Loading ...
Rete Ambi...
Other
39
0
Try Now
Log In
Pricing
NATURA IN FORMA n° 4-5/3 APRILE-MAGGIO 2023 ASSOCIAZIONE NATURALISTICA SANDONATESE 49° anno Presentazione Anche i numeri di aprile e di maggio della no- stra rivista sono stati “coniugati” in uno solo; ce ne scusiamo con i Lettori. Si ricomincia con un articolo che, per il Re- gno Vegetale, riguarda bellissimi Iris che ve- getano nel territorio Veneto. Per il Regno animale, invece, si parla di una interessante nidificazione segnalata da Mauri- zio Peripolli a Portogruaro, cui seguono le se- gnalazioni di interessanti, nuove e per certi ver- si sorprendenti presenze faunistiche e due pa- role sull’Orso. Questo ultime necessarie dopo lo sproloquiare seguito alla disgrazia, a tutti no- ta, occorsa in Trentino. E’ quindi la volta di Natura & Poesia, con due brevi componimenti in versi di MT52. La rubrica Natura & Narrativa, ospita due nuove voci tratte dal “Dizionario - quasi auto- biografico - di un naturalista”, dal titolo A: Alba e A: Albero. Per la rubrica Natura & Arte si è voluto ricor- dare un valente ornitologo e disegnatore natu- ralista Friulano, che alla sua passione dedicò l’intera esistenza. Segue quindi la rubrica Natura Libri & Film, in cui viene proposta una breve recensione del- lo splendido film La Pantera delle nevi. Due sono invece i pezzi inseriti nella rubrica Natura & Politica: un progetto formulato circa quarant’anni addietro e in palese contrasto con l’attuale progetto di raddoppio dell’aeroporto Marco Polo di Tessera e la seconda parte del divertente pezzo satirico di Enos Costantini. In Natura & Babarie la denuncia ANS riguar- dante l’urbanizzazione di Valle Ossi, sulla sini- stra di foce del fiume Piave. Per la rubrica Natura & Viaggi, Gabriele e Maurizio Peripolli offrono un bellissimo servizio fotografico sulla biodiversità del Costa Rica. In Le nostre escursioni, un breve servizio fotografico sull’ultima escursione ANS. Segue la rubrica Progetti di Ricerca, con un breve pezzo sul Progetto Lince Italia, finalizza- to alla reintroduzione della specie. Infine, le immancabili e come sempre, bellis- sime, Foto dei Lettori. Buona lettura, buona visione e ….. .. e al prossimo numero. Michele Zanetti Sommario n° 4-5 Regno Vegetale 1. I bellissimi Iris selvatici del Veneto (Michele Zanetti) Regno Animale 1. Una nidificazione interessante (Maurizio Peripolli, Michele Zanetti) 2. Sorprendenti, silenziose presenze (Michele Zanetti) 3. Due parole sull’Orso (Michele Zanetti) Regno dei Funghi Ecologia umana Natura e Poesia 1. Piccoli eterni prodigi (MT52) 2. Di primavera e di sogni (MT52) Informazione naturalistica Natura & Narrativa 1. A: Alba; A: Albero (Michele Zanetti) Natura & Arte 1. Graziano Vallon, ornitologo (Michele Zanetti) Natura Libri & Film 1. La Pantera delle nevi (Michele Zanetti) Natura e politica 1. Un progetto rivoluzionario sulla gronda lagunare del Montiron (Michele Zanetti) 2. E’ arrivato un bastimento carico di … (di Enos Co- stantini) 2a parte Natura & Barbarie 1. Valle Ossi, ultima spiaggia (Michele Zanetti) Natura & Viaggi 1. Costa Rica. La fabbrica delle meraviglie (Gabriele Peripolli, Maurizio Peripolli) Le nostre escursioni 1. Pedemontana pordenonese (Michele Zanetti) Progetti di ricerca 1. Progetto Lince Italia (Progetto Lince Italia) Le Foto dei Lettori 1. (Francesca Cenerelli, Corinna Marcolin, Cristina Stella) Hanno collaborato a questo numero Francesca Cenerelli Enos Costantini Corinna Marcolin Gabriele Peripolli Maurizio Peripolli Progetto Lince Italia Cristina Stella MT52 Michele Zanetti 1 Le foto e i disegni, ove non diversamente indicato, sono di M. Zanetti. In copertina. Colombaccio (Columba palumbus). REGNO VEGETALE 2 I BELLISSIMI IRIS SELVATICI DEL VENETO Di Michele Zanetti L’Iris è uno dei fiori in assoluto più popolari. Appartenente alla famiglia Iridaceae, questo genere ha espresso con la specie Iris germani- ca una delle rizomatose ornamentali in assolu- to più diffuse nei giardini dell’intero territorio italiano. “Il fiore che non si annaffia mai”, dico- no i cataloghi delle aziende florovivaistiche e questo rende queste piante adatte ad aiuole soleggiate, fioriere e balconi, oltretutto in sinto- nia con il fenomeno del riscaldamento globale. Pochi, tuttavia, conoscono le specie selvati- che del genere Iris e dei generi affini. Piante forse meno vistose, eppure bellissime e tali da riservare ai cultori delle collezioni botaniche in giardino, gratificazioni notevoli. Si tratta di specie generalmente frugali in ter- mini ecologici, che esigono comunque posizio- ni soleggiate e che si adattano anche a suoli poveri e ricchi di scheletro, essendo che vege- tano spesso in ambienti rupestri o sassosi. Le recenti revisioni della sistematica floristi- ca hanno suddiviso il genere Iris in tre generi: Iris, Limniris e Chamaeiris, annullando nel con- tempo il genere Hermodactylus. Le specie selvatiche e autoctone che rappre- sentano i tre generi nel Veneto sono sei. Tra queste la più frequente è rappresentata dal Giaggiolo acquatico (Iris pseudacorus), i cui fiori gialli decorano la sponda dei fossi e le paludi dolci nel mese di maggio. Specie a co- rologia Euro-asiatica, il Giaggiolo acquatico vegeta nella pianura e in ambiente collinare, fino a 300 m slm. Relativamente frequente nelle radure soleg- giate degli arbusteti collinari e prealpini è il Giaggiolo susinario (Chamaeiris graminea), che invece è assai raro in pianura. Specie a corologia SE-europea, vegeta dalla pianura fino a 800 m slm. Molto raro in pianura e poco frequente in ambiente prealpino è anche il Giaggiolo sibe- riano (Limniris sibirica), che vegeta nei prati umidi e nelle torbiere, subendo purtroppo la sorte del suo habitat. La specie è a corologia Eurosiberiana e sale fino a 1300 m slm. Localizzato sui Colli Euganei e Berici è inve- ce il Giaggiolo tuberoso (Iris tuberosa), che presenta una corologia N-Steno-Mediterranea e che vegeta dal Piano collinare, fino a 1400 m slm. Frequentissimo in ambiente planiziale appa- re invece il Giaggiolo fetido (Iris fetidissima). Impiegata per arredare il sottobosco dei parchi storici, la specie appare attualmente ubiquita- ria. La sua corologia è Euri-Mediterranea e la distribuzione altitudinale si estende dal Piano a 1400 m slm. Localizzata nella fascia prealpina appare in- fine la specie endemica Giaggiolo del monte Cengio Alto (Iris cengialti), rappresentata da alcune sottospecie. Si tratta di un giaggiolo ca- ratterizzato da grandi fiori di colore azzurro, che vegeta in ambiente rupestre fra i 300 e i 1000 m slm. REGNO VEGETALE 3 Bibliografia Pignatti Sandro, 1985, Flora d’Italia, 3 voll., Edagricole, BO. Pagina precedente Giaggiolo acquatico (Iris pseudacorus). Dall’alto in basso e da sinistra a destra. Giaggiolo susinario (Chamaeiris graminea). Giaggiolo tuberoso (Chamaeiris tuberosa). Giaggiolo fetido (Iris fetidissima). Giaggiolo del Monte Cengio Alto (Iris cem- gialti). Giaggiolo siberiano (Limniris sibirica). REGNO ANIMALE 4 UNA NIDIFICAZIONE INTERESSANTE di Maurizio Peripolli* e Michele Zanetti La segnalazione della nidificazione del Pic- chio muratore (Sitta europaea), corredata da un’interessante documentazione fotografica, viene da Paortogruaro (Ve). Questo passeriforme forestale, relativamen- te frequente in ambiente collinare e montano, risulta invece poco frequente in pianura, dove lo si osserva più spesso nei mesi invernali, nei parchi storici. Nonostante il nome italiano di “picchio”, la specie appartiene alla Famiglia Sittidae ed è insettivora. Curioso è il suo modo di esplorare le screpolature della corteccia arborea, alla ri- cerca di ragni e insetti, ponendosi anche in po- sizione rovesciata. Le uova, in numero di 5-10 sono di color cre- ma screziate di bruno. La specie risulta legata in termini di habitat ad alberi maturi e dotati di cavità, dove nidifica dopo aver ristretto il foro d’accesso con un in- tonaco di fango, da cui la denominazione di “muratore”. La prima nidificazione per la Provincia di Ve- nezia è stata pubblicata sul numero 2018 della rivista Flora e Fauna della Pianura Veneta O- rientale. La stessa, riguardante i boschi di Li- son (Portogruaro, Ve) e di Cavalier (Gorgo al Monticano, Tv), è stata rilevata dal socio orni- tologo Lucio Panzarin. Con la presente segnalazione, pertanto, la specie può ritenersi stabilmente insediata tra i nidificanti della Bassa pianura. * Naturalista Dall’alto in basso e da sinistra a destra. Nidiaceo che attende l’imbeccata. Genitore che imbecca un nidiaceo. (Come sopra) Picchio muratore (Sitta europaea) (foto da Wikipedia). Bibliografia