Convochiamo gli "Stati generali dei beni comuni" e proponiamo il "Manifesto" ad
una ampia "Alleanza" fra le forze sociali.
Vinti i referendum, fu declamato da tutti: "Con lo straordinario avvenimento politico del referendum ha
trionfato un nuovo modello di fare politica la fine di un ciclo politico e culturale nato un nuovo
laboratorio politico il conflitto, la partecipazione e i beni comuni sono le nuove categorie per la nascita di
nuove soggettivit politiche fuori e oltre il sistema dei partiti".
Chi scrive, con una ormai petulante insistenza, gi all'indomani della vittoria referendaria ri-propose
l'urgente esigenza di una organizzazione stabile di tutti i movimenti. Riccardo Petrella ne coni la
denominazione: "Stati generali per il governo dei beni comuni". Siano convocati: chiedemmo sulle mailing
list. Ma le settimane passavano. L'immenso ma disperso patrimonio di "democrazia partecipata" si era
finalmente espresso con i referendum, la sua straordinaria forza politica si era finalmente espressa. E si
era subito fermata! "Siamo fermi." scrivemmo ad agosto su Il Manifesto "Dobbiamo ripartire. Come
movimenti, dobbiamo farci un'autocritica se il governo, con la complicit delle opposizioni e dei sindacati, si
sta facendo beffe dell'esito referendario tramite la riproposizione tale e quale della messa in gara dei servizi
pubblici locali (rifiuti, trasporti, energia, eccezione apparente l'acqua), e svendendo il nostro patrimonio
collettivo i beni pubblici sociali- che la sovrana volont popolare, con 27 milioni di voti, ha invece sancito
debba essere governato in termini ecologici, sociali e sostenibili, nell'interesse comune, e non espropriato.
Ferme le responsabilit bipartisan di inaudita gravit politica giuridica e costituzionale, che vanno
denunciate in tutte le forme di lotta possibili, i movimenti dei beni comuni dovrebbero per interrogarsi sui
propri limiti che hanno favorito in pochi mesi il tentativo di svuotamento dell'esito epocale dei referendum.
E porvi rimedio. Tramite due strumenti