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1 Alessandria, 22 gennaio 2022 SOLVAY DI SPINETTA MARENGO: NON SOLO INQUINAMENTO DELLE FALDE ACQUIFERE La Commissione parlamentare d’inchiesta “Ecoreati ed Ecomafie” si è occupata approfonditamente dell’inquinamento provocato dalle sostanze chimiche denominate PFAS che non si degradano naturalmente ma si accumulano e persistono negli esseri viventi con gravi danni per la salute. Il caso più noto è il disastro ambientale causato dalla ditta Miteni che scaricando PFAS nelle acque superficiali ha causato l’avvelenamento delle acque potabili di una vastissima area del Veneto. L’indagine condotta sul sangue di migliaia di abitanti ha messo in evidenza la presenza di quantità rilevanti di tali sostanze ( i PFAS sono una “famiglia”con diverse formulazioni) e i gravi effetti sulla salute tuttora oggetto di studi ed analisi. La Commissione Ecoreati si è anche occupata del Polo chimico di Spinetta Marengo di proprietà della multinazionale Solvay, attualmente l’unica azienda italiana a produrre i PFAS. L’indagine condotta dal dott. Zolezzi, relatore della commissione, si è occupata dell’inquinamento delle acque per analogia con il caso veneto. Nel caso “ Spinetta Marengo” le acque di falda superficiale ed intermedia di una vastissima area compresa fra lo stabilimento Solvay ed Alessandria sono inquinate da sostanze tossiche e velenose : il Cromo VI, il DDT, i solventi organici clorurati quali il cloroformio , la trielina cancerogeno di gruppo1. A queste sostanze solo ultimamente – non essendo mai stati ricercati sistematicamente in precedenza- si sono aggiunti i PFAS. La relazione della Commissione - per altri versi estremamente esauriente ed incisiva – deve a mio avviso essere implementata riguardo all’inquinamento piemontese causato da Solvay in quanto ha modalità che lo differenziano da quello veneto . E’ anzitutto da segnalare che l’azienda ha scaricatoi liquami delle lavorazioni direttamente nel fiume Bormida senza alcun sistema di abbattimento dei PFAS fino al 2019.E Solvay era al corrente della nocività di tali sostanze perlomeno dagli inizi del secolo in quanto ha aderito al protocollo di Stoccolma – voluto dall’ONU-per la messa al bando dei PFAS cosiddetti a catena lunga fra i quali il PFOA prodotto da Solvay fino al 2013. Ha continuato ciò non ostante a produrre un PFAS simile, l’ADV o ClPFPECAs ed ha iniziato l’uso e la produzione di un PFAS sostitutivo il C6O4 : il tutto ripeto predisponendo i sistemi di abbattimento, oltretutto di tecnologia obsoleta, solo a partire dal 2019 . Le prime analisi sulle acque potabili condotte da ARPA nel 2019 hanno portato alla scoperta dei PFAS nell’acquedotto di Montecastello ed alla chiusura dello stesso. Gli acquedotti alessandrini più vicini alla Solvay attingono l’acqua a grandi profondità- in quanto come ho rilevato in precedenza- l’avvelenamento della falda acquifera superficiale e intermedia fu noto fin dagli anni ‘40 . I dati ARPA segnalano che l’inquinamento sta interessando strati sempre più profonde: da qui la necessità di intervenire al più presto per preservare per lo meno la riserva idrica profonda. La relazione non riferisce dell’inquinamento causato dalla Solvay nell’atmosfera di Spinetta o meglio del contributo che i PFAS forniscono al cocktail di sostanze tossiche e pericolose 2 per la salute umana che gli abitanti della Fraschetta e di Spinetta in particolare si respirano H24 da anni e che ha come ingredienti principali oltre al cloroformio l’Acido Fluoridrico, Acido Cloridrico, Ammoniaca, Cloroformio, Alcoli, Anidride fosforica (P2O5), Composti Iodurati (C4F8I2), Zn, Idrossido di potassio, NOx, SOx,Polveri, Si tratta di centinaia di chili emessi ogni giorno visto che i soli composti fluorurati possono raggiungere i 110 kg , vedi dati dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA ) rilasciata dalla Provincia nel 2010. L’AIA prescrive concentrazioni e portate per le sostanze elencate ma non per i PFAS che quindi vengono emessi in atmosfera senza passare attraverso sistemi di depurazione nell’assunzione che le quantità emesse siano nulle o minime. Ma non è così come lo provano le indagini condotte da ARPA nei primi mesi del 2020 (PRATICA N°G07_2020_00122).L’Ente regionale ha effettuato campionamenti di acque di condensa tramite contenitori in vetro dotato di imbuto posizionati sul tetto della stazione di monitoraggio aria di Via Genova per un periodo di 30gg circa dal 15/01/20 al 18/02/20. E’ stata raccolta una adeguata quantità di condensa atmosferica e successivamente sono stati ricercati i PFAS. Questi i risultati :il PFOA , la cui produzione è cessata nel 2013 è ancora presente in atmosfera in quantità non trascurabili (70 nanogrammi/litro). I PFAS attualmente prodotti sono due: ADV7800 e cC6O4. ARPA ha solo ricercato il cC6O4 , quasi certamente in quanto Solvay ha negato le specifiche di ADV, ed il risultato è stato estremamente allarmante: 5060 nanogr/litro da confrontarsi con il limite proposto nel collegato ambientale di 500 nanogr/litro. Tale risultato induce a ritenere che le rilevanti eccedenze di patologie anche tumorali emerse dalle indagini epidemiologiche condotte sulla popolazione della Fraschetta siano da correlarsi principalmente al cocktail di veleni emesso da Solvay in atmosfera e giornalmente respirato dagli abitanti ed ancor più dai lavoratori. Mi chiedo se gli enti preposti alla salvaguardia della salute dei cittadini (ASL e COMUNE) abbiano incisivamente dato seguito a tali allarmanti risultati, richiedendo approfondimenti ad ARPA, l’analisi dell’ADV 7800 e soprattutto decidendo di dar seguito alle indagini epidemiologiche ed al biomonitoraggio di abitanti e lavoratori. E’ inoltre inquietante pensare che la Provincia, conosciuti tali risultati, abbia comunque concesso a Solvay con il supporto di ARPA nei primi mesi del 2021 l’autorizzazione a produrre cC6O4 senza alcun vincolo sulle emissioni in atmosfera. L’industria chimica Solvay sorge nel cuore di un centro densamente abitato sul quale esercita un impatto ambientale estremamente negativo ed inoltre è «sito Seveso» a rischio di incidente disastroso. In tali condizioni è arduo se non impossibile garantire sicurezza e salute a popolazione e lavoratori. L’unica soluzione auspicabile per coniugare salute e lavoro è la chiusura delle lavorazioni chimiche e la trasformazione del sito in Centro di Ricerche per bonifiche ambientali “non produttivo” e quindi non inquinante e non pericoloso. Claudio Lombardi (Assessore Ambiente Comune AL 2013-2017)