Si allunga la scia di sangue dei lavoratori
Al 15 giugno l’Inail ha certificato oltre 49.000 denunce di contagi Covid-19 sul
lavoro e 236 morti (cifra sottostimata). La categoria più colpita è quella dei
lavoratori della sanità.
Cifre che danno l’idea della politica dei capitalisti e dei loro rappresentanti politici
e istituzionali a ogni livello, che durante il periodo più acuto della pandemia
hanno imposto l'apertura anche di attività non-essenziali (legate all’industria
militare) e garantito permessi a migliaia di aziende per continuare lo sfruttamento
dei lavoratori con l'estrazione del plusvalore.
Non è un caso che in molte aree (tipo Val Seriana) la “geografia del contagio”
coincida con quella dei distretti produttivi. D'altronde il governo Conte aveva
compiuto scelte precise riguardo la salute dei lavoratori con la revisione delle
tariffe Inail, che hanno abbassato del 30% gli oneri a carico delle imprese; le
risorse destinate ai piani di investimento per la salute e la sicurezza hanno subito
un taglio di 410 milioni di euro per il triennio 2019-2021.
Finito il lockdown, la scia del sangue dei lavoratori, mai interrotta, si allunga: il
crimine capitalistico richiede 3-4 vittime al giorno per un tasso sostenibile di
profittabilità.
Complessivamente, nei primi 6 mesi dell'anno sono morti oltre 900 lavoratori che,
nella maggioranza dei casi, svolgevano lavori manuali, senza il dato degli
infortuni mortali in itinere, cioè per raggiungere il posto di lavoro.
Percorsi, storie, famiglie, progetti spezzati. Vite di lavoratrici/ori frantumate senza
rumore. Ogni giorno schiacciati dalle presse e dai carrelli, caduti dai tralicci o
folgorati sui ponteggi. Nei campi stritolati da trattori e rimorchi. Nelle cave
inghiottiti da sabbia e terra. Nei cantieri precipitati da impalcature. Sulle strade si
perde la vita per recarsi al lavoro o perché esausti nel rientro. I proletari più
sfruttati, ricattati e oppressi, crepano nei furgoni durante il viaggio orchestrato dai
caporali per esser