Egregio Presidente Giuseppe Conte,
adesso dovrebbe bastare, non crede?
In piena pandemia abbiamo finalmente potuto ascoltare dalla sua viva
voce che la salute della popolazione è il primo diritto da tutelare.
Come lei sa bene, le parole hanno un peso, un valore, un significato.
Speravamo, in cuor nostro, che la sua dichiarazione valesse per tutti,
ma così non è stato. Una delle poche, pochissime aziende che ha
continuato a funzionare senza interruzioni è stata la ArcelorMittal, a
Taranto. Ancora una volta, Taranto è stata trattata a livello di
possedimento e non di parte della Repubblica italiana; ferita e stuprata
come una donna succube di folli comportamenti che qualche uomo (!)
potrebbe far passare come diritto.
Quando si parla di produzione di acciaio, tutti gli schieramenti
politici si trovano stranamente d’accordo. E’ su questo argomento
che si arenano tutti i dissapori, si appianano le differenze, si pongono
pietre tombali sugli ideali, sia a destra che a sinistra (e lei è stato
presidente di un consiglio dei ministri di centro-destra ed ora lo è di
centro-sinistra).
Perseverare è diabolico, dottor Conte, anche quando si parla di una
fantomatica ‘produzione strategica per la nazione’; anche quando
quella ‘produzione’ continua ad essere una perdita economica che
porterà alla catastrofe nazionale; soprattutto quando quella
‘produzione’ regala morte, malattia, disperazione.
Purtroppo, è convinzione comune, tra i politici, che solo grazie
all’industria pesante una nazione può ottenere dal resto del mondo
rispetto ed attenzione. Bisogna essere tra i paesi più
industrializzati, se si vuole partecipare ad incontri a numero
ristretto. Non interessa quale danno economico questa idea produrrà, ci
si butta a capofitto nell’avventura che già si sa perdente, perché
perdente è ormai da decenni, incorniciandola in definizioni atte a
toccare lo spirito dei connazionali: ‘produzione strategica per
l’Italia’.
Non importa se le materie prime si devono acquistare da altre nazi