo ~393 mln $ (giugno 2023) tra NJDEP/AG
e Solvay: 214 mln $ garanzie/bonifiche, 100 mln $ acqua potabile, 75 mln $ danni alle risorse naturali
+ rimborsi costi.

3M
Acquedotti USA (MDL AFFF): accordo nazionale 10,3–12,5 mld $ per i sistemi idrici pubblici;
approvazione finale del tribunale federale (D.S.C.) nell’aprile 2024; pagamenti in ~13 anni.
Minnesota (Twin Cities): 850 mln $ (2018) per danni ambientali e progetti acqua potabile; fondi
gestiti da MPCA/DNR.
New Jersey (statale): intesa fino a 450 mln $ (maggio 2025) per rivendicazioni su PFAS in vari siti;
pagamento iniziale ~285 mln $, saldo rateale 25 anni, in attesa di approvazione.

DuPont / Chemours / Corteva
Acquedotti USA (MDL AFFF): accordo congiunto 1,185 mld $ (giugno 2023) per risolvere le pretese
dei sistemi idrici pubblici; ripartizione: Chemours 50%, DuPont ~400 mln $, Corteva ~193 mln $.
Ohio (Washington Works / fiume Ohio): 110 mln $ (novembre 2023) per ripristino ambientale;
patteggiamento proposto/approvato secondo le procedure statali.
New Jersey (statale): 875 mln $ (annunciato 4 ago 2025), pagabili in 25 anni (valore attuale ~500
mln $); include quota per PFAS extra-sito; in attesa/oggetto di JCO.
C-8 / Parkersburg (cause lesioni individuali post-Leach): accordo globale 670,7 mln $ (2017) per
~3.550 cause personali legate a PFOA; segue la class action Leach e i verdetti pilota.
Sanzione EPA storica (TSCA/RCRA): 16,5 mln $ totali (di cui 10,25 mln $ di sanzione) per omissioni
informative su PFOA (2005).

Chemours (North Carolina – GenX/Cape Fear)
Consent Order (Bladen County, feb 2019): ordine giudiziario che impone riduzione 99% emissioni
aeree di GenX-like, stop scarichi non controllati, fornitura acqua sicura ai pozzi impattati e sanzione
12 mln $; implementazione in corso con aggiornamenti 2020.

Altri imputati AFFF nel MDL (esempi rilevanti)
Tyco Fire Products / Johnson Controls: accordo 750 mln $ (aprile 2024) con i sistemi idrici pubblici;
soggetto alle approvazioni del MDL.
BASF: accordo 316,5 mln $ (maggio 2024) con la classe dei sistemi idrici pubblici nel MDL AFFF.

MDL AFFF (D.S.C., n. 2:18-mn-2873): il contenzioso federale aggrega migliaia di cause di sistemi
idrici, Stati, proprietari e lesioni personali (es. vigili del fuoco); i grandi pacchetti transattivi del
2023-2024 (3M; DuPont/Chemours/Corteva; Tyco; BASF) coprono soprattutto i sistemi idrici
pubblici.

Azioni degli Stati: oltre a Minnesota, Ohio e New Jersey, vari Stati (p.es. California 2022 contro 3M,
DuPont e altri per danni diffusi) hanno avviato azioni per riparazioni ambientali e acqua potabile;
molte sono consolidate o coordinate con l’MDL.

Transazioni comunitarie locali: esempio Hoosick Falls (NY) – dopo il patteggiamento 65,25 mln $
(2021) con altri convenuti, DuPont ha accettato 27 mln $ (luglio 2025) per chiudere la class action
locale (in attesa di approvazione).

Takeaway. La responsabilità finanziaria complessiva per PFAS negli USA ha già raggiunto decine di
miliardi di dollari, trainata dall’MDL AFFF (acquedotti) e dalle azioni statali (MN, NJ, OH), con
ulteriori procedimenti in corso a livello statale e federale. Gli accordi impongono bonifiche,
trattamenti acqua potabile, garanzie finanziarie e, in alcuni casi, riduzioni emissive obbligatorie (es.
Chemours/GenX in NC).

I danni liquidati dalla Corte d’Assise di Vicenza, comunque modesti in confronto ai casi statunitensi
che pure non raggiungono la dimensione territoriale del disastro sabaudo- veneto di Syensqo-
DupontChemours-Miteni resteranno sulla carta ovvero sul corpo di chi li ha subiti.

Mitsubishi pagherà, se pagherà, il danno fino al 2009, ma l’assoluzione dei suoi manager imputati
vanificherà o renderà assai difficile ogni tentativo di riscossione, la lussemburghese Icig farà alle
vittime che le chiederanno qualcosa, il celebre gesto di Alberto Sordi “lavoratori, tiè”, Miteni è stata
fatta fallire e non ha più nulla.

