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i parte, updated 9/19/25, 4:21 PM

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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

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LA VERITÀ’ SUL CASO MITENI CHE NESSUNO HA RACCONTATO

1. La catastrofe pianificata tra Veneto e Piemonte e i registi a piede libero. Tutto inizia nel 2009.
Per 1 euro di disonore

Agli inizi del 2000, il mondo della chimica fluorurata affrontava una crisi esistenziale. Il PFOA,
molecola essenziale per produzioni ad alto profitto come il Teflon, stava per essere bandito dall’EPA
americana per la sua persistenza ambientale e tossicità. DuPont e Solvay, giganti del settore,
dovevano trovare rapidamente dei sostituti per non perdere mercati miliardari. DuPont brevettò il
GenX nel 2009, Solvay registrò il cC6O4 presso ECHA nel 2011, presentandolo come “intermedio di
produzione non destinato a rilascio ambientale”. Entrambi i composti, strutturalmente simili al PFOA
ma con catene carboniose più corte, venivano propagandati come più sicuri del predecessore.

Il problema non era solo tecnico ma strategico: come introdurre questi nuovi composti senza attirare
l’attenzione delle autorità? Non negli USA. Lì dal 2001 si era consumato il contenzioso sui Pfas
Dupont che in Italia, anche a Spinetta e Trissino, guarderanno al cinema anni dopo, nel 2019, in
“Cattive acque”. La soluzione delle due multinazionali fu dunque l’Italia, il Veneto, la fabbrica Miteni,
piccola - media azienda veneta che, unica in Italia, produceva PFOA da decenni e aveva già
contaminato gravemente il territorio di buona parte del Veneto, nell’indifferenza criminale d tutti.

I giochi partono nel 2009 con l’avvio di una singolare operazione societaria. Mitsubishi vende Miteni
a un opaco fondo lussemburghese (ICIG) per un euro. Nella due diligence il consulente Erm,
multinazionale della consulenza ambientale, svela il disastro in divenire. Mitsubishi non dà
all’acquirente garanzie sulle future passività ambientali (incerte nel quando ma non nell’an).
Un’operazione economicamente razionale per Mitsubishi ma irrazionale per Icig che compra una
“bomba ambientale a orologeria” con la prospettiva, quando il PFOA sarà bandito, di fallimento
certo.

L’operazione diventa razionale solo ipotizzando qualcosa d’altro sotto. Tutti gli indizi disponibili
portano alla conclusione di una regia occulta di Solvay, che aveva “visitato” Miteni già nel 2008,
prima della “vendita”, per organizzare quel che Miteni avrebbe fatto dopo la “vendita”. Due ex
direttori dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo sono immediatamente trasferiti a Trissino nel
2009, portando con sé la conoscenza del Pfoa e del nuovo Pfoa, alias cC6O4. Incarnano il filo diretto
con la casa madre di Bruxelles. Il medico aziendale di Miteni diviene il “tutore” della salute dei
lavoratori di Trissino e di Spinetta, coorte unitaria di esposti prima a Pfoa e poi a Cc6O4.

Miteni si trasforma tra il 2009 e il 2011, da produttore autonomo di Pfoa qual era, in hub clandestino
di Solvay. La mansione assegnata è la rigenerazione delle resine di Spinetta, l’estrazione di Cc6O4 poi
restituito puro” a Spinetta e il successivo smaltimento dei fanghi pericolosi a tonnellate nelle acque
del Veneto. Il lavoro sporco, insomma. Il gioco serve a Solvay per il trasferimento del rischio dello
smaltimento delle pericolose resine dal Piemonte - dove non voleva gli occhi indiscreti della Procura
di Alessandria che già indagava Solvay non per Pfoa - al Veneto, terra in quel momento più tranquilla.

Gli abitanti delle Province di Treviso, Vicenza e Padova non furono consultati.

2. Nella terra del Piave, la Regione Veneto lascia passare lo straniero e ne fa arrivare anche un
altro.

Nel 2013 ARPA Veneto rileva il cC6O4 agli scarichi Miteni. Un campanello d’allarme per chi versava
in così flagrante re illicita.

La Regione Veneto nel 2014 concesse a Miteni un’Autorizzazione Integrata Ambientale che
autorizzava genericamente il “recupero PFAS” senza nominare quali sostanze, senza fissare limiti per
i nuovi composti, prescrivendo paradossalmente limiti draconiani solo per il PFOA e il Pfos che Miteni
non scaricava più.

Dal 2014 DuPont inizia a spedire da Dordrecht (Olanda) a Trissino fino a 100 tonnellate annue di
reflui contenenti GenX, mentre Solvay continuava a inviare da Spinetta resine sature di cC6O4. Miteni
trattava e restituiva “prodotto puro” ai due padroni, scaricando nelle acque venete e nei corpi dei
veneti tonnellate di rifiuti inquinanti. Perché anche Dupont? Le autorità olandesi stavano stringendo
i controlli a Dordrecht. La Regione Veneto permetteva ciò che altrove non era più tollerato.

Né Solvay, ora Syensqo, né Dupont, ora Chemours, conoscevano davvero gli effetti dei nuovi Pfas sul
corpo umano e sul corpo della natura. Scommisero. Poteva andar bene, poteva andar male. Andò
male. Non per loro. I profitti continuarono a fluire.