Zanetti Michele (a cura di), 2018, Flora e Fauna della Pianura Veneta Orientale. Os- servazioni di campagna, ANS, Noventa di P. (Ve) REGNO ANIMALE 5 SORPRENDENTI, SILENZIOSE PRESENZE di Michele Zanetti Della presenza di una piccola popolazione di Gatto selvatico (Felis sylvestris) in Cansiglio, si sapeva, ma il documento fotografico diffuso qualche mese addietro suscita comunque una emozione notevole. La presenza di questa bel- lissima ed elusiva specie in Veneto è tuttora oggetto di studio e altre sorprese, oltre alle se- gnalazioni del Col Visintin e del crinale tra la Valle del Piave e la Val di Zoldo, di alcuni anni addietro, potranno sicuramente giungere. Molto interessante è inoltre la prima segna- lazione certa del Lupo (Canis lupus) nella bas- sa Pianura Veneta. Data a una decina di giorni fa l’osservazione di un individuo giovane in di- spersione, proveniente da Campagna Lupia, nel Veneziano meridionale. Il Lupo, insomma, è giunto ormai sulla gronda lagunare, anche se la sua presenza è destinata a rimanere sporadica e “di passaggio” (con quale meta non è dato sapere) per ragioni di habitat e di disturbo antropico. Sì, di “disturbo antropico”, avete letto bene: perché è la nostra specie ad essere in sovran- numero, invasiva e inquinante, mentre il Lupo sarebbe semplicemente a casa propria, anche se l’avviso ultimativo di sfratto gli è stato pre- sentato alcuni secoli fa. Sotto. Gatto selvatico (Felis sylvestris) fotografato in Cansiglio). A lato. Gatto selvatico. Sitografia www.dolomitipark.it/natura-e- storia/fauna/mammiferi/gatto-selvatico REGNO ANIMALE 6 DUE PAROLE SULL’ORSO di Michele Zanetti Hanno parlato tutti. Tutti, ma proprio tutti: gli am- ministratori, i politici, i cacciatori, gli ambientalisti, gli ecologisti, gli animalisti, gli psicologi, gli etologi (del comportamento umano), i forestali, i biblisti (ma l’orso bruno, nella Bibbia, è citato?), gli umani- sti, gli scrittori, i conduttori televisivi, i rappresen- tanti dei commercianti, degli industriali, dei lavora- tori: tutti fuorché i Naturalisti. Questi ultimi, infatti, hanno preferito un discreto silenzio, affinché le gri- da degli incompetenti si decantassero e sedimen- tassero. Ora però ci sia concessa una quindicina di righe per esprimere anche il nostro parere personale. Il parare di un naturalista di quarta fila, il nostro; e comunque quello del Gruppo Grandi Carnivori del CAI, il più dettagliato e attendibile tecnicamente, segue a ruota. Noi vorremmo cominciare dalla condizione della montagna di cinquant’anni fa. Da quella che chi scrive s’è trovato a frequentare, essendone inna- morato. Amandola come si può amare una frontie- ra selvaggia, in cui ritrovare la vera dimensione umana: piccola e soverchiata dalle gigantesche forze della Natura, il cui contatto gratifica e consen- te di percepire il profumo della Bellezza, che poi è quello della Vita. Una percezione, la nostra, antitetica a quella di “dominatore del mondo, cui tutto è dovuto e che può consumarne le risorse fino all’ultimo a proprio esclusivo beneficio, essendo figlio di dio”. Perché se esiste un Dio, quello è espresso, appunto, nel Sistema Vivente. Ebbene la montagna di appena mezzo secolo addietro era un deserto assoluto: un Sahara albe- rato, in cui in dieci ore di escursione potevi si è no cogliere il cinguettio di una cincia mora o il canto di un pettirosso. Un palcoscenico mirabile e triste, perché svuotato dai suoi attori protagonisti, dalla sue musiche e dalle sue atmosfere più vere. Certo, si può dire che non c’erano pericoli, in quegli anni. Come a dire che non c’era nessun su- peruomo che in mountain-bike ti sfrecciava accan- to, sfiorandoti a ottanta chilometri l’ora lungo un sentiero impervio che tu stai percorrendo con il fia- tone. Ma quando tornavi a casa, la sera, stanco e di- sorientato dal troppo silenzio, ti chiedevi: ma come abbiamo fatto a desertificare la montagna, a vuo- tarla della sua anima, delle sue musiche; com’è stato possibile. E tuttavia era accaduto: cervi, linci, lupi, orsi, fu- cilati, tutti, fino all’ultimo, senza timore di commet- tere alcun “reato ecologico” e anzi, con tanto di foto ricordo accanto all’ultima, tragica e grottesca carcassa del “grande predatore vinto”. E ricordo persino un articolo che lessi mi sembra sulle Alpi Venete (ma potrei sbagliare) in cui un naturalista aveva avvistato, durante un’escursione, un cervo maschio (il primo!) presso il Passo della Pura (Friuli), provandone una grande emozione. E che l’aveva ritrovato regolarmente ucciso e carica- to sul tetto di una jeep ad opera di cacciatori locali, al suo ritorno. Ora, da quei giorni molta acqua è turbinata lun- go i torrenti di montagna, verso la pianura velata dai fumi dell’uomo e molte cose sono cambiate. Al punto che i cervi sono tornati in gran numero su una montagna abbandonata dai montanari, che i lupi li hanno seguiti a distanza di qualche decennio e che s’è deciso di rivitalizzare la popolazione mo- rente (4 individui) di orsi trentini, con alcuni orsi bruni sloveni. Un progetto ambizioso, quest’ultimo, che forse non aveva fatto bene i conti con la fertilità delle orse slovene, che sfornano tre o quattro orsac- chiotti ad ogni parto; questo sosterrà qualcuno. In REGNO ANIMALE 7 realtà e finalmente, uno dei rari progetti di reintro- duzione di specie estinte o a rischio, che ha conse- guito un indiscutibile e rapido successo. Tutto bene, dunque: cervi, lupi e orsi sono torna- ti, non proprio spontaneamente questi ultimi, ma ora ci sono e costituiscono un capitale faunistico di cui le Alpi italiane possono finalmente andare orgo- gliose. Alla fine, però, ed è cronaca di qualche settima- na addietro, è accaduta la tragedia: un uomo, un giovane sportivo, è rimasto vittima dell’aggressione di un’orsa che, seguendo il codice ineludibile del proprio istinto di madre, ha inteso difendere i picco- li da un umano che correva loro incontro. Un evento di fortissimo impatto emotivo per l’in- tera comunità trentina e nazionale, che ha imman- cabilmente scatenato il putiferio di reazioni cui s’- accennava in precedenza. Che dire e che fare a questo punto? Le opzioni proposte sono le più disparate: dal “controllo demografico” della specie (che significa abbattere almeno cinquanta dei cento orsi trentini e magari farne prosciutti come fanno gli Sloveni), al trasferimento di alcune decine di orsi non si sa be- ne dove, magari in Scandinavia e fino all’abbatti- mento sistematico degli “orsi problematici” e alla cattura e sterilizzazione delle femmine. A nessuno è venuto in mente che convivere con gli orsi è possibile (lo fa il resto d’Europa) e che le aggressioni, quando rarissimamente si verificano, sono frutto di situazioni sfortunate e, assai più spesso, di comportamenti inadeguati da parte degli umani. Ebbene a difettare, ad essere cioè mancato, nel tragico caso trentino, è stato proprio questo: l’as- senza di formazione-informazione della gente, dei frequentatori dei boschi, per lavoro, per diletto, per ragioni di studio o per qualsiasi altra ragione. Per- ché un “bosco con gli orsi” non è come un “bosco deserto in cui far giocare il cane” che tanto nessu- no ti vede e ti richiama. E’ qualcosa di diverso: è un ecosistema prossimo naturale in cui è presente un potenziale grande predatore onnivoro. Un pre- datore che certo fiuta il tuo puzzo insopportabile e si tiene possibilmente alla larga, ma che in casi particolari può anche indispettirsi e rivendicare il proprio diritto alla privacy (si dice così?). Cerchiamo di darci da fare, allora e seriamente (gli Italioti e gli amministratori eletti a loro immagine e somiglianza, ne sono capaci?). Troviamo le solu- zioni che consentano di conservare il patrimonio di vita selvatica che grazie a pochi e nonostante la maggioranza, ci è stato donato dalle Alpi italiane che l’uomo ha abbandonato. E sforziamoci di capi- re che i boschi e i pascoli, le rupi e i ghiaioni, non sono il parco giochi, la pista da campionato di mountain-bike o la palestra di roccia che la città ci nega, ma sono un ambiente da condividere con altri e più legittimi abitatori e frequentatori, le cui esigenze dobbiamo rispettare. Ci vuole tanto? Purtroppo sembra di sì. E un’ultima cosa, da ultimo dei naturalisti. Se in Trentino vive un centinaio di orsi, che non se ne vogliono andare, che non vogliono migrare verso altre e meno ospitali dimore, è semplicemente per- ché il territorio montano può sostenerli in termini ecologici. Oltretutto, essendo i maschi adulti territo- riali, la densità ottimale, in base alle risorse d’habi- tat e alimentari, viene stabilita dalle leggi dell’Eco- logia. Cominciamo a ragionare da qui e non dalla “guerra agli orsi”. Sotto. Impronte di orso bruno (Ursus arctos) rilevate da Giu- seppe Tormen sui monti del Bosconero (BL) in data 2- 0.04.2012. In basso. Orso bruno ripreso da foto trappola di Giuseppe Tormen. Piccoli eterni prodigi di MT52* Non chiedere ai sassi Perché son fioriti La roccia muta e fredda Non ti risponderà Ma il frammento di cielo Splendente d’azzurro sbocciato in silenzio Un mattino d’estate Rimane lì appeso Come un sospiro delicato Per ricordarti ora e sempre Che la vita e l’amore Sono prodigi eterni 22 luglio 2010 NATURA & POESIA 8 * Poeta Di primavera e di sogni di MT52 Piove silenziosamente Nel buio piove Sommessamente goccia a goccia Nella luce riflessa dei lampioni Sull’asfalto nero e muto Sulle gemme ancora chiuse Piove delicatamente Dolcemente piove Sulle promesse mai mantenute Sui desideri mai spenti Sul sogno di un futuro già trascorso E ancora una volta l’animo si culla Al pensiero struggente Che è quasi primavera. 