Sul tema delle sostanze perfluoro-alchiliche, i cosiddetti Pfas (tra questi il cC6O4, ndr), mi sono
molto battuto anche in sede europea qualche mese fa riuscendo ad ottenere importanti risultati.
L’Italia, infatti, è stata in prima fila nel chiedere la massima ambizione sui Pfas e poter vedere oggi
nella nuova direttiva acque della UE il valore limite di queste sostanze fissato a 0,1 microgrammi
al litro come massimo per tutta l’Europa è il miglior riconoscimento del lavoro fatto dal nostro
Paese in quella sede, ottenuto con una negoziazione difficile ma che non è mai arretrata di un
passo. E il successo dell’azione in Europa ci ha aperto anche la strada per poter legiferare anche
nel nostro Paese con più facilità. L’aver riconosciuto i Pfas come un problema delle acque europee,
infatti, ci ha permesso di arrivare a vincoli ancora più stringenti. Come ministero dell’Ambiente,
attraverso gruppo di lavoro al quale hanno partecipato anche Ispra e ministero della
Salute, abbiamo stabilito di abbassare a livello nazionale i limiti fino allo zero laboratoriale i
livelli di Pfas, dando ovviamente alle Regioni la competenza per il monitoraggio».
«Questa posizione è diventata un articolo che sarà inserito nel prossimo Collegato ambientale, in
modo che la norma diventi operativa nel più breve tempo possibile. L’intervento normativo, inoltre,
rispecchia i recenti obblighi derivanti da accordi internazionali, come il Reach, che prevedono il
divieto di utilizzo e di presenza nei prodotti di alcune sostanze appartenenti alla categoria delle
sostanze poli e perfluoroalchiliche sulla base delle
loro caratteristiche di persistenza,
bioaccumulabilità e tossicità. Questo, in prospettiva, consentirà anche alle Regioni che non hanno
stabilito limiti ai livelli di Pfas di applicare i criteri della norma nazionale e agire di conseguenza».