Solvay Syensqo e Dupont, le Chemours uniche solvibili non sono state invitate.

La Provincia ha chiamato anche Eni a pagare come responsabile, perché Mit-Eni era joint venture
con Mitsubishi, da cui Eni uscì nel 1996, anno che segna, però, il limite della sua potenziale
responsabilità.

Nella Conferenza dei Servizi dove si decide la messa in sicurezza e futuri lavori di bonifica, Miteni è
rappresentata da consulenti tuttora di Solvay e anche di Eni.

C’è un caso da manuale di “justice arbitrage”.

Le stesse condotte criminose che negli Usa hanno un prezzo per i colpevoli stimato in miliardi, in
Italia restano impunite penalmente, civilisticamente e amministrativamente perché i colpevoli
sfruttano schermi societari (Miteni), finanziari (il fondo ICIG) e politici (l’AIA veneta).

Non è incompetenza dei controllori, ma intenzionale scelta politica.

Chiudere entrambi gli occhi con benevola indulgenza verso chi investe capitali esteri da noi.

Sociologi, antropologi della cultura, psicologi, politici, economisti e giuristi hanno di che lavorare per
comprendere “perché? La vita umana vale così poco in Italia rispetto agli USA”.


5. Le responsabilità sistemiche e l’urgenza di voltar pagina o il discredito seppellirà tutti noi con
una risata

Il disastro dei nuovi PFAS come quello dei vecchi non è il prodotto di una singola fabbrica deviata ma
di un sistema perfezionato con regia unica che funziona con regole e principi ben noti alla letteratura
economica e giuridica contemporanea non italiana.

Le istituzioni hanno facilitato il disastro e, almeno moralmente portano il peso di una responsabilità
gravissima per essere venuti meno al dovere primario che ne giustifica l’esistenza, la difesa della
salute della popolazione e del territorio, due dei tre elementi che definiscono lo Stato.

La Regione Veneto, dopo aver concesso l’AIA che ha permesso la catastrofe, si è costituita parte civile
al processo, in un paradosso che svela ipocrisia istituzionale.

La Regione Piemonte ha dichiarato di ignorare l’esistenza del cC6O4 fino al 2018, e quando Solvay,
che ha buttato a mare Miteni, chiede alla Provincia il raddoppio della sua produzione – l’ente
pubblico, sventurato, rispose sì, autorizzando con modifica AIA l’aumento di produzione di una
“cosa” che ufficialmente non conosceva e ancora non conosce.

Anche la Regione Piemonte è parte civile nel processo di Alessandria.

Parte civile è anche il Comune che nel 2012 ha permesso a Solvay di non includere nel Piano
Operativo di bonifica delle aree interne della fabbrica il Pfoa e nel 2024 ha sospeso la bonifica delle
aree esterne per i Pfas, Cc6O4 incluso, che erano stati rinvenuti nella caratterizzazione.

Il Comune di Alessandria, però, investirà 100.000 euro generosamente elargiti da Syensqo per
restaurare il Cimitero cittadino.

Al tempo della tragedia Piemonte e Veneto non si parlavano e nemmeno le rispettive silenziose Arpe,
né le Province di Vicenza e Alessandria, forse per problemi di comprensione dei diversi dialetti locali
in uso, che pure hanno comune radice celtico-leghista.

Il Ministero dell’Ambiente da cui gli avvocati Syensqo ora corrono (forse hanno cambiato mestiere o
il processo è difficile) non vide né che cosa succedeva in Piemonte né che cosa succedeva in Veneto,
con equanime indifferenza romana.

I media hanno costruito la narrazione “Miteni unico colpevole”, proteggendo i veri responsabili, o
per insipienza, disabitudine alla fatica dell’inchiesta old fashion, opportunismo o forse perché, come
accade, intimiditi o minacciati in vario modo. Questa semplificazione ha permesso alle multinazionali
di restare nell’ombra e alle istituzioni di evitare domande scomode sulle proprie responsabilità.

Solo la mobilitazione dal basso, guidata dalle Mamme No PFAS venete e i comitati piemontesi,
Greenpeace, Medicina democratica, attivisti di base e altri che non riesco a citare, ha squarciato
parzialmente il velo di omertà che tutela i potenti vertici delle potenti multinazionali.

6. Non è tutto. La procedura di fallimento Miteni ancora “per un euro di disonore” chiude il
cerchio. Prendi i soldi e scappa, magari in India

Nel 2018, dopo un’ispezione dei NOE, (che hanno comunque giocato con la Procura ruolo di
protagonisti attivi e positivi in una storia così opaca), l’avvelenamento di massa iniziò a essere
scoperto e, almeno in parte compreso, Miteni si “autodenuncia” per smaltimento non autorizzato
di rifiuti di cC6O4 e GenX. Null’altro, ormai, potevano fare i burattinai per non essere scoperti se non
sacrificare il burattino.