06 marzo 2017 9 NATURA & NARRATIVA - Alba: breve momento del giorno in cui avviene il trapasso tra il buio e la luce ed in cui si verifica il sorgere del sole. L’alba è un momento magico della giornata, riservato a pochi sfortunati. La grande maggioranza della gente, infatti, ritiene che il giorno cominci alle otto e si prolunghi fino a mezzanotte e oltre e può osservare l’alba solo di tanto in tanto, magari in televisione. Eppure l’alba può riempire una giornata; so- prattutto può riempire gli occhi e cullare l’ani- mo con sensazioni di indescrivibile delicatez- za. L’alba comincia molto presto: d’inverno, ad esempio, precede di mezz’ora il sorgere del sole dal profilo d’orizzonte ed è una sorta di spettacolo esclusivo della natura, un incantesi- mo dinamico, che si manifesta con affascinan- te lentezza e si dispiega in un crescendo so- lenne, per estinguersi in un attimo non appena il sole emerge ad oriente. Non tutte le albe tuttavia sono uguali: a volte la rappresentazione o la scenografia ne enfa- tizzano la bellezza, creando effimeri capolavori estetici ed effetti cromatici mozzafiato. Splendi- da è l’alba in campagna, dove il profilo scuro degli alberi disegna coreografie suggestive ed ancor più lo è in laguna, dove il cielo dipinto si riflette nell’acqua immobile, facendo galleggia- re l’ispido profilo delle barene nel rosso corallo, nel giallo oro o nel cobalto contaminato da sfu- mature rosa. Del tutto speciali e pressoché impossibili da descrivere, sono le albe dei giorni che segna- no il concludersi di una turbolenza meteoclima- tica. Esse si distinguono, infatti, per la singola- re varietà delle situazioni di luce e di colore e si propongono all’osservatore come episodi unici, fuggevoli e irripetibili dell'eterno spetta- colo della natura. La prima luce, che emana leggera dall’orizzonte buio, tinge, in questi ca- si, la ultime nuvole lacerate e in tumulto, con cui il sereno imminente lotta, avendo complice il vento. E’ una sinfonia cromatica in crescen- do, con effetti grandiosi, che per qualche atti- mo regalano a chi si ferma ad osservare lunghi attimi di vita in più. Amo particolarmente le albe della bassa pia- nura e dei litorali del Veneto Orientale, perché negli sconfinati spazi della bonifica e sulle di- stese d’acque lagunari il cielo diviene protago- nista del paesaggio e perché i cieli delle terre a levante di Venezia sono mutevoli, irrequieti, imprevedibili, come i sogni che non si raccon- tano e lasciano un profumo dolce nell’anima. Alba lungo l’argine destro del fiume Piave. - Albero: massima espressione del Re- gno Vegetale; pianta caratterizzata da un tronco eretto, di consistenza legno- sa, diviso in rami che supportano una chioma formata dalle foglie. “Gli alberi per me rappresentano i più assi- dui predicatori. Io li venero quando crescono in foreste o soli …….”. Così scriveva degli alberi Hermann Hesse, poeta e filosofo della Natura. C’è in effetti qualcosa di sovrannaturale nel- l’albero, in ogni albero: sia esso un patriarca gigantesco e segnato da mille stagioni o un giovane e tenace guerriero, aggrappato alle rocce di uno strapiombo ed in perenne conte- sa con gli elementi. E’ la longevità forse, il por- tamento di volta in volta austero, elegante, di- sordinato, sofferente, ma soprattutto quell’af- fondare le radici nel ventre della terra allun- gando i rami verso il cielo: quella oscura e af- fascinante capacità di generare nuova vita dal- la sostanza inerte del suolo, ergendosi quindi 10 NATURA & NARRATIVA come a volerla celebrare in tutta la sua esteti- ca esuberanza. L’albero secolare, a qualsiasi specie appartenga, esprime ancora la grandio- sa forza, la longevità, la tenacia vitale che fa sentire gli uomini, dominatori arroganti con pretese divine, finalmente in soggezione di fronte alle espressioni viventi della Natura. La sua architettura imponente, così come le sue dimensioni, la sua storia individuale, il suo rap- porto antico con l’ambiente, il suo simbolico ruolo di testimone delle vicende della storia umana, ne fanno un elemento sacrale dell’am- biente che troppo in fretta e spesso drammati- camente l’uomo ha modificato attorno a lui. Che saremmo noi, che sarebbe la specie umana con le sue sovversive pretese di creare un’ecologia del sistema naturale basata sull’e- conomia, senza gli alberi; senza questi prota- gonisti della vita che, come diceva Hermann Hesse, interpretano semplicemente se stessi, utilizzando tutti gli strumenti che la vita stessa ha loro concesso. Senza gli alberi non esiste- remmo, perché siamo loro figli: perché la no- stra cultura, non meno della nostra religione e della nostra economia, sono loro figlie. Mi impressionò, durante un viaggio in Africa compiuto molti anni fa, conoscere il popolo Turkana del lago omonimo; mi impressionò soprattutto il loro legame con certe palme, i soli alberi a crescere nella conca desertica abi- tata da questi pescatori, pastori, raccoglitori. I Turkana ne raccoglievano le foglie verdi per costruire le precarie dimore in cui viveva- no, ne utilizzavano i tronchi per costruire le pri- mitive zattere con cui sfidavano le acque del grande lago e traevano dai frutti non so più quale alimento. Un’autentica dipendenza eco- logica, che aveva condizionato il costume di vita, la cultura, l’economia di un popolo intero; così come doveva essere stato, migliaia di an- ni fa, per la nostra civiltà, figlia delle querce di pianura, della loro ombra protettrice, delle loro ghiande, del loro legname tenace e duraturo. Nonostante tutto però l’importanza dell’albe- ro nella cultura media dell’uomo tecnologico postindustriale, risulta pressoché irrisoria. De- gli alberi la quasi totalità dei cittadini sa poco o nulla e la loro importanza, che alle volte si im- para a scuola, viene presto dimenticata, come avviene per gli inutili fardelli di una cultura che punta all’essenziale e spesso soltanto al su- perfluo. Distinguere un platano da una quercia, una robinia da un pruno, un acero campestre da un carpino è già ritenuto compito da specia- listi; se poi si scende all’identificazione di spe- cie congeneri è opinione comune ci si debba affidare agli scienziati o ….. .. ai vivaisti, quan- do non agli architetti. Tutto questo per dire che, molto spesso, la gente non conosce nemmeno gli alberi che “qualcuno” ha piantato nel giardino di casa, con il risultato che, nell’improbabile foresta ri- trovata del giardino stesso si mescolano “extracomunitari arborei” di disparata prove- nienza e di scarsa o nulla compatibilità con il nostro ambiente ed il nostro paesaggio. C’è comunque assai di più: si pensi alle fore- ste equatoriali quotidianamente distrutte dalle multinazionali del civilissimo Occidente nei pa- esi d’origine. “Quest’anno ci siamo mangiati l’Austria” diceva uno slogan WWF di qualche anno fa, a proposito della superficie di foresta irreversibilmente cancellata dalle terre emerse del pianeta. Ed anche ora, mentre scrivo, le motoseghe stanno lavorando e il deserto di terra rossa sta dilagando a spese delle comu- nità primarie di alberi che offrono rifugio alla biodiversità ancora sconosciuta del pianeta Terra ed alle ultime culture primitive dell’uomo, bene insostituibile e simbolico della diversità culturale umana. Poveri alberi, non si rendono ancora conto, puri d’animo e nobili di sentimento quali la Na- tura li ha creati, che hanno tenuto a battesimo l’animale culturale più presuntuoso, stupido e autolesionista che l’evoluzione potesse partori- re. Che dire, a questo punto, se non che il debi- to delle economie avanzate nei confronti degli alberi è incolmabile; che dire, per non perdere la speranza in un mondo a misura d’albero e d’uomo (intelligente), se non che ciascuno de- ve assumersi le proprie responsabilità; che di- 11 NATURA & NARRATIVA re, in fatto di responsabilità, se non che per un “animale culturale” che aspira al supremo ruolo di “governatore della Natura”, il primo compito è quello di acquisirne una cultura adeguata, interiorizzarla e tradurla in nuove regole di vita e di relazione con l’ambiente. * Da ZANETTI MICHELE, 2002, Dizionario quasi autobio- grafico di un naturalista, inedito. In alto. Pioppi italici (Populus nigra var. italica nella campa- gna di bonifica del Veneto Orientale. Le loro inconfondi- bili sagome conferiscono una suggestiva dimensione agli spazi vastissimi e agli oriz- zonti invernali della Bonifica. A lato. Profilo di una Robinia (Robinia pseudoacacia) iso- lata nella luce del tramonto che annega nel buio gli oriz- zonti delle campagne del Basso Piave. Specie allocto- na di origine nordamericana, la Robinia è attualmente uno degli alberi in assoluto più diffusi della Pianura Veneta Orientale. Questo, nonostan- te i suoi legami con la cultura contadina siano andati allen- tandosi, è dovuto alla natura- lizzazione della specie e alla sua straordinaria capacità di conquista degli spazi incolti. 12 NATURA & ARTE GRAZIANO VALLON Ornitologo Abbiamo voluto dedicare la rubrica di Arte naturalistica a Graziano Vallon (1851-1926), valente ornitologo friulano e disegnatore naturalista, che come lui stesso scrive: “non poté per circostanze di famiglia avviarsi agli studi universitari dedi- candosi alla facoltà di scienze naturali, come lo spingeva la sua inclinazione, ma dovette provvedere subito a se stesso ed entrò a diciannove anni a far parte del corpo ferroviario”. A sinistra. Il catalogo della mostra dedi- cata a Graziano Vallon dal Museo Friula- no di Storia Naturale di Udine, presso la galleria Tina Modotti, nel 2019. A destra. Graziano Vallon al lavoro nel suo studio. Sotto a sinistra. Canapino (Hippolais polyglotta), acquarello, 1920. Sotto a destra. Civetta (Athene noctua), acquarello, 1919. 13 NATURA LIBRI & FILM LA PANTERA DELLE NEVI Di Michele Zanetti Alcuni anni fa, Mattia, mi fece un regalo di compleanno speciale: mi fece adottare un cuc- ciolo di Leopardo delle nevi (Panthera uncia). Così, per un anno, ricevetti le notizie che ri- guardavano il mio “figlioccio”, nell’ambito di un progetto di tutela della specie. Innamorarsi del Leopardo delle nevi, del re- sto è facile; non fosse altro che per lo speciale adattamento di quel grande felino ad un habitat tra i più difficili del Pianeta. Adattamen- to che implica un mimetismo assoluto, che confonde il mantello dello stesso leopardo con il colore dei versanti rocciosi, rendendolo di fatto invisibile quando sosta immobile tra le asperità delle rocce. E’ superfluo dire che conoscevo la specie e che mi ha sempre affascinato la specialissima biocenosi della montagna himalayana. Specie sconosciute ai più (sarebbe a dire alla quasi totalità dei nostri concittadini), la cui bellezza emoziona e stupisce e il cui ruolo di prim’attori, entro palcoscenici di grandiosa e indescrivibile bellezza, rende ancora più affascinanti. Questa è la ragione per cui ho accettato vo- lentieri l’invito dell’amico Paolo Favaro alla vi- sione del film “La Pantera delle nevi”, anche se con i film naturalistici, in cui non ci sono dram- mi d’amore ed esistenziali che si intrecciano, non sai mai cosa aspettarti. Invece questa volta, ciò che mi attendevo segretamente dal film è stato espresso al più alto livello, anzi, magistralmente direi. Perché io sognavo segretamente di conoscere il gran- de, sconfinato ecosistema del Piano alpino hi- malayano, partendo dai suoi indescrivibili e grandiosi paesaggi, per scendere poi ai suoi protagonisti animali. Così è stato e la modesta platea di eletti che ha seguito la proiezione ha così potuto cono- scere i piccoli roditori delle rocce e constatare che nello stesso habitat interagiscono il grande Corvo imperiale, il Gipeto e l’Aquila reale delle nostre montagne; e poi passeriformi delle alti- tudini, marmotte asiatiche e altre specie mai viste. Ma la chicca proposta dal film, grazie alle interminabili ore di appostamento e di bivacco dell’autore, accompagnato da un giornalista, sono stati i grandi mammiferi. I lupi, il bellissi- mo Gatto di Pallas, le antilopi della grande montagna desertica, i bharal e gli stambecchi asiatici, i cavalli selvatici, gli eminoni e gli yak. Su quest’ultima specie (Bos gruniensis), l’auto- re si è soffermato proponendo una serie di im- magini fotografiche mozzafiato. Il tutto condito da suoni naturali, da musiche mai sentite e mai immaginate. Perché se la figura degli animali selvatici si può immaginare, ricostruendola mentalmente, i loro richiami rimangono scono- sciuti finché qualcuno non li rileva in ambiente. Ma se questo non fosse bastato, a fare da protagonista assoluto della narrazione in cui la Pantera delle nevi appariva un pretesto con cui ingioiellare nella parte finale del film un piccolo capolavoro, ecco i paesaggi. Paesaggi cupi, inquietanti, assoluti e gran- diosi nello loro luci, nei loro toni cupi e mono- cordi. Paesaggi con la nebbia, sotto la neve sferzante, con mantelli di nuvole incombenti o nevi immacolate e cangianti. Infine la Pantera, che si rivela d’improvviso quando ormai sembrava svanire la speranza di incrociare i suoi percorsi abituali, le sue tracce, i suoi passaggi segreti. Film di Sylvain Tesson e Vin- cent Munier, tratto dal ro- manzo di Sil- vain Tesson. Il film è stato proiettato nell’- ambito della rassegna di film “Cinema am- biente 2023”, organizzata dall’Associazio- ne Salviamo il Paesaggio di Mogliano Vene- to (TV). 14 NATURA LIBRI & FILM Dall’alto in basso e da sinistra a destra. L’altipiano del Tibet e la Catena himalayana da satellite. Coppia di Yak selvatici (Bos grunniensis). Piccola mandria di Emio- ne (Equus hemionus). Cucciolo di Gatto del Pal- las (Otocolobus manul). Gatto del Pallas. Maschio di Bharal (Pseudois nayaur). Tutte le foto sono tratte da internet. 15 NATURA & POLITICA UN PROGETTO RIVOLUZIONARIO SULLA GRONDA LAGUNARE DEL MONTIRON Di Michele Zanetti Ma davvero qualcuno pensa ancora che uno svi- luppo economico diverso fosse possibile per la La- guna di Venezia? Davvero esiste ancora qualche vecchio utopista (si dice così?) che crede in ciò che è stato ignora- to, affossato, snobbato e deriso, in fatto di strategie di relazione intelligente con l’ambiente lagunare? Stenteremmo a crederlo, se non fosse che quel qualcuno siamo noi (plurale maiestatis, ma soltan- to per ragioni di età). Eppure, quando penso alla situazione in cui si trova la Laguna e ai rischi che corre il suo inesti- mabile patrimonio di storia, di biodiversità, di pae- saggio, di cultura e d’arte, ho la tentazione di pen- sare che tanto era scritto che andasse così e che pertanto non ci si poteva fare nulla. Non si poteva evitare che la città, che poggia sui tronchi di larice del Cadore e che subisce l’andirivieni quotidiano delle maree, diventasse un baraccone da circo tra- boccante di folle sudate e di B&B più o meno rego- lari. Né si poteva evitare che le grandi navi del turi- smo crocieristico dei ricchi scaricassero le loro folle dilaganti e i loro fumi nelle calli e nel cielo della Do- minante. E non si poteva neppure evitare che l’ae- roporto Marco Polo diventasse uno scalo aereo internazionale, che scarica milioni di umani alieni sulla gronda lagunare e alimenta il traffico di moto- scafi e il conseguente moto ondoso che demolisce la barena di Campalto. Non era possibile evitare questa deriva e per una ragione semplice al punto da apparire persino banale: noi siamo esponenti di primo piano, pur se sudditi, della GCO (Grande Civiltà Occidentale). Siamo alfieri del CDR (Capitalismo di Rapina) e dunque del Consumo smodato e incontrollato, del CSI (di suolo, di risorse non rinnovabili, d’acqua, d’aria, di biodiversità, ecc. ecc.). Noi siamo al trai- no degli USA, ne siamo fedeli sudditi, alleati e di- pendenti economicamente (e sarebbe il meno) ma anche culturalmente (la TV pubblica e privata, la sera, trasmette soltanto film americani, stupidissimi e violenti) e (senti senti ….. ..) militarmente. Che poteva accadere di diverso? Eppure non basta ancora. No, anzi, siamo soltanto all’inizio di una nuova era dell’Antropocene (di cui i più neppure conosco- no l’esistenza), chiamata “Post-Covid”. Una fase di imbecillimento collettivo, di frenesia consumista, di