Fra poche settimane entrerà in funzione il secondo Centro Olio (centro di prima
raffinazione del petrolio) lucano: quello di Tempa Rossa nel comune di Corleto
Perticara.
Altri 50.000 barili di petrolio estratti ogni giorno che comporteranno, come è ovvio, la
produzione di una nuova grande quantità di rifiuti, fra cui le “acque di produzione”,
ossia acque estratte insieme con il greggio, fortemente inquinate sia chimicamente che
radiologicamente.
Il sistema di smaltimento scelto da Total per queste acque è diverso da quello
utilizzato da ENI al COVA di Viggiano, dove esse vengono reiniettate a pressione nel
pozzo esausto di Costa Molina 2 (Montemurro). La compagnia francese ha previsto,
nel suo progetto originario, di “depurare” queste acque – potenzialmente radioattive –
in una vasca da 12.000 metri cubi, per poi sversarle nel torrente Sauro, un affluente
del fiume Agri che si collega mediante la traversa del Sauro alla diga di Monte
Cotugno, il nostro più grande invaso – capienza pari a 482 milioni di metri cubi di
acqua – che fornisce acqua per uso potabile ed irriguo a Basilicata, Puglia e Calabria
settentrionale.
E’ facile comprendere quale sia l’enorme rischio insito in questo sversamento:
qualunque malfunzionamento o disguido oppure errore tecnico nell’effettuazione o nei
controlli della “depurazione” da parte di Total, causerebbe un immane disastro
ambientale, mettendo a rischio la salute e la vita dei milioni di cittadini serviti dalla diga.
Probabilmente è proprio tenendo conto dell’enormità del rischio che la Regione aveva
imposto alla Total di fornire, entro il 2016, degli studi che individuassero soluzioni
alternative nello smaltimento delle scorie.
Ad oggi, però, sembra che non ci siano notizie ufficiali circa l’effettiva redazione di
studi di questo genere ed è per questo che il Coordinamento Regionale No Triv di
Basilicata, il Coordinamento Regionale Acqua Pubblica di Basilicata e l’Associazione
Mediterraneo No Triv hanno chiesto al Ministero dell’Ambiente, al Ministero de