Nel 2018, allora, si replica, con varianti il “giochetto da 1 euro” simile ma non eguale a quello del
2009.

Il curatore del fallimento Miteni allestisce un’asta per vendere i brevetti di Syensqo e Chemours, e
quel che resta dell’azienda. L’indiana Viva dev’essere stata l’unica a partecipare o l’unica a fare
un’offerta. Elegantemente, aggiunge 1 euro (sempre 1 euro) alla più che modica cifra di meno di 5
milioni fissata dal curatore come prezzo base della farsesca gara e si porta a casa tutto.

Nota di colore. Viva non paga in contanti, promette di pagare i poco meno di 5 milioni più 1 euro, in
18 mesi.

L’India, per i colossi che tengono stretti i loro brevetti, è un po’ come l’Italia del 2009. Non ci sono
regole per i Pfas e chi li produce è accolto a braccia aperte, esattamente come fece la Regione Veneto
e la Regione Piemonte nel 2014, ma anche prima, come avevano sempre fatto tutti in Italia nei
passati 40 anni almeno.

The show must go on.


7. Non resta che aver fiducia nel vecchio arnese, il diritto e il processo penale? I grandi gruppi
sanno come eludere anch’esso.


Il vecchio diritto penale, con la Procura di Vicenza e l’azione dei NOE, ha fatto molto ma non tutto.

Il procedimento penale di Alessandria contro Solvay, ora Syensqo, avviato nel 2020 dalla Procura
locale è stato invece paralizzato.

Rinvii via via più lunghi le cui ragioni addotte non sono tutte limpide. Syensqo promette con gli
avvocati trattative propagandistiche con le parti civili che sfociano in offerte irrispettose che, però,
permettono di lucrare un anno. Pochi giorni prima della sentenza di Vicenza, Syensqo annuncia coi
suoi legali un “meeting a porte chiuse” avente ad oggetto il processo di Alessandria. La convention
comincia il 2 settembre di quest’anno. Syensqo, però, non parlerà del processo di Alessandria con il
Giudice per difendersi dalle accuse del PM. Parlerà invece con il Ministero dell’Ambiente. La vera
partita si gioca nei corridoi ministeriali della cosiddetta alta politica, non nelle aule di giustizia.
L’udienza preliminare coerentemente slitta a marzo dell’anno prossimo, il 2026. Chi ha Pfas nel
sangue ne avrà un po’ di più, gli ecosistemi avranno sofferto ancora, Syensqo avrà prodotto altri
profitti.

Se l’imputato può scegliere la “giustizia politica” al posto di quella alta imparziale della legge vuol
dire che conta su indulgenze e benevolenze di dubbia giustificazione.

La situazione è nuova e almeno inquietante, quasi sovversiva dell’architettura dei Poteri dello Stato
che avviene col consenso dello Stato.



CONCLUSIONE

L’urgenza ora è triplice.

Serve **una sola mappa** della contaminazione e della esposizione umana a vecchi e nuovi Pfas:
un Sito di Interesse Nazionale unico Spinetta-Trissino-Po che riconosca l’unitarietà del disastro.

Serve **una sola procedura**: un programma nazionale di sorveglianza sanitaria per tutti gli
esposti, con dati aperti e protocolli standardizzati.

Serve **un solo nuovo processo nel merito** agli imputati graziati ad Alessandria (dove sono alla
sbarra due dirigenti locali che non sono certo i reali decisori) che accerti tutte le responsabilità senza
fermarsi ai capri espiatori, (colpevoli anche loro ma non per questo meno capri espiatori delle
responsabilità di altri sopra di loro) imponendo alle multinazionali di pagare bonifiche e risarcimenti
come avviene nel resto del mondo.

La lezione è chiara: finché il rischio ambientale può essere trasferito tramite schermi societari,
spostato geograficamente verso territori meno protetti, coperto da autorizzazioni compiacenti e
narrato come incidente locale, il ciclo si ripeterà.

Questa è la verità che emerge dai documenti, dalle sentenze, dai 3.890 morti in eccesso solo nella
“zona rossa” del Veneto e dalle notizie sulle indagini scientifiche spinettesi poi abbandonate. Quanti
sono i morti in più nella coorte globale del nord nord-ovest est d’Itala? Finora non c’è risposta. Le
istituzioni italiane continuano a frammentare, i media a semplificare, la giustizia a dimezzare. Ma i
PFAS nel sangue di centinaia di migliaia di persone raccontano una storia diversa: quella di un
esperimento sulla pelle di una popolazione, pianificato a tavolino dalle multinazionali, facilitato dallo
Stato, pagato con la salute e la vita dei cittadini.

Due epicentri, un solo disastro, una sola regia criminale.