orgasmi da crescita sfrenata e a tutti i costi (crescere, crescere, crescere, come il “dai e dai delle meretrici” di cui cantava Fiorella Mannoia). Una fase in cui abbiamo persino manda- to sotto processo, se non riempito di botte, secon- do lo stile delle squadracce mussoliniane, medici, infermieri, ministri e scienziati: in altre parole tutti coloro che per tirarci fuori dalla melma del Covid- 19 s’erano fatto un mazzo tanto e che la grande paura collettiva ci aveva fatto considerare, sulle prime, alla stregua di “eroi”. Tutto questo sta accadendo davanti agli occhi increduli di coloro, come chi scrive, che ancora si scandalizzano del fatto che la TV pubblica (e non solo), dedichi tre giorni di notiziari e di servizi spe- ciali ai festeggiamenti per il terzo scudetto del Na- poli. Ma è ancora poco, rispetto a ciò che si prepara. Semplicemente perché, parlando ancora della La- guna, stanno covando sotto la cenere il “Bosco dello Sport” e il raddoppio dell’aeroporto Marco Polo. “Fino a raggiungere i 21 milioni di passegge- ri”, ha detto il manager che lo gestisce, suscitando l’ammirazione, il tripudio e la gioia collettivi. Già, il fantomatico “Bosco dello Sport”: un topo- nimo ingannevole e subdolo, per indicare e “rinverdire” il più grande intervento di urbanizzazio- ne e di consumo di suolo della terraferma venezia- na, anzi, della gronda lagunare, dell’ultimo secolo. Perché, comunque, non va dimenticato che le folle che si concentrano ai margini del campo di calcio del Venezia assommano ad almeno 150 presenze a partita! Lo sbocco del fiume Dese nella Laguna del Montiron, con i vastissimi canneti che accompagnano l’alveo. Il centro Ornito- logico verrebbe a collocarsi oltre l’argine sinistro di foce. 16 NATURA & POLITICA Quanto poi ai “21 milioni di baionette”, pardòn, di trolleis (si scrive così?) dell’aeroporto, basti pensa- re che è quasi la metà di ciò che rimane degli ita- lioti, che di anno in anno, fortunatamente, calano inesorabilmente. A questo punto, al cospetto di tali, demenziali progetti, che fanno a gara con il ponte sullo Stretto di Messina e che sottendono silenziosamente la linea ferroviaria e la stazione Sub lagunare ad alta velocità, il ponte Tessera-Cavallino e il nuovo ca- nale veloce Fusina-San Marco, per la visita a Ve- nezia in tre ore, con cappuccino e brioches inclusi, ci permettiamo di proporre un altro e alternativo progetto. Si tratta, per il vero, di un’idea formulata circa quarant’anni addietro, da chi scrive, quando si pen- sava che uno sviluppo diverso sarebbe stato possi- bile. Un’idea che, a questo punto appare come ri- voluzionaria; anzi bolscevica, antagonista e sedi- ziosa, ma anche affascinante e persino sostenibile, sia in termini ecologici che economicamente. Il progetto si intitola Centro Ornitologico del Montiròn, che per chi comprende soltanto gli acro- nimi fa COM. Un’idea ispirata, ancora a chi scrive, da una visi- ta alla celebratissima Camargue francese, effettua- ta appunto quattro decenni addietro. Un ambiente di stagni d’acqua dolce, di laghetti di ninfee, di paludi (marisceti, giuncheti, schoeneti, ecc.) e di canneti, attrezzato per la sosta e la ripro- duzione degli uccelli, con tanto di voliere didattiche (per il recupero degli uccelli feriti) e di altri habitat (prativo, arbustivo e forestale) opportunamente ricostruiti oltre l’argine massicciato della gronda lagunare. Ma anche di percorsi a piedi su passerel- le lignee, di osservatori, di un centro visite, di un centro scientifico di studio delle migrazioni e di sale convegno e proiezione recuperando gli edifici rurali in rovina già presenti. Il tutto dopo aver bonificato dai rifiuti solidi urbani la sacca della sinistra di foce del fiume Dese, che dovrà ospitare l’oasi. Sacca che per decenni ha accolto i rifiuti dell’entroterra veneziano, sedimentati da almeno mezzo secolo per alcuni metri di profondità. Che ve ne pare? Utopia? Ma che significa utopia! Scommettiamo che quando ne parlerò a Sua Santità il Governatore Luca Zaia questi farà un salto di gioia sul trono? E che scucirà i miseri due o tre milioni di euro neces- sari all’operazione? Come come! Ma che significa “il ritorno econo- mico”. Certo che ci sarà il ritorno economico. Hai visto mai che le decine di milioni di umani che sbarcano presso il Marco Polo non siano innanzi- tutto interessati ai legittimi abitanti della Laguna e dunque agli uccelli che la decorano in ogni stagio- ne? Certo, lo ammettiamo, qualche difficoltà potrà presentarsi, essendo che partirà un aereo al minu- to e che il rombo dei motori sarà incessante dall’al- ba all’alba. E poi i bus-navetta, i motoscafi veloci, il cestini per i rifiuti da svuotare, i panini da prepara- re; che a uno che arriva dal Giappone dopo diciotto ore di digiuno non puoi mica negargli un panino e una bibita. Ma questo è il meno e anzi, già che ci siamo, che siamo cioè in vena di progetti rivoluzio- nari, si potrebbe contestualmente dimezzare l’ae- roporto e costruire il “Bosco dello Sport” senza sta- dio e dunque senza sport. Anche perché lo Sport, come sosteneva il grande e compianto amico Ciro Perusini “nuoce gravemente alla salute”. Che ne dite? Attendiamo (ancora una volta il plurale è maie- statis) con ansia il parere dei Lettori. Due aspetti del degrado che affligge questo prezioso angolo di laguna, con i rifiuti fluitati e il rombo degli aerei. 17 NATURA & POLITICA Seconda parte del divertentissimo pezzo di Fantapolitica dell’Amico Enos Costantini È ARRIVATO UN BASTIMENTO CARICO DI ….. .. Extracomunitari accolti a braccia aperte di Enos Costantini* Va da sé che allo zoologo è stato intimato di i- scriversi agli alcolisti anonimi e il mondo scientifico ha immediatamente preso le distanze dalle sue affermazioni, definite personali, speciose, basate su un superato empirismo e mai sottoposte a valu- tazione peer review. Un ometto di Servola, padre di famiglia, si lascia scappare che a Trieste gavemo assai cani e altri no ne servi, cossa fazzemo, no li magnemo, che li buti in mar. Attualmente è ospitato nella caserma dei carabinieri, solo luogo ritenuto abbastanza pro- tetto dalla folla di esagitati cinofili e cinefili con ma- nifesti intenti assassini. Intanto i cani attendono e si solluccherano con doni arrivati da ogni angolo dell’orbe terracqueo. Il puzzo non fa che aumentare, le deiezioni cinofile e cinefile, esattamente come a Venezia, finiscono in mare, e dove sennò? Ogni forma di vita scompare dalle acque del tergestinus sinus: i pescatori s’in- cavolano, ma ricevono soddisfacenti ristori, gli alle- vatori di mitili fanno una dimostrazione in Carnia per avere più ristori. I cargnelli offrono loro da bere e tutto finisce in sbornia tra monti e mare. Le autorità, i politici, i burocrati regionali concor- dano che la situazione, pur avendo dato grande visibilità alla città alabardata e un non secondario introito alle attività commerciali, non può durare. Gli interessi delle navi conigliera per conigli brevio- recchiuti vanno assecondati e sono in palese con- flitto con gli odori levantisi dal piroscafo cagnaro. Detto e fatto. Una commissione all’uopo istituita, formata da cinefili cinofili, veterinari, burocrati in trasferta pagata, giunta da Roma e da Concovello, si mette al lavoro. La ONG non è in grado di dire con precisione il numero degli animali. Alcuni volontari salgono a bordo per tentare la conta, ma il lavoro è improbo in quanto le simpatiche bestie tendono, a seconda dell’indole, a leccare sulla faccia, a strappare i pan- taloni coi denti, a mordere con decisone mani e polpacci dei contabili. Inoltre fuggono e sfuggono qua e là rendendo difficile o impossibile la identifi- cazione. Il tutto in mezzo a una cagnara da far ter- remotare i timpani, deiezioni semisolide sdrucciole- voli e fetori che nessuna tortura cinese saprebbe ideare. Per di più, fatto del tutto insospettato, a bordo si trova una manica di gatti che fanno dispet- ti ai cani, corrono da prua a prora a poppa graffian- do a piacere i malcapitati cainanti compagni di av- ventura e vanno a prendere il sole dove la muta latrante, indispettita e scornata, non li può raggiun- gere. Con quali criteri assegnare le bramate bestiole? E come regolarsi con chi ne desidera più di una? E se la bestia assegnata si dimostra subito sgradita e la si riceve indietro? La maggioranza dei richieden- ti vuole vedere il concupito animaletto, anche se solo in foto, prima di sottoporlo alle amorevoli per- sonali cure. Dalle Nazioni Unite giunge la proposta di un cor- ridoio umanitario. Un triestino un po’ brillo sottoli- nea l’irriverenza, l’offensività, dell’aggettivo nei confronti della specie umana ed è subito tacitato dai parenti che non vogliono fastidi. Un veterinario con lettera al Piccolo chiede alle autorità sanitarie dove e con quali criteri si farà la quarantena: mica si possono mandare in giro bestie a vanvera, con tutte le malattie che hanno i cani e che possono impestare l’intero mondo dei cinefili cinofili. Viene zittito malamente e accusato di fare pubblicità alla sua clinica; le autorità di polizia gli consigliano di cambiare aria. Il coraggioso veterinario non ha cli- nica, ma gli accusatori non demordono. Trapela la notizia che si dedicherà alle malattie dei pappagal- lini nelle isole della Sonda. 18 NATURA E POLITICA Alcune ditte di medicinali per cani si dicono di- sponibili a dare un aiuto finanziario sempre che la stampa faccia da cassa di risonanza; una ditta di alimenti per cani si rende disponibile a finanziare una parte dell’operazione, sempre che vi sia un adeguato riscontro sui media. I social dei politici appoggiano entrambe le opzioni. La Regione ap- pronta una convenzione con BigDog SweetDog, multinazionale svizzera del settore. Intanto si muove una certa opposizione. Un leo- ne da tastiera si dice sicuro che, fatti sbarcare que- sti, si presenterà immediatamente un’altra nave piena di cani e gatti, forse anche di criceti e di tar- tarughe, forse di pangolini e di formichieri e dio sa cos’altro mangiano gli orientali. Un politico aveva postato “affondiamo la nave”, ma subito ritira il post dicendo che scherzava, che voleva dire altro, che è stato stracapito, c’era un malinteso, figurarsi, lui ama le bestie, suo nonno teneva il cane Fido libero in cortile, mica alla catena … Alla fine viene istituito il corridoio sanitario che inizia sul molo triestino con un cordone sanitario. Un cordone vero, fatto di transenne entro le quali si muovono singolarmente le bestie, per l’occasione al guinzaglio, accompagnate da un funzionario del- la ONG e da un veterinario. Una per una, con ac- cese discussioni sul tipo di guinzaglio e con mani- festa impreparazione ad accompagnare quelle più ringhianti e più mordaci. Ogni cara bestiola, talvolta si fa per dire, sale su una camionetta per una de- stinazione concordata con i rappresentanti dei ri- chiedenti adozione: un sindacato di giovani signore in jeans e pelliccia, di meno giovani signore in je- ans e pelliccia, di più vecchie signore in jeans e pelliccia col corollario di qualche loro esangue e stanco marito stordito dagli avvenimenti. In piazza Unità è istituito un palco sul quale si tengono discorsi di circostanza tra una folla festan- te e acclamante. Essendo presenti la stampa e le tivù di tutto il mondo nessun politico vuole perdersi i riflettori di questa inaspettata occasione. I social impazzano, gli addetti social dei politici stanno per scoppiare e, augurandosi in cuor loro un cinofilo morbo assassino, continuano a caricare scemenze sull’amor animale. In tre giorni l’operazione è compiuta, i cani non erano poi così tanti, i gatti si sono in parte dileguati nel borgo teresiano e in parte sono testardamente rimasti a bordo. C’è uno strascico di liti tra chi ha avuto il cane più bello e chi ha avuto il cane col cimurro, ma sono echi che presto si spengono. U- na nave carica di serpenti ha attraccato al porto di Tampa in Florida ….. .. Tramonto discreto Una vecchietta friulana, la ultranovantenne Lucia Colautti, detta Luziùte, di Surisins di Sopra, com- menta “se fossero stati cristiani nessuno li avrebbe accolti”. L’anziano ultraottantenne parroco di Suri- sins di Sotto pensa e non dice “e se fossero stati musulmani come mi sarei comportato?”. Questi pareri e pensieri, così lontani dai luoghi in cui si fa la storia e così superati nel sentire comune della nostra attuale società, non trovano ospitalità neppure nel bollettino parrocchiale, ora solo on line, di Surisins. Figurarsi nel clamore dei media e nel sordido clangore dei social. 19 NATURA E BARBARIE VALLE OSSI ULTIMA SPIAGGIA Di Michele Zanetti Alla fine ci siamo arrivati: i lavori di urbanizzazio- ne di Valle Ossi, la sacca di bonifica collocata sulla sinistra di foce del Fiume Sacro (il Piave) in comu- ne di Eraclea, sono cominciati. La cosa mi rattrista profondamente, devo con- fessarlo: non solo e non tanto perché ho un perso- nale legame affettivo con quei luoghi, ma soprattut- to perché il mega intervento che si sta realizzando è una inutile, pretestuosa e inaccettabile profana- zione. E’ consumo di suolo puro, perpetrato in barba a tutte le promesse politiche sbandierate ad ogni oc- casione da chi governa la Regione Veneto (e non è il solo caso, purtroppo); e se non bastasse, è una gigantesca operazione economica vocata al falli- mento e tale da lasciare in eredità ecomostri per i secoli a venire. Ma mi si consenta una breve “divagazione stori- ca”. Il primo a parlarmi di un progetto di urbanizza- zione di Valle Ossi fu Arduino Boer, un ragazzo impegnato in politica e purtroppo scomparso pre- maturamente, che lavorava come magazziniere nella stessa fabbrica in cui lavoravo io, nel lontano 1977; come a dire ben 46 anni fa. Si parlava, allora, di un paio di milioni di metri cubi di edificato e la cosa suscitò da subito l’oppo- sizione della neonata Associazione Naturalistica Sandonatese, che si mobilitò con articoli sulla stampa per scongiurare la realizzazione del pro- getto. Cosa che, sulle prime parve possibile, anche se non avevamo fatto bene i conti, per inesperienza, con l’Idra dalle sette teste rappresentata dal dena- ro. Un mostro, il capitale finanziario, destinato a risorgere dalle sue ceneri e a riproporre gli stessi progetti magari a venti, trenta, quarant’anni di di- stanza, per una ragione semplicissima: il denaro deve produrre altro denaro e i ricchi speculatori aspirano a diventare sempre più ricchi. Per non parlare, ovviamente, della provenienza dei gigante- schi capitali finanziari impiegati in siffatti progetti. Provenienza su cui nessuno indagherà mai; ma questo è un argomento che esula dalle nostre con- siderazioni. Noi vorremmo invece partire le nostre amare e sconsolate considerazioni dalla terminologia con cui il progetto viene illustrato nei comunicati stam- pa. Termini come Open Air village, Game changer dell’open air, Player nel turismo open air, Camping in town, Business, vengono sbandierati come lin- guaggio abituale e questo spiega la ragione per cui molti braccianti di Eraclea siano azionisti del pro- getto: loro, di inglese, ne capiscono assai più della media. Poi ci sono i numeri, che in estrema sintesi sono i seguenti: 2.800 piazzole per camper e case mobi- li; 14.000 visitatori al giorno ; 1,2 milioni di presen- ze annue; 600 occupati tra diretti e indiretti e dun- que “un’opportunità unica per il territorio”. Numeri da fantascienza, per una sacca territoria- le distante dalla foce del fiume e dalla spiaggia cir- ca un chilometro, ragion per cui la nostra facile profezia è che tutto questo, che questa improbabile impresa, sia destinata al fallimento nel volgere di un decennio. Come a dire, l’ennesima eredità sco- moda e impattante che lasceremo in eredità ai no- stri nipoti, nessuno dei quali, ovviamente, ricorderà chi e perché ha voluto, sostenuto e promosso quel- l’insediamento urbanistico. L’ennesima bufala oc- cupazionale, agitata come specchietto per le allo- dole in una fase in cui la richiesta di manodopera a bassa qualificazione per i servizi alberghieri non trova risposta. Infine le considerazioni che riguardano l’impatto e le controindicazioni ambientali e dunque quelle che più ci riguardano. Il tratto di spiaggia interessato al mega insedia- mento è privo di arenile, eroso da decenni. Il tratto di mare antistante è interessato ai reflui contenuti nelle acque del Piave, che per quanto modesti, potrebbero rendere le stesse acque non balneabili. L’intero insediamento è interessato al rischio idrau- lico conseguente alla sua collocazione presso la foce di un fiume alpino. E infine, l’impatto antropico sui fragili habitat di foce sarà fortissimo, se non devastante, con una conseguente, forte erosione della biodiversità. Può bastare? Per noi basta e avanza, ma come s’è detto, il capitale è un mostro pericoloso, contro cui è difficile e talvolta rischioso combattere persi- no in una “democrazia matura” come la nostra. An- che perché nella nostra Democrazia matura la ma- lavita fa un fatturato annuale che contende il pri- mato al PIL nazionale. A Valle Ossi, nella sua pineta e presso le dune della sinistra di foce del Piave, vive ancora una delle più numerose popolazioni di Ramarro (Lacerta bilineata) dell’intero territorio. Possibile che nessuno abbia pensato a loro? Concludiamo allora con un appello che sicura- mente verrà asoltato: Sua Eccellenza Signor Presi- dente di regione, Sindaci, Assessori, Soprinten- denti, Uscieri, Donne delle pulizie impegnate negli uffici del potere, Fattorini che recapitate i pizzini da un ufficio all’altro, quando decidete di consumare territorio, pensate anche a loro; pensate anche ai ramarri, per favore. 20 NATURA E BARBARIE Dall’alto in basso e da sinistra a destra. La sacca di bonifica di Valle Ossi dalla strada per Eraclea Mare. Beccaccia di mare (Aematopus ostralegus) su bricola. Il versante nord della Pineta Gag- gia e la campagna di Valle Ossi. La strada bianca di accesso agli edifici rurali di Valle Ossi. Maschio di Ramarro (Lacerta bili- neata). Maschio di Raganella italica (Hyla intermedia). 21 NATURA & VIAGGI COSTA RICA LA FABBRICA DELLE MERAVIGLIE di Maurizio Peripolli* Il Costa Rica è una terra che presenta forti con- trasti climatici: sulla costa Pacifica ci sono forti ven- ti e grandi onde, mentre ad est, ad appena 119 km di distanza, troviamo il tranquillo litorale dei Carai- bi. Al centro ci sono due catene montuose, caratte- rizzate da vulcani attivi, una foresta pluviale (6.000 mm di pioggia l’anno) e una foresta nebulosa, con alberi avvolti nella nebbia e coperti da muschi, fel- ci, bromeliacee ed orchidee (1400 specie); il 30% delle piante sono epifite. Il governo ha varato in- centivi per incoraggiare la riforestazione, anche se il 60% del paese è già ricoperto da foreste: i parchi nazionali sono 27, più diverse riserve biologiche e zone protette. E’ un paese molto attento alla tutela ambientale: nel 2016 il Costa Rica ha prodotto il 98% della sua energia da fonti rinnovabili (idrauliche, eoliche e geotermiche). Lasciata la capitale San Josè (1172 m. slm) ini- ziamo il viaggio scendendo verso la costa del Mar dei Caraibi, dove si trova la “Estacion Biologica La Selva”. E’ una stazione di ricerca biologica dotata di laboratori sperimentali, un erbario e una grande biblioteca, nonché una struttura ricettiva per i ricer- catori e i visitatori. La zona tutelata da “La Selva” è una foresta pluviale umida di 1600 ettari di pianura in buona parte incontaminata. La Selva ospita una grande varietà di piante epifite ed epifille, molti a- roidi rampicanti e più di 700 specie di alberi. Sono molte le specie di mammiferi, tra cui i grandi preda- tori come il puma ed il giaguaro. Sono presenti il Bradipo bidattilo (Choloepus hoffmanni), ed il Pecari dal collare (Tayassu tajacu). Sono segnala- te più di 467 specie di uccelli, tra cui il Manachino collo bianco (Manacus candei ), famoso per la dan- za di corteggiamento, e l’Hocco maggiore (Crax rubra) (foto 1). Tra i rettili è presente il velenosissi- mo Crotalo cornuto delle palme (Bothriechis schle- gelii) (foto 5), dal vivido colore giallo. Ci spostiamo poi verso nord, al confine con il Nicaragua, dove si trova il Rifugio nazionale di Fauna Selvatica di Cagno Negro. E’ una grande zona umida, dove il Rio Frio durante la stagione delle piogge rompe gli argini e forma un immenso lago di 800 ettari. Sono qui presenti il Caimano da- gli occhiali (Caiman crocodilus), l’Iguana verde (Iguana iguana) (foto 2) ed il basilisco striato (Basiliscus vittatus); tra gli uccelli l’Aninga america- na (Anhinga anhinga), la spatola rosata (Platalea ajaja) e i tucani, tra cui il Tucano carenato (Ramphastos sulfuratus). Tra i mammiferi vivono qui 4 specie di scimmie, tra cui la Scimmia urlatrice (Allouata palliata) (foto 3) e il Bradipo tridattilo (Bradypus variegatus). In alto. Alberi della foresta pluviale del Costa Rica po- polati da epifite ed epifille. Sopra. La foresta pluviale centroamericana ospita più di 700 specie di alberi. 22 NATURA & VIAGGI Lasciato Cagno Negro ci dirigiamo verso la loca- lità di Monteverde, sulle pendici della Cordillera di Tilaran. Nel villaggio di Santa Elena visitiamo l’oasi Cury-Cancha, dove possiamo ammirare e con grande difficoltà ed impegno anche fotografare 2-3 specie di colibrì, tra cui Microchera cupreiceps, en- demico del Costa Rica. La riserva è un vero para- diso per il birdwatching, soprattutto per la presenza del Quetzal splendente (Pharomachrus mocinno) (foto 4), l’uccello sacro venerato da Maya e Atze- chi. E’ possibile avvistarlo soprattutto nei mesi di marzo e aprile, durante la stagione di nidificazione. E’ uno degli uccelli più belli del mondo: grazie alla nostra guida troviamo 5 esemplari, tra cui un ma- schio adulto dalla coda lunghissima, che frequenta- vano un grande albero di avocado endemico, Oco- tea monteverdensis, della famiglia delle Lauraceae, dei frutti del quale si nutrono. La tappa successiva è stata la “Estacion biologi- ca nel Bosque Eterno de los ninos”, così chiamato perché salvaguardato con le offerte raccolte da un folto gruppo di scolari svedesi su iniziativa di un’in- segnante del loro paese. Per raggiungere la stazio- ne biologica dobbiamo percorrere quasi 4 km a piedi su di una stradina impraticabile per le auto a causa della forte pendenza e del fondo sterrato fangosissimo e scivoloso. Si parte da quota 1600 m. per arrivare a quota 1200 m. E’ una “rain fo- rest”, con una superfice di 220 kmq, ed è la più grande riserva privata del paese. A conferma del suo nome, in questa foresta ha piovuto quasi sem- pre: in una escursione notturna siamo riusciti a ve- dere rettili e anfibi, tra cui la rara raganella dagli occhi rossi (Agalychnis callidryas). Da sopra a sotto e da sx a dx. Foto 1 Foto 2 Fato 3 Fato 4 (Vedi testo) 23 NATURA & VIAGGI Ci trasferiamo poi a Porto Jimenez, nella costa sud del paese, sul Pacifico, per visitare il Parco Nazionale Corcovado. Il parco protegge 41.788 ettari di lagune, acquitrini, mangrovie, fiumi, foreste umide e foreste nebulose di bassa altezza (foto 15). E’ il parco naturale più bello del paese. Occu- pa il 40% della penisola di Osa, e protegge l’ultimo tratto di foresta tropicale del Pacifico. Per entrare nel parco non ci sono strade, solo sentieri. Pren- diamo perciò una barca-motoscafo che in un’ora ed un quarto ci porta all’entrata sud del parco. Du- rante la navigazione possiamo ammirare a pochi metri dalla barca le evoluzioni di un gruppo di delfi- ni (tursiopi), le sule dai piedi blu (Sula nebouxii) e le fregate (Fregata magnificens). Una volta sbarcati dobbiamo camminare per 20 minuti sul sentiero in mezzo alla foresta per raggiungere la struttura do- ve soggiorneremo, “La Sirena Ranger Station”. Nei due giorni successivi durante le escursioni guidate possiamo osservare il raro Tapiro di Baird (Tapirus bairdii) (foto 16), il Formichiere arboricolo tridattilo (Tamandua mexicana) (foto 6), il Bradipo tridattilo (Bradypus variegatus), il Coati (Nasua narica), l’Av- voltoio reale (Sarcoramphus papa) e tantissime altre specie di uccelli. L’ultima escursione in barca ci riserva uno spet- tacolo unico, i tursiopi che giocano saltando a po- chissimi metri da noi, le are scarlatte (Ara macao) (foto 7) che svolazzano nutrendosi tra gli alberi, e le Spatole rosate (Platalea ajaja) posate tra le mangrovie. E’ stato un viaggio meraviglioso, in uno dei paesi che presenta la maggiore biodiversità al mondo, e che ha saputo fare della salvaguardia della natura la propria principale risorsa economica. Viaggio organizzato da WWF Travel 18 febbraio-04 marzo 2023 Foto di Maurizio e Gabriele Peripolli (*naturalisti) A sinistra. La base di un tronco nella foresta pluviale. Sopra, dall’alto in basso. Foto 5, foto6, foto 7. LE NOSTRE ESCURSIONI 01/2023 DOMENICA 16/04/2023 “PEDEMONTANA PORDENONESE: LA VALLE DEL TORRENTE ARTUGNA E SAN TOME’” Dardago di Budoia – (PN) Proposta da Stefano Calò Commento di: Roberto Rosiglioni e Michele Zanetti Ore 8.00 Partenza da Piazza Rizzo, San Donà di Piave Ore 9.30 Arrivo e parcheggio Ristorante Le Masiere Ore 9.45 Inizio escursione Ore 13.15 Pranzo al sacco lungo il percorso Ore 14.30 Si prosegue l’escursione Ore 16.30 Arrivo alle auto Ore 17.00 circa partenza per il rientro a S. Donà Quota minima 160 m, quota massima 449 m. Dislivello complessivo circa 300 m. Ore di cammino effettivo circa 5,5. N.B. Si raccomandano calzature da montagna Partecipanti: 60 Tempo: bello, variabile 24 Dall’alto in basso e da sinistra a destra. La comitiva in cammino. Fioritura di Pervinca (Vinca minor) nel sottobo- sco. Aspetto primaverile del bosco di Carpino bianco (Carpinus betulus). Corvo imperiale (Corvus corax) in volo so- pra la rupe di San Tomè. Giovane Carpino nero (Ostrya carpinifolia) sulla rupe. La canaletta del mulino. 25 PROGETTI DI RICERCA PROGETTO LINCE ITALIA (a cura di Progetto Lince Italia) Progetto di conservazione della Lince eurasiati- ca nelle Alpi sud-orientali (ULyCA2) – prime libera- zioni Al fine di prevenire l'estinzione della Lince eura- siatica nei Monti Dinarici e nelle Alpi sudorientali, in seno al progetto Europeo LIFE Lynx finora sono state liberate 10 linci nell’area dinarica e altre 5 nelle Alpi Giulie slovene. Ora anche il progetto “Ulyca2" – le cui azioni sono strettamente coordi- nate con il progetto europeo, è pronto a liberare le prime linci nelle Alpi Giulie italiane. I primi individui, provenienti dalla Svizzera, sono arrivati a Tarvisio nei primi giorni di marzo e sono a un passo dalla liberazione. Ad aprile verrà presentato il primo resoconto del- le attività. La stagione delle catture di lince per il progetto ULyCA2 effettuate in Svizzera e Romania ha avuto un grande successo: nelle ultime settimane di feb- braio nel Giura svizzero sono state catturate due femmine, mentre nei Carpazi in Romania un ma- schio e una femmina. Il secondo maschio previsto dal progetto è stato catturato in Croazia nell'ottobre 2022 e attualmente si trova in una stazione di qua- rantena specializzata in Slovacchia. Il sito di rilascio si trova in una valle selvaggia della Foresta di Tarvisio, gestita dal Raggruppa- mento Carabinieri Biodiversità, sul confine con la Slovenia, circa 30 km a ovest del nucleo di linci appena reintrodotto nelle Alpi slovene. In questo modo si prevede che le linci slovene e italiane si incontrino il prima possibile, dando vita a un nuovo nucleo vitale in un’area che è biogeograficamente di grande importanza come “stepping stone”, ovve- ro, un passaggio naturale tra la popolazione dinari- ca e quella svizzera nel nord-ovest delle Alpi. La prima lince ad essere liberata è una giovane femmina del cantone Giura, in Svizzera, nata nel 2020. La seconda proviene sempre dallo stesso cantone ed è una femmina di sei anni. Entrambi gli individui prima di essere trasportati in Italia sono stati sottoposti a un rigoroso controllo veterinario per analizzarne lo stato di salute e il profilo geneti- co. I due esemplari sono stati liberati in questi gior- ni dopo un periodo di acclimatazione: le due linci, alle quali sono stati dati i nomi di Margy e Sofia , hanno potuto immergersi nella foresta del Tarvisio al tramonto per poter beneficiare della tranquillità della notte. Il benessere degli animali, infatti, ha la massima priorità. Il rilascio è stato supervisionato da agenti ed esperti dei Carabinieri Forestali, Cor- po Forestale Regionale e Progetto Lince Italia. I cacciatori, grazie alla buona conoscenza del terri- torio, supporteranno attivamente il monitoraggio effettuato da esperti del Progetto Lince Italia sin dalle prime ore. Insieme agli esperti del WWF si studierà una strategia di comunicazione, per ag- giornare in maniera costante gli interessati. Ulyca2 è un progetto dell’Arma dei Carabinieri, coordinato dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Tarvisio e affidato per gli aspetti tecnico-scientifici e logistici al Progetto Lince Italia dell’Università di Torino. Importantissimo il sostegno ricevuto dal WWF Italia, Germania, Svizzera e Austria, nonché la collaborazione del “Gruppo di Lavoro Caccia e Lince”, ovvero una cabina di regia delle associazio- ni venatorie regionali. Il successo dell’operazione e quindi il futuro del- le linci sulle Alpi è una scommessa senza prece- denti sulla capacità dei diversi attori e stakeholder di collaborare in tutte le fasi e sostenere insieme un piano d’azione concordato. Tutte le azioni mes- se in campo in questa prima fase del progetto ver- ranno presentate in un evento dedicato program- mato per il mese di aprile. È stato possibile realizzare questo progetto gra- zie all'importante ed efficace cooperazione del team dell’Ufficio Federale per l'Ambiente (BAFU) in Svizzera, il Cantone Giura, il KORA, l’Istituto per la Salute dei Pesci e della Fauna Selvatica dell'Uni- versità di Berna e le due stazioni di quarantena degli zoo di Goldau e Dählhölzli (entrambi in Sviz- zera). In Romania sono stati fondamentali l’ufficio Biodiversità del Ministero dell’Ambiente, delle Ac- que e delle Foreste, Romsilva (Agenzia Statale per la Gestione Forestale e Venatoria) e l’ACDB, una organizzazione di esperti biologi attivi nel campo della conservazione. Infine, in Croazia il Ministero della Protezione Ambientale e Pianificazione Terri- toriale nonché le Università di Zagabria e Karlovac. Sitografia https://www.facebook.com/100047632219502/posts/pfbi d0Wx73icqdopbLmxkbaK7KKP5AFVhGY2LQDe7863fz AoeYJrHQNf4nU9LfTGJtFRzYl/ 26 PROGETTI DI RICERCA La Lince europea (Lynx lynx). LE FOTO DEI LETTORI 27 In alto a sinistra Cesalpinia (Cesalpinia spinosa) in fiore su Robinia (Robinia pseudoacacia). Foto Corinna Marcolin. In alto a destra Cocomero asinino (Ecballium elaterium). Foto Cristina Stella. Sotto Il mare di Capri dalla Costiera. Foto Francesca Cenerelli. Comunicato ai Soci Carissimi Soci, Piove. Piove e nevica finalmente; piove eccessiva- mente, piove incessantemente. Dicono i Veneti “non te va mai ben gnent”, che significa “non sei mai contento” e in effetti, per come vanno le cose, non c’è da essere precisamente entusiasti. Le stagioni si sono capovolte: l’inverno è stata una primavera step- pica e la primavera è un autunno meteo, freddo e umido. Comunque sia la vita è sbocciata in giardino e le fioriture si susseguono con lo stesso entu- siasmo di sempre, salvo alcune piante che, a- vendo risentito dell’inverno anomalo, neppure fioriscono. Per il resto, a livello nazionale, tutto va come prima: si producono e si esportano armi a tutto spiano, si sequestra qualche tonnellata di co- caina di tanto in tanto, ci si accapiglia per qual- che poltrona da cui esercitare il potere, si pole- mizza ….. .. e via cantando (ancora un’espres- sione veneta). A livello regionale, invece, se possibile va anche peggio. Qui si parla di raddoppio dell’Ae- roporto Marco Polo, dei lavori del nuovo inse- diamento turistico di Valle Ossi, dello stadio di Venezia da costruire a Tessera sotto falso no- me (Bosco dello Sport): il tutto nell’ottica di uno “zero consumo di suolo”, cui ormai credono so- lo i babbei (sempre tanti questi ultimi). Quanto a noi, ci siamo. Ci muoviamo, orga- nizziamo cose, presentiamo libri, facciamo qualche denuncia e qualche timida ricerca, an- che se l’entusiasmo (e le energie) dei tempi mi- gliori sembra decrescere inesorabilmente. A volte chi scrive pensa che forse si poteva fare di più; ma poi realizza anche che, per farlo, avrebbe dovuto fare il “prete rivoluzionario”, di quelli con la croce e il mitra. Ma sono solo pen- sieri senili in libertà. Un caro saluto a tutti e grazie di esserci. Un abbraccio (non virtuale!) Michele Zanetti Norme tecniche per i collaboratori I Soci, i Simpatizzanti e gli Amici dell’Associa- zione Naturalistica Sandonatese possono collabo- rare alla redazione della rivista. I contributi dovranno riguardare i temi di cui la stessa rivista si occupa e che sono esplicitati dalle rubriche indicate nella presentazione di questo numero. Gli elaborati, redatti in Arial, corpo 12 e con spaziatura pari a 1,5, non dovranno superare la lunghezza di 4500 caratteri, spazi inclusi e potran- no essere accompagnati da foto, schemi o disegni in JPEG, ma non in PDF. Per i contributi a tema naturalistico è consigliata l’indicazione di una bibliografia minima. Eventuali elaborati di lunghezza maggiore ver- ranno frazionati e pubblicati in più numeri della rivista. Tutti gli elaborati verranno sottoposti al vaglio della Direzione e, se necessario, del Consiglio Di- rettivo dell’Associazione. Il materiale dovrà essere inviato esclusivamente via mail e non verrà restituito. ATTIVITA’ ANS Associazione Naturalistica Sandonatese c/o CDN Il Pendolino, via Romanziol, 130 30020 Noventa di Piave – VE – tel. 328.4780554 Segreteria: serate divulgative ed escursioni www.associazionenaturalistica.it Rinnovo 2022 Puoi rinnovare la tessera d’iscrizione all’ANS ver- sando la quota sul C.C.P. 28398303, intestato: Associazione Naturalistica Sandonatese Via Romanziol, 130 30020 Noventa di Piave-VE Oppure mediante bonifico: Codice Iban IT63 I076 0102 0000 0002 8398 303 Socio ordinario: euro 15 Socio Giovane: euro 5 Socio familiare euro 5 Socio sostenitore: euro 30 Modalità di iscrizione all’ANS 28 IMMAGINI DI STAGIONE Sopra. Il bosco prealpino di versante ad aprile (Dardago, Budoia, PN). Sotto. Cedronella (Gonepteryx rhamni) in alimentazione (Dardago, Budoia, PN).