Il rischio traslato dal Piemonte al Veneto fu decisione ancor più spregiudicata.

Gli acquedotti veneti attingono acque da falde di gran portata ma superficiali e idrogeologicamente
vulnerabili. La morfologia del territorio amplifica l’impatto. Se il rischio fosse rimasto a Spinetta, dove
le gli acquedotti attingono falde profonde geologicamente protette, l’impatto poteva essere minore.

I veneti non ringraziano, ma nemmeno i piemontesi che respirano invece che bere il nuovo Pfoa di
Solvay ora Syensqo.

3. Il conto della serva. I primi provvisori numeri della silenziosa strage.

L’Università di Padova e l’Istituto Superiore di Sanità hanno documentato nel 2022 l’entità della parte
di disastro veneto: 3.890 morti in eccesso tra il 1985 e il 2018 nella popolazione esposta,
principalmente per cause cardiovascolari e tumori del rene e testicolo. Lo studio è definito
“prudenziale” dagli stessi autori perché basato solo sui PFAS vecchi, mancando ancora serie storiche
adeguate per i nuovi Pfoa mai monitorati in falda prima del 2018.

Le misure mancano perché loro non ne hanno fatte, ma i “loro” nuovi Pfoa c’erano, almeno dal 2011.

La parte di disastro post 2009 fino al 2018 è quasi tutto dei due campioni internazionali.

A Spinetta Marengo, come detto, la contaminazione, viaggiava per via area. ARPA e ASL piemontesi
hanno documentato nel 2019-2020 eccessi di mortalità e morbilità per tumori e malattie
cardiovascolari nei residenti entro 3 km dallo stabilimento, con gradiente crescente avvicinandosi
alla fonte.

In Veneto la Regione ha misurato i veleni nel sangue dei soli residenti della “zona rossa” la più
prossima alla fabbrica trissinese dal 2020. Nel 2024 la Regione Piemonte ha avviato screening
ematici, rilevando nei pochi campioni prelevati livelli di cC6O4 superiori alle soglie di sicurezza in
numerosi residenti.

Non è facile negare che in Piemonte e in Veneto, la morte deve aver falciato troppe vite senza alcuna
colpa se non d’abitare lì dove abitavano.

I lavoratori?

In entrambi i siti produttivi, il corpo dei lavoratori è stato pesantemente avvelenato da vecchi e nuovi
Pfas. Nessuna indagine epidemiologica è stata però fatta su di loro. Nel 2025 una Corte veneta
accerta che il Pfoa ha ucciso un lavoratore Miteni gravemente esposto a Pfoa. Altri casi come quello
di Pasqualino Zenere ci sono e nessuno li cerca.

La contaminazione e la potenziale esposizione umana si è propagata da Spinetta oltre
l’immaginabile. Il nuovo Pfoa è rilevato a Milano e Torino e anche sulle Alpi.

A est, il plume del nuovo Pfoa Solvay è propagato lungo le province di Treviso, Vicenza e Padova ma
dal 2019 è rilevato anche nel Po e negli acquedotti che da esso attingono.

L’Italia del Nord è inquinata da Cc6O4, nuovo Pfoa. L’enorme disastro ha due epicentri, Spinetta e
Trissino, l’uno e l’altro direttamente o indirettamente imputabili a Solvay ora Syensqo (e nell’arco
di tempo 2014-2018 anche da Dupont ora Chemours).

Il disastro non pare avere precedenti storici paragonabili e ancora non è stato indagato a fondo nella
sua drammatica unità.

L’esperimento sui nuovi PFAS si è rivelato scientificamente fallito per chi l’ha ideato e attuato. EPA
considera il GenX potenzialmente più pericoloso del PFOA, tanto che ha fissato limiti occupazionali
più restrittivi per il nuovo rispetto al vecchio. ECHA si è dovuta pentire del via libera dato e ha inserito
il composto Dupont nella lista nera delle sostanze estremamente pericolose e preoccupanti (STVHC).
La Corte UE ha respinto il ricorso di Chemours succeduta a Dupont, confermando la decisione ECHA.
Si attendono ulteriori passi di ECHA che potrebbe imporre restrizioni all’uso e financo il bando. C’è
chi dice che il nuovo Pfoa non sia meno cancerogeno del vecchio.

Il cC6O4, che Solvay aveva dichiarato nel 2011 intermedio non destinato a rilascio ambientale, è
quasi ubiquo nell’ambiente del nord Italia. Oltre che mobilissimo in acque e aria, è persistente,
probabilmente in eterno come i confratelli della famiglia Pfas, è comunque tossico per uomo e
ambiente, entra nella catena alimentare, e se è anche cancerogeno lo sapranno tra 20 30 o 40 anni
coloro che ora se lo portano nel sangue.

Syensqo ne promette la dismissione nel 2026 e non ci può essere confessione stragiudiziale più
eloquente. Forse il Cc6O4 andrà a far compagnia al cugino Genx dietro la lavagna dei cattivi nella
classe STVHC.

Quando si dice di lavorare per il progresso dell’umanità.

4. Nella fattoria orwelliana d’Italia non tutti i maiali sono eguali. Negli USA non va così. Non tutte
le democrazie liberali sono